IL GRANDE BLUFF DEL BLUE MONDAY

di Dario Consoli
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Ogni settimana un lunedì si sveglia e sa già che lo insulteranno tutti. Si sa, il lunedì non è mai stato il giorno più atteso della settimana, anzi! Si dice che ci siano due tipi di persone: quelli che odiano il lunedì… e quelli che sono in ferie. Oggi in particolare, se questa giornata non vi è andata proprio giù ed avete l’impressione di aver trascorso il lunedì più “lunedì” di sempre, non vi sbagliate affatto; gli anglosassoni lo hanno battezzato “Blue Monday”, letteralmente “lunedì triste”, indicando con tale nome il giorno in assoluto più deprimente dell’anno. Sì, proprio così, avete appena trascorso la giornata più triste per eccellenza. E non siamo noi a dirvelo, ma niente popò di meno che la scienza! L’individuazione di questa data, il terzo lunedì del mese di gennaio, viene attribuita a Cliff Arnall, psicologo presso l’Università di Cardiff, che nel 2005 tramite una formula matematica che incrociava variabili come il meteo, i sensi di colpa per i soldi spesi durante le festività natalizie, il calo di motivazione dopo le vacanze e la crescente necessità di darsi da fare, individuò il Blue Monday.

Non ci credete? Ecco a voi la famosa equazione

Continuate a non crederci? Beh, fate più che bene!

Dietro questa strana ricorrenza in realtà si cela una curiosa ed interessante strategia di Marketing. Il grande bluff del Blue Monday è stato infatti architettato dai creativi di Sky Travel, il canale Tv specializzato in viaggi, che per incentivare le vacanze post-Natale, decisero di fare leva su quella sensazione di malinconia che arriva dopo un periodo prolungato di feste. Un mix tra pseudoscienza e tecniche di comunicazione aggressive diedero vita ad una campagna pubblicitaria geniale trasformatosi in fenomeno virale. Vero o no infatti, gli esperti oggi fanno a gara per trovare la giusta ricetta per non essere schiacciati dalla tristezza del nuovo anno. Per superare il Blue Monday è necessario prendere consapevolezza che c’è bisogno di agire, fare qualcosa che ci renda felici, che ci faccia star bene.

E cosa c’è di meglio di una bella vacanza? La trovata pubblicitaria di Sky Travel funzionava più o meno così; prenotare il prossimo viaggio era la soluzione proposta dalla compagnia inglese per spronare i cittadini a fare le valigie e partire, abbandonando alle spalle tutti i malesseri… ed aumentare le vendite delle agenzie di viaggi in un periodo un po' morto dell’anno.

Più che scienza quindi, una vera e propria bufala ben escogitata ed architettata. Secondo le ricostruzioni del Guardian, la storia della formula scientifica di Arnall era stata montata a tavolino da un’agenzia di marketing e comunicazione, e la firma dello studioso serviva solo per dare autorevolezza alla fantomatica teoria. Sembra infatti che prima dello psicologo della Cardiff Univeristy, furono offerti soldi ad altri scienziati e ricercatori affinché si intestassero la teoria scientifica del Blue Monday. Tuttavia, non si può negare che le basi sulla quale si fonda il lunedì più triste dell’anno non sono poi così tanto assurde. Ovviamente non esiste alcun calcolo scientifico o fondamento certo, ma le ragioni del malessere di inizio anno effettivamente sono solite presentarsi in ognuno di noi: l’inverno con le sue giornate fredde e ancora poco piene di luce, la consapevolezza che le prossime festività sono lontane, l’estratto conto della carta di credito in negativo a causa dei tanti regali di Natale.

Insomma, nonostante la consapevolezza che si tratti di un falso mito, la leggenda del Blue Monday ha creato un vero e proprio fenomeno popolare con ripercussioni al limite della credibilità, soprattutto nel Regno Unito, dove ogni lunedì di gennaio si tengono campagne per la prevenzione della depressione da Blue Monday, o dove molte persone chiedono ed ottengono dalle proprie aziende il giorno libero o una riduzione degli orari di lavoro.

L’alta viralità social del fenomeno non sfugge a chi si occupa di marketing e comunicazione; sono tanti i brand che cavalcano l’onda del “lunedì nero” attuando strategie di Real-Time Marketing, come in passato hanno fatto ad esempio Tempo ed Estathé.

 

Che sia finzione o che sia realtà, l’invito è quello di non farsi condizionare più di tanto ed affrontare questo lunedì come tutti gli altri giorni della settimana, e se proprio lo reputate un giorno non tanto felice provate a guardare il bicchiere mezzo pieno: il lunedì d'altronde è il giorno della settimana più distante dal lunedì successivo! Quindi Keep Calm e buon inizio di settimana a tutti!

 


AVETE BISOGNO DI NUOVI STIMOLI CREATIVI?CI PENSA LEGO

1.AVETE BISOGNO DI NUOVI STIMOLI CREATIVI? CI PENSA LEGO                                               Tempo di lettura: 2 minuti

di Roberta Signorino Gelo

Chi non ha mai desiderato di poter tornare bambino anche solo per una volta? Lego finalmente potrà esaudire questo desiderio!La famosa azienda danese infatti ha forse individuato un segmento di domanda potenzialmente insoddisfatto che riguarda coloro i quali hanno bisogno di nuovi stimoli e di riaccendere la propria creatività.

Non si tratta di un vero e proprio lancio di un nuovo prodotto, ma di un interessante progetto di crowdfunding partito sull’apposita piattaforma Indiegogo. Tali tipi di campagne prevedono la collaborazione di più individui nel finanziamento di idee innovative e in questo caso specifico Lego ha colto le opportunità offerte dal paradigma Open Innovation adottando un approccio strategico del tutto nuovo, distaccandosi per la prima volta dai suoi laboratori creativi privati.

In cosa consiste questo nuovo progetto?
Il suo nome è Lego Forma ed è l’accattivante design del logo che già suggerisce di cosa si tratta. È un set per la costruzione di pesci che si basa sul modello di costruzioni Lego Technic e il modello sperimentale si compone di 294 pezzi unici e skin personalizzate, che hanno la capacità di muoversi non appena vengono assemblati correttamente, raggiungendo i 28 cm di altezza e i 13 cm di lunghezza. Natura e acqua sono dunque i protagonisti, i quali, come anticipato prima, hanno il compito di far riemergere il pensiero creativo di tutti coloro che per un motivo o un altro lo hanno perso. Il target infatti comprende bambini ma soprattutto adulti dai 12 anni in su.

Accanto al concetto di crowdfunding troviamo quello di crowdsourcing: Lego Forma è nato dal lavoro congiunto di soggetti esterni all’azienda, che hanno potuto condividere e mettere insieme idee anche molto diverse tra loro al fine di definire un progetto unico e soprattutto innovativo.
La campagna su Indiegogo è giunta alla conclusione, le spedizioni partiranno a Gennaio e sfortunatamente riguardano solo i territori della Gran Bretagna e degli Stati Uniti; tuttavia il successo non è tardato ad arrivare e ha già raggiunto 6 mila adesioni sulla piattaforma.

L’aspetto comunque senza dubbio più rilevante che conferma le tendenze di mercato degli ultimi anni è il fatto che ciò che viene offerto al mercato non è il prodotto in sé ma l’esperienza che ne deriva e che aiuta a ritrovare nuovi stimoli creativi. Su Indiegogo l’azienda danese infatti scrive

“Introducing a new, premium LEGO experience to help you re-engage with your creative side.”

ponendo il focus su una Lego experience che viene anche definita premium, cioè di alto livello e alta qualità. Ancora una volta prevale l’esperienza, sempre più richiesta oggi dalla maggior parte dei consumatori.

E a voi piacerebbe tornar bambini?


APPLE ACQUISISCE PLATOON PER INVESTIRE NEI TALENTI MUSICALI

2.APPLE ACQUISISCE PLATOON PER INVESTIRE NEI TALENTI MUSICALI                                 Tempo di lettura: 2 minuti

                                                                                                di Roberto Faraci

Apple negli ultimi anni ambisce sempre più a ricoprire un ruolo di rilievo in ambito musicale e lo fa andando letteralmente a caccia di talenti musicali. Dopo aver portato in Apple Music Asaii, startup che va alla ricerca di giovani talenti del mondo musicale, la “Mela” acquisisce Platoon.

Platoon è una startup londinese finalizzata a fornire servizi usufruibili dai musicisti. È stata fondata nel 2016 da Saul Klein e Denzyl Feigelson, personaggi con un passato non qualunque alle spalle. Il primo è stato uno dei cofondatori di LoveFilm, servizio di noleggio DVD per corrispondenza, acquistato successivamente da Amazon. Feigelson, invece, ha un lungo passato in Apple, dove ha lavorato come consulente e dirigente per ben 15 anni, contribuito alla creazione e all’ascesa di iTunes e acquisito grande stima da parte di Steve Jobs.

Platoon conta 12 dipendenti, tutti situati nella sede di Tyleyard. Pur essendo una startup, e quindi una società piccola e “giovane”, Platoon vanta già un curriculum di tutto rispetto, in quanto ha scoperto giovani talenti poi esplosi come Billie Eilish, Stefflon Don e Jorja Smith, i quali hanno siglato contratti con alcune delle case discografiche più importanti come Sony o Universal.

 Apple-Platoon: i vantaggi dellintesa

L’acquisizione della startup da parte del colosso Apple porterà indubbiamente grossi vantaggi da ambo le parti. In primis, Platoon ha l’opportunità di ottenere ingenti risorse per la realizzazione dei suoi obiettivi, ossia la creazione di contenuti originali per i giovani musicisti. D’altra parte, Apple può contare su un importante partner per entrare in maniera dirompente nel mondo musicale e questo grazie alla forte specializzazione di Platoon, che comprende la creazione di contenuti, la collaborazione con artisti per fornire supporto, il marketing, l’organizzazione di eventi, social media per i lanci e molti altri.

Scenari futuri: la Vision di Apple Music

L’acquisizione di Asaii prima e di Platoon poi potrebbe indicare i reali obiettivi di Apple Music: non limitarsi ad essere semplicemente una piattaforma in streaming ma molto di più. Grazie a dei partner fortemente competenti in campo musicale, Apple Music si candida fortemente a diventare anche un produttore e distributore musicale che (in parte) affranchi la ”Mela” dalla dipendenza delle grandi etichette discografiche.

 


VITALITY ACTIVE REWARDS

3. VITALITY ACTIVE REWARDS                                                                                                 Tempo di lettura: 3 minuti

                                                 di Alessia Pizzuti

Apple ha appena introdotto sul mercato il suo orologio di terza generazione con un partner d’eccezione che ha ideato il lancio di questo prodotto rivoluzionario sopprimendone l’usuale prezzo d’acquisto. In prossimità di questo Natale poi, la proposta è stata estesa ad un numero più ampio di persone che possono in sintesi avere un Apple Watch per soli $ 25. Secondo la promotrice compagnia di assicurazione Vitality, tutto ciò che bisogna fare è impegnarsi nell’attività fisica ogni giorno per 24 mesi: ecco come "pagare" il nuovo Apple Watch Series 3.

L'idea è abbastanza attraente e nasce da un'esperienza pilota dell'assicuratore del gruppo. Inizialmente, ha offerto l'Apple Watch ai clienti più fidelizzati e redditizi con contratto polizze vita per un valore superiore ai due milioni di dollari. Il risultato è stato sorprendente: l'attività dei membri aumentava del 20%. Il cinquanta per cento di loro ha mantenuto la promessa definita al momento di stipulazione contratto e raggiunto gli obiettivi di movimento mensili. In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, al contrario, il cliente si sarebbe dovuto impegnare a pagare la percentuale di quelli non rispettati durante i 24 mesi pattuiti.

L’offerta sfrutta una tipica Assicurazione Sanitaria stampo british. L'assicurazione medica privata in U.K., infatti, fornisce l'accesso a strutture mediche private di alta qualità e trattamenti medici, veloci e adatti al cliente. L’organizzazione, in questo caso, svolge un ruolo altrettanto importante nell'aiutare a finanziare il costo della diagnosi precoce e del trattamento delle patologie acute.

Quella tra VitalityHealth ed Apple è una partnership vincente che cavalca i macrotrend di questi ultimi anni, confermando la propensione dei consumatori verso uno stile di vita meno sedimentario e più attivo: la prima si preoccupa di offrire cure migliori, la seconda punta sull'attenzione per una salute migliore, aiutando a restare in forma. Questa combinazione di un'unica offerta veramente integrata è il vero potere del progetto; sottoscrivere un premio assicurativo e abbinarvi l’uso dello smartwatch non si dimostra impegnativo, è semplicemente necessario mostrare le condizioni preesistenti del cliente o contattarne eventualmente il medico per ulteriori accertamenti.

L’attività cuore riguarda piuttosto il lato Consumer e consiste nel tener traccia delle attività e guadagnare ricompense: scegliendo un dispositivo (o un'app) si accede alle attività di monitoraggio che opportunamente collegate al sistema Vitality danno un quadro generale della performance del cliente. Quando l’attivazione è completata, si procede guadagnando: appare dunque una mappa di resoconto di punti vitalità guadagnati presso palestre partner o più semplicemente con attività indipendenti quali una corsa in bicicletta o una nuotata.

L’effetto di questa iniziativa è reso ancora più contagioso per il periodo dell’anno in cui essa si sviluppa. Si pensa infatti che un’ottima strategia di Marketing che aiuta gli acquisti sia data dall’ esclusività del periodo limitato al 15 gennaio 2019 e al vantaggio di ottenere il dispositivo subito pagando un contestuale acconto di £ 99. Ciò che fa davvero la differenza è la possibilità che l’intero costo dell’Apple Watch si possa drasticamente ridurre al misero acconto iniziale a fronte di un costo complessivo di 499 £: se si rimane attivi l’attività provvederà a compensare il resto, al contrario qualsiasi pagamento mensile effettuato sarà compreso fino un tetto massimo di £ 12.50.

Un altro importante punto di riflessione è quello strategico: si può acquistare un Apple Watch tramite Vitality ma è necessario disporre di un piano idoneo a vantaggio dell’ampia gamma di servizi che offre il gruppo assicurativo: un piano sanitario VitalityHealth Business; un piano o schema fiduciario aziendale VitalityHealth gestito da VitalityHealth, il beneficio di Vitality Plus; un piano VitalityLife con Vitality Plus o un piano pensionistico VitalityInvest. Questa strategia offre la possibilità di non perdere mai contatto con il cliente, offrendogli anzi più assistenza proponibile in diverse comode soluzioni. Collaborazioni come queste fanno riflettere sull’ importanza della raccolta dati da parte delle aziende: nell’epoca della digital economy le informazioni personali sono il nuovo petrolio, per uno studio più minuzioso delle attitudini del consumatore che possano tradursi in prodotti e servizi coerenti nell’offerta di mercato.

Anche la componente pricing merita un ulteriore considerazione: questo tipo di clienti con politiche di due milioni di dollari non erano troppo sensibili al prezzo di un Apple Watch, quindi è ragionevole pensare che una clientela meno ricca risponda meglio all'incentivo degli obiettivi. Ci si aspetta dunque, che le persone assicurate che esercitano di più saranno più sane e avranno un rischio inferiore di morte prematura, prolungando così gli affari dell'assicuratore. È un programma in cui tutti vincono: persona, assicuratore e Apple. Siamo ufficialmente a metà tra l’ossessione salutista, il marketing 3.0 e un pizzico da Grande Fratello. Per una compagnia se il cliente si mantiene in salute, la probabilità di dover sborsare soldi per malattia o infortunio si riducono drasticamente anche se rimane triste pensare che oggigiorno costi meno regalare un Watch per obbligare un individuo a stare in forma, ma questo è un altro discorso!


BERSHKA EXPERIENCE: L'INTEGRAZIONE TRA ONLINE E OFFLINE

4. BERSHKA EXPERIENCE: L'INTEGRAZIONE TRA ONLINE E OFFLINE                                    tempo di lettura: 2 minuti

di Federica Montalbano

Le aziende oggi sono chiamate a reagire alla digital transformation che è in atto in tutti i settori economici partendo dalla finanza, passando per il settore fashion fino all’alimentare. Oggi i consumatori richiedono esperienze in punto vendita, qualcosa che li spinga a visitare il brick and mortar e non limitarsi all’acquisto online, qualcosa che sia interattivo e che li metta al centro della loro esperienza d’acquisto. Appunto per questo le aziende sono chiamate a rendere le esperienze di acquisto online e offline seamless.

Parte dall’Italia, da Cremona, l’integrazione tra fisico e online per il secondo brand più importante per volumi di vendita del gruppo Inditex. Bershka lancia una shopping experience attraverso cui il cliente potrà effettuare i suoi acquisti in store con l’aiuto dello smartphone.

Con la nuova app Bershka Experience e con l’aiuto delle ultime tecnologie, i clienti potranno richiedere il capo che desiderano e inviarlo direttamente in camerino o alle casse, semplicemente scannerizzando l’etichetta dell’articolo.

Attualmente è possibile godere di questa esperienza solo nello store di Cremona, che possiede una superficie di 667 metri quadrati e ospita le collezioni uomo e donna, se l’esperimento avrà successo però anche altri store nel nostro paese dovranno interagire con la nuova app. Tutto ciò che è presente all’interno dello store è stato progettato esclusivamente per quello spazio, e il visual merchandising è stato adattato non solo allo spazio ma anche al pubblico della città.

Nello store i clienti potranno scegliere il modo di vivere il punto vendita e le preferenze d’acquisto, tra un metodo di fruizione dei servizi tradizionale oppure attraverso il sistema innovativo di Bershka Experience.

Attraverso l’app i clienti possono godere di un trattamento personalizzato; scansionando i cartellini dei capi o i codici QR, gli articoli selezionati verranno salvati in un carrello virtuale e dopo la conferma dell’acquisto il cliente potrà scegliere se acquistare direttamente oppure provare il capo in negozio. Si prospetta nel futuro di riuscire a consegnare i prodotti a domicilio dopo l’acquisto effettuato in store.Tutto questo è possibile grazie alla tecnologia di Identificazione a Radiofrequenza (RFID), con la quale si possono riconoscere gli articoli del brand e aggiornare lo stock dello store in tempo reale, inviando i capi alla cassa o in camerino. Dopo che il cliente ha richiesto un capo, il team del negozio prepara l’ordine e attraverso l’app al cliente viene inviata una notifica push o per assegnarli un camerino ed informarlo che i suoi capi sono pronti per essere provati o che l’aspettano alla cassa per essere acquistati. Le casse per i clienti che utilizzano Bershka Experience sono dedicate esclusivamente a loro così come i camerini, più ampi e con all’interno un iPad che permette al cliente di richiedere taglie differenti o nuovi articoli suggeriti dall’applicazione.

Le novità in casa Inditex però non sono finite. Attraverso la tecnologia RFID, i clienti potranno godere di un’innovativa esperienza attraverso uno specchio che mostrerà la propria immagine con indosso il capo selezionato e vi saranno anche dei suggerimenti per un total look, proprio come avviene durante gli acquisti online.

Le innovazioni hanno l’obiettivo di rendere l’esperienza del cliente sempre più seamless, spingendolo ad interfacciarsi simultaneamente con l’online e l’offline. In una società iperconnessa sul canale social, l’azienda ha pensato bene di creare un “Social Corner”, un tunnel dove i clienti potranno creare un video o scattare una foto da condividere sui social media, così da poter condividere la propria esperienza in punto vendita con i propri followers creando il cosiddetto “word of mouth” e spingendo altri a visitare lo store anche solo per mera curiosità.

Questo è solo un altro tassello delle innovazioni che i retailer stanno implementando per rendere interattivi i loro punti vendita e se l’esperimento avrà successo sicuramente anche altri brand si avventureranno in questa esperienza tutta digitale.

 


FINO A CHE PUNTO SI PARLERA' DI SHARING ECONOMY?

5. FINO A CHE PUNTO SI PARLERA' DI SHARING ECONOMY?                                                         tempo di lettura: 2 minuti

   di Francesca Cisternino

La parola del 2018 è condivisione, e non mi riferisco alle foto dei cenoni pubblicate nelle storie di instagram, ma all’ evoluzione del mondo dei servizi attraverso la sharing economy.

Grazie all’ ubiquità degli smartphone e alla diffusione di apposite applicazioni, è improvvisamente diventato possibile trasformare le città in una grande comunità. In poco tempo abbiamo iniziato a condividere: l’auto mediante app che utilizzano sistemi di car sharing, il nostro tempo libero, offrendo aiuto al vicinato dietro un piccolo pagamento, un posto letto per i turisti.

Tuttavia a giudicare dalle ultime news che riguardano i principali portavoce dello sharing, la risposta sarebbe negativa.

Perché? Semplicemente si è perso l’obiettivo iniziale e se n’è creato un altro secondo cui gli unici vincitori sono le tanto amate startup (con valutazioni da decine di miliardi di dollari), i cui guadagni finiscono nelle tasche di pochi venture capitalist.

Facciamo alcuni esempi: con Uber si è passati dalla condivisione di un’auto, a driver professionisti che svolgono un lavoro di fatto dipendente (ma senza godere di tutele lavorative), inoltre il colosso continua a lavorare alla sua flotta di auto autonome e nel giro di pochi anni potrà anche fare a meno dei driver. In questo modo Uber diventerà una normalissima compagnia di taxi.

Allo stesso modo anche le persone che ci portano la pizza a casa sono rider di Deliveroo o Glovo, privi di assicurazione e sottoposti ad un ranking feroce, in cui un punteggio basso può causare l’estromissione dalla piattaforma

Non ci dimentichiamo di Airbnb che nasce con l’idea di offrire un divano a qualche turista, per poi trasformarsi in un vero business per chi possiede diversi appartamenti e preferisce affittare per brevi periodi (causando l’espulsione di chi già abitava in quelle case e provocando un aumento dei prezzi dell’affitto). Oggi Airbnb è pronta a costruire le proprie case in collaborazione con Brookfield Property Partners, una delle più grandi agenzie immobiliari al mondo. Non si starà mica trasformando in un servizio alberghiero? Cosa condivideranno i turisti?

Insomma l’ideologia californiana che ha dato vita all’economia condivisa si è trasformata in una fortemente centralizzata, questo perché le piattaforme non sono state ben distribuite e indirizzate a comunità mirate (come si pensava all’inizio) ma sono diventati dei monopoli verticali in cui c’è spazio per una sola app nel settore.

Senza fare di tutta l’erba un fascio, continuano ad esistere ancora realtà che conservano l’idea originaria di condivisione: BlaBlaCar consente di trovare un passaggio dovendo solo dividere le spese, Enjoy, Car2Go o le biciclette di Mobike sono effettivamente dei mezzi condivisi.

 


Dolce&Gabbana vs Cina: come rovinare la tua brand reputation

di Federica Montalbano

Tempo di lettura: 5 minuti

La scorsa settimana abbiamo assistito ad un teatrino tutto italiano che però ha coinvolto l’intero mercato mondiale del lusso e della moda.

Partiamo dall’inizio.

Il primo atto si apre con delle pubblicità raffiguranti una modella cinese che racchiude tutti i cliché di quella cultura: kimono, ambiente decorato con oggetti che richiamano la cultura asiatica e l’uso delle bacchette per mangiare il cibo. Il cibo in questione però non era cinese bensì italiano. Vi starete chiedendo: dov’è il problema? Il punto è proprio questo. Prima di iniziare una campagna di marketing in una cultura diversa dalla nostra bisogna analizzarla e capire la sensibilità della popolazione per evitare ripercussioni sull'azienda. La ragazza nello spot mangiava cibi italiani quali la pizza, gli spaghetti e il cannolo siciliano e proprio su quest’ultimo la voce fuori campo propinava doppi sensi prendendola in giro con frasi del tipo “è troppo grosso per te?”.

Nel secondo atto invece, dopo questa chiara offesa alla cultura cinese, tutti si aspettavano delle scuse da manuale che però non sono arrivate. Al loro posto si è assistito a commenti contro il popolo cinese accusato di puzzare, di essere ignorante e mafioso.

Il giorno dopo è andato in scena il terzo atto con delle scuse poco sentite e piene di errori da parte di Stefano Gabbana e Domenico Dolce. La domanda sorge spontanea: non potevate pensarci prima?

Non stiamo parlando di una commedia di Totò o di una serie tv di Netflix ma del caso Dolce e Gabbana vs Cina.

Per la promozione della propria linea in Cina, uno dei grandi marchi del luxury italiano come D&G, ha deciso di organizzare un grande evento a Shangai. L’hashtag scelto per l’occasione avrebbe dovuto essere #DGTheGreatShow. La sfilata attendeva 1500 invitati, tra cui attori, cantanti e membri dello spettacolo molto conosciuti nel paese e i costi organizzativi ammonterebbero intorno a 12 milioni di euro. La scelta sbagliata della casa di moda però è stata nella campagna di comunicazione “DGLovesChina” organizzata per l’occasione, che prevedeva tre video in cui una ragazza cinese mangiava cibo italiano. I video diffusi sul social network più popolare della Cina, Weibo, hanno mosso in poche ore le indignazioni del popolo asiatico, ferito per il trattamento che la casa di moda aveva riservato alla propria cultura.

Su Instagram DietPrada, da sempre famoso per il suo atteggiamento molto critico verso il fashion business, critica i tre spot di D&G. Stefano Gabbana avvezzo alle polemiche social, non si tira indietro di fronte alle critiche e risponde offendendo la cultura cinese e peggiorando la situazione in cui la sua azienda già si trovava. Dopo la divulgazione di questa chat, tutti gli e-commerce cinesi hanno eliminato dai loro stock i prodotti D&G e molti VIP invitati alla sfilata hanno sabotato l’evento che per questo è stato annullato. Sul web circolavano video in cui venivano bruciati e tagliuzzati i vestiti e gli accessori della maison.

Con il suo messaggio Stefano Gabbana non ha solo bruciato 1/3 del suo fatturato ma ha anche causato gravi danni alla reputazione della sua società.

Warren Buffett ha detto che “ci vogliono vent’anni per costruirsi una reputazione e cinque minuti per perderla. Se lo tieni a mente agirai in maniera diversa.”  Questo ovviamente non è affiorato nella mente del proprietario di D&G, anche perché per giustificarsi dell’accaduto ha dichiarato che il suo account è stato hackerato.

Nel bel mezzo della crisi reputazionale che la maison sta affrontando, con un giorno di ritardo arriva l’atteso video di scuse, in cui i due proprietari del brand D&G si impegnano a far sì che ciò non accada mai più e che faranno qualcosa di più grande per il mercato cinese. Scuse però che non convincono molti. Si possono notare molti errori, per esempio: il video è mal recitato e con frasi fuori luogo. Non bisogna fare delle scuse solo per il mero dovere di doverle fare, con voce rotta e facce chiaramente compromesse dalla notte insonne passata a pensare alla grande crisi in cui sono stati travolti, ma delle scuse sincere e sentite.

La reputazione è un valore inestimabile e nell'era del web 2.0, la rete non dimentica, ma amplifica i tuoi errori. Il mercato asiatico fra un paio di mesi dimenticherà questa storia, così come la dimenticheremo anche noi, ma la rete avrà in mano tutto, pronta a farlo riaffiorare quando sarà necessario.

Così come quando Domenico Dolce si era schierato a favore della famiglia tradizionale sostenendo di non essere d’accordo al concepimento di un figlio da madre surrogata. Sul web era scoppiata la polemica con i sostenitori dei diritti dei gay, ricevendo le indignazioni anche di Elton John che aveva difeso i propri figli nati appunto da madre surrogata.

Già quest’anno Stefano Gabbana dal suo profilo Instagram aveva commentato una foto di Selena Gomez con “è proprio brutta”; la star non si è pronunciata su questo episodio ma per lei lo hanno fatto i suoi fan e Miley Cyrus.

Potremmo continuare con vari casi in cui il brand D&G è stato coinvolto in scandali causati dai suoi proprietari, ma lascio al network questo arduo compito. A mio parere Stefano Gabbana e Domenico Dolce dovrebbero limitarsi a fare i sarti e designer per la loro società e lasciare spazio al team di social media manager della loro azienda anche se un errore dobbiamo addebitarlo anche a loro in tutta questa storia.

Senza dubbio in futuro il team di comunicazione analizzerà bene la cultura e la tradizione del mercato in cui intende approdare e si spera che in futuro i due designer non commettano altre sciocchezze con le loro reazioni. Alla fine a rimetterci è sempre l’azienda e soprattutto il brand, che perde valore e fiducia agli occhi dei consumatori, ma anche dei VIP che non si sentono più di voler rappresentare un marchio di cui non condividono i valori e scelte.

Quello di Dolce e Gabbana è un chiaro caso di crisi reputazionale mal gestita, in cui le aziende dovrebbero cercare di non inciampare mai o almeno di attutire i colpi con stile.


Novità da Google Maps: arrivano le chat

di Veronica Amato

Tempo di lettura: 2 minuti

"See your messages with local businesses in Google Maps". Con un post su un blog aziendale, Google annuncia così la nuova funzione per Maps. Ma di cosa si tratta esattamente?

Fra non molto sarà reso disponibile dalle mappe di Google il servizio di chat che consentirà a tutti gli utenti di entrare direttamente in contatto con ristoranti, pasticcerie, negozi d’abbigliamento, cinema e altre attività aderenti.

L'implementazione pensata da Google è completa: partendo dall'app My Business, i gestori di attività commerciali potranno inviare e ricevere messaggi, ma non sarà solo questa l’unica novità apportata. Sarà infatti inserita una sezione recensioni riservata a tutti i clienti. Le aziende potranno così rispondere alle recensioni, vedere i clienti che seguono l'attivita e sviluppare quindi un'interazione a 360°.

Non è tutto: con il nuovo tasto Pubblica si potranno caricare foto, condividere le informazioni delle imprese commerciali, creare delle offerte e ricevere le notifiche ogni volta che il cliente interagisce con la scheda di Google. Il tutto grazie a My Business.

L’idea chiave secondo cui si basa Google nell’apportare innovazione tecnologica è che i singoli individui abbiano la necessità di autogestirsi, ed è proprio in quest'ottica che interviene la società nella ricerca di soluzioni alle esigenze dei propri clienti.

Una strategia customer oriented che vede il colosso tecnologico in continua crescita. Da Chrome a Maps, da Calendar a Drive e Fit, ecco dunque come Google continua ad ampliare l'assortimento di servizi offerti cercando di rendere le proprie piattaforme pratiche e facilmente utilizzabili da qualsiasi tipologia di utente, consumer o business che siano.

 


Quando un’esperienza divertente può diventare la base di un business. È Flying Tiger mania!

di Roberta Signorino Gelo
Tempo di lettura: 3 minuti

Temperamatite a forma di naso, cartelle a pois, pupazzi di forma quadrata e caramelle all’ananas e liquirizia. Questi e molti altri, sono gli oggetti venduti dall’eccentrica azienda a marchio Flying Tiger, danese di nascita e ormai affermata in tutta l’Europa e oltre nel settore dell’oggettistica. Da pochi giorni è approdata anche a Parma e si può ancora osservare una fila interminabile di persone di tutte le età davanti allo store della trafficata via D’Azeglio.

Ma qual è l’elemento che rende questa catena di negozi irresistibile? Quello che Flying Tiger fa sostanzialmente è divertire i clienti con una filosofia che si basa sul regalare un’esperienza attraverso la semplice visita dei loro punti vendita. Per far ciò, questi ultimi presentano un’accurata strutturazione che consente di riunire in una composizione organica la numerosità dei piccoli prodotti venduti che solo apparentemente sembrano non aver nulla in comune. Tutto è dominato da un arredamento tipicamente scandinavo e vi è una perfetta fusione tra il bianco delle attrezzature espositive e gli accesi colori della merce esposta, risaltata ulteriormente da numerose luci.

Le varie leve di visual merchandising utilizzate hanno comunque un altro obiettivo finale, che è quello di stimolare gli acquisti d’impulso puntando sulla parte emozionale che incide sulla decisione di acquisto. Il motore che consente tutto questo è dato anche dal layout del punto vendita che crea un percorso obbligato per il consumatore, il quale avrà la possibilità di ammirare ogni angolo e soffermarsi per provare ogni piccolo e divertente gadget. L’aspetto esperienziale è inoltre connesso alla spensierata musica di sottofondo, spesso collegata alle festività del momento (ad esempio le melodie natalizie a dicembre) e ad accurati elementi di layout merceologico che raggruppano i prodotti per occasione di consumo: l’insieme “bicchieri colorati, bandierine, piattini, e stampini per biscotti” evocherà l’idea di una festa, e così via con gli articoli di cancelleria, sportivi, per l’arredamento, per il bagno e gli alimentari. Immerso in questo mix, il consumatore non può che rimanere attratto e divertito da questi stravaganti oggettini e si ritroverà probabilmente, alla fine del suo percorso, ad aver acquistato articoli che non avrebbe mai immaginato prima del suo ingresso.

Quello che rende Flying Tiger un business ampiamente differenziato è la scelta voluta di andare controcorrente: essa ha deciso infatti, e proprio su questo si fonda il suo punto forte, di operare esclusivamente offline in un’era in cui gli e-commerce costituiscono margini di profitto rilevanti per la maggior parte delle grandi imprese affermate nei mercati internazionali.

Inoltre, fino agli inizi del 2016, i suoi top marketer non avevano la minima idea di come l’azienda avesse avuto un tale successo anche sulle piattaforme social; Klauss Vemmer, Head of Global Marketing del brand per l’appunto affermò «Abbiamo 1.4 milioni di followers e non sappiamo chi siano. È senz’altro un bene ma come dovremmo comunicare con loro? Abbiamo intrapreso campagne, ci stiamo spingendo in nuovi mercati, ma non stiamo realmente lavorando in maniera strutturata e non stiamo imparando nulla». Tale circostanza scaturiva dal fatto che il vantaggio competitivo creato era frutto di una strategia non intenzionale, scaturita dall’irresistibilità dei piccoli oggetti venduti, dal design, dal loro prezzo imbattibile e da un passaparola generale da parte dei clienti che venivano completamente conquistati dai punti vendita. Fortunatamente, nel corso dello stesso anno, Flying Tiger ha compiuto dei passi da gigante tramite adeguati piani di social media marketing che l’hanno resa attiva sulle piattaforme online, un processo di re-branding e ulteriori rafforzamenti dell’identità aziendale.

Flying Tiger è un caso di successo che dimostra come ancora oggi nel 2018 il canale fisico abbia ancora la sua importanza e come un’esperienza divertente possa risiedere alla base di un business.
E tu sei già stato rapito da questo brand?


INSTAGRAM E SHOPPING: ARRIVANO 3 NUOVE FUNZIONI

di Federica Montalbano
tempo di lettura: 2 minuti

Nella settimana più frenetica dell’anno per quanto riguarda gli acquisti, Instagram lancia tre nuove funzioni per lo shopping che renderanno più visibili i prodotti che i profili Business vogliono promuovere.

Il Black Friday è il giorno più atteso per tutte le attività commerciali, online e offline, è una giornata di shopping sfrenato a caccia dell’acquisto perfetto prima dei grandi saldi invernali.

Instagram non poteva perdere l’occasione per ricordare ai suoi utenti che oltre ad essere una piattaforma di condivisione di esperienze ed immagini è anche una piattaforma di business.

Fra le nuove funzioni di Instagram vi è la lista acquisti. Con questa nuova feature gli utenti avranno un’opzione simile a quella dei siti degli acquisiti online, potendo salvare i prodotti che gli interessano.

Ma come funziona? Semplicemente, basta toccare il tag di un prodotto in una storia o in post del proprio feed. Attraverso l’icona di salvataggio nell’angolo in basso a destra dell’immagine vi sarà l’opzione “Salva in acquisti”. In questo modo l’user potrà accedere alla raccolta acquisti dal proprio profilo sfogliando gli elementi salvati.

Un’altra funzione è acquista tramite video. In questo modo sarà possibile acquistare i prodotti direttamente dai video, grazie al pulsante shopping posto nell’angolo in basso a sinistra del video stesso. Premendo il pulsante si potranno visualizzare i prodotti sponsorizzati, il loro prezzo e accedere alla scheda prodotti che fornirà una descrizione più accurata.

Inoltre, i profili Business avranno una sezione Shopping in cui mostrare i prodotti, totalmente rinnovata. Con ciò si punta a facilitare la visione di tutti i prodotti presenti all’interno di un post, di un video o di una storia. Attraverso questa funzione gli utenti potranno sfogliare l’intero catalogo dell’azienda che ha chiesto la sponsorizzazione. La sezione del negozio includerà un feed di immagini dei prodotti sulle quali è possibile fare clic per visualizzare le informazioni.

In questo modo Instagram da vetrina fotografica diventa una vetrina per i rivenditori i quali possono liberamente mostrare i loro prodotti senza effettuare molti sforzi. Tutte queste funzioni così intuitive per l’utente alla fine non sono altro che soluzioni pratiche per apportare benefici ai marchi rendendo ancor più visibile il loro portafoglio prodotti.