ALLA BASE DEL FUNNEL MARKETING
di Mario Francese
tempo di lettura: 3 minuti
Il mondo, oggigiorno, si evolve molto velocemente, e con lui anche tutti noi.
Siamo quotidianamente bombardati da advertising, pubblicità varie, sistemi di vendita più o meno efficaci, e questo ci porta passivamente ad “abituarci”, nel corso del tempo, alle strategie del mercato, seppur senza conoscerle.
Il Marketing è, nel business, l’elemento che si evolve più velocemente di tutti, proprio per rispondere in maniera efficace al nostro adattamento.
Uno dei sistemi di Marketing più efficaci attualmente è sicuramente il Funnel Marketing. Ma che cos’è esattamente?
Il Funnel Marketing è un approccio di marketing finalizzato alla generazione di contatti, alla loro conversione e alla loro fidelizzazione con il fine di aumentarne il Life Time Value.
Ciò significa, per i “non addetti ai lavori”, creare contatti e trasformarli in clienti che spendano ripetutamente presso la nostra azienda.
Ma l’elemento fondamentale che distingue il funnel marketing dalle altre strategie è uno: è un sistema. La maggior parte delle aziende ha un’attività di marketing online finalizzata solo alla sponsorizzazione: pagano per farsi vedere sui social o sui motori di ricerca. Ma questo senza generare contatti, senza vendere, senza coinvolgere l’utente. La differenza tra un’azienda “normale” e un’azienda che applica il funnel marketing è che la prima gode solo di presenza online, la seconda ha attivo un sistema.
Il Posizionamento
Prima di sviluppare un funnel, l’azienda deve avere chiaro il proprio Posizionamento. Questo significa conoscere il proprio cliente ideale, le sue abitudini, i suoi bisogni, dove vive, per cosa pagherebbe. Senza conoscere il proprio cliente, un’azienda “spara nel mucchio”. È fondamentale invece essere dei cecchini, per ottimizzare ogni singolo euro investito nel marketing.
Successivamente, bisogna conoscere i propri concorrenti: cosa offrono? A chi si rivolgono? Che bisogni soddisfano?
Infine, l’impresa deve sapersi distinguere. Deve quindi chiedersi “Cosa succede acquistando il mio servizio? Cosa faccio di diverso rispetto alla concorrenza? Cosa si perde il cliente che non acquista presso di me?”
Questi sono processi fondamentali per iniziare a sviluppare un proprio sistema.
La Strategia
Il secondo aspetto da considerare è la Strategia: qual è il mio core product? Come posso accompagnare il mio cliente verso l’acquisto del mio prodotto? Come posso fare up-selling e cross-selling? Come posso monetizzare da ogni singolo cliente?
La strategia prevede la costruzione di una “mappa” che rappresenti l’intero ecosistema di prodotti che posso offrire al mio cliente ideale, con il fine di massimizzare le mie entrate.
La Big Idea
Il terzo passo consiste nel definire la Big Idea: la promessa che offro al mio cliente, la trasformazione che gli garantisco tramite il mio meccanismo. Deve essere veicolata attraverso un messaggio originale che incuriosisca il mio cliente.
Marketing Storyboard
Per veicolare il mio messaggio in maniera efficace, entra in gioco il quarto elemento: Marketing Storyboard. Questo consiste nella “storia” che accompagna il mio utente ad acquisire consapevolezza e che lo converta da contatto a cliente pagante.
L'offerta
La consapevolezza crescente del mio utente trascina quest’ultimo a desiderare il mio prodotto o servizio, lasciando spazio al quinto aspetto chiave: l’Offerta. La mia offerta è ciò che mi garantisce la conversione del contatto in cliente.
Questi aspetti sono chiaramente da modellare in base all’azienda che adotta il sistema. Va da sé che il Funnel Marketing può essere applicato praticamente in ogni business, il che è l’elemento più interessante e che dimostra la sua efficacia.
ManiApp: l’app che ti permette di trovare la tua “ansia gemella”
di Federica Montalbano
tempo di lettura: 3 minuti
In un mondo utopico tutti cammineremmo sopra le grate senza aver paura di cadere di sotto, prenderemmo un ascensore senza pensare minimamente di poter restarci dentro, ma quando pensi che tutto possa andare per il meglio arriva lei, la migliore amica di ogni essere umano: l’ansia.
Si perché anche se volessimo mascherarla, lei è sempre lì, che ci fa salire 10 piani di scale quando gli ascensori sono vecchi, che ci fa spostare dalle grate quando stiamo camminando tranquillamente o che ci induce a controllare costantemente le tasche dei pantaloni per essere sicuri di non aver dimenticato lo smartphone.
Alcune ansie le esterniamo, altre invece le teniamo nascoste (forse per l’ansia di condividerle?)
Adesso non dobbiamo più nasconderle, anzi possiamo trovare la nostra “ansia gemella”. Come vi starete chiedendo: lo spiega Costantino Della Gherardesca, volto dello spot ufficiale di ManiApp condiviso sulla pagina Facebook di Netflix.
Cosa c’entra Netflix? Cosa è ManiApp? Scusate forse vi ho messo un po' troppa ansia.
Il 21 settembre scorso Netflix ha lanciato una nuova serie tv, Maniac, che ha tutti i presupposti per essere considerata un ulteriore successo per il colosso americano; protagonista un cast stellare fra cui spicca il recente premio Oscar Emma Stone e la star Jonah Hill con la regia di Cary Fukunaga. L’unica nota negativa di questa serie tv è che non vi sarà una seconda stagione (almeno da quanto annunciato fino ad oggi), si spera quindi in un finale non da cardiopalma.
Netflix non ne sbaglia una e per pubblicizzare l’uscita di questa nuova serie tv si rivolge a Dude per la creazione di un app e della campagna pubblicitaria di Maniac.
L’app in questione si chiama ManiApp e permette come detto in precedenza di collegarti con la tua “ansia gemella”.
Attraverso il sito puoi creare un profilo e scegliere un avatar o semplicemente loggarti tramite Facebook, una volta eseguito l’accesso potrai scegliere fra 10 ansie.
Nell’app possiamo trovare “Minacciosa natura” per coloro che hanno paura dei topi, ragni, serpenti o anche dei piccioni; “Stressante lavoro” per coloro che temono i colloqui, il lunedì o il profilo LinkedIn. “Scuola Paranoica” per la generazione Z che teme i debiti formativi, le interrogazioni a sorpresa o la maturità, ma anche per gli universitari che temono il salto d’appello o la sessione d’esami estiva. “Disagi sociali” (una fra le mie preferite) per coloro che hanno l’ansia di puzzare, avere qualcosa tra i denti o sbagliare i congiuntivi. Troviamo anche i “Grandi classici” come scendere in cantina, chiudere il gas o la fatidica dieta. Vi sono le “Orrende situazioni” come imbustare la spesa velocemente o perdere il portafoglio, le “Cose evitabili” come l’ansia (giustamente), le bambole, i calzini spaiati o i manichini. In un mondo tutto social non potevano mancare le “Ossessioni digitali” come l’assenza del Wi-Fi, perdere lo smartphone o gli hashtag. Le “Vacansie”, “Luoghi maledetti” come la palestra a cui non ci iscriveremo mai; “Ignobili trend” in cui spicca il calzino + sandalo. Per concludere con “Amori difficili” e “Odiabile Cibo”.
Praticamente già la scelta dell’ansia ti mette ansia!
Dopo aver effettuato la scelta, ManiApp elabora un verdetto e classifica l’utente in base alle proprie ansie. La personalissima “diagnosi” che ne verrà fuori essendo molto ironica potrà essere condivisa sui social; queste vanno da “evitosi” per chi vuole evitare le cose, a “iposbattite notificosa”, “stagiste disagiotica”e “poloansiabilità deforestica”.
Dopo essere stati catalogati con la propria “patologia” si possono iniziare i match con gli altri utenti per trovare così la propria ansia gemella. Quando ci si imbatte in qualcuno che condivide la nostra stessa ansia ci sarà concesso di inviare una gif di “sostegno”.
Obiettivo dell’app? Aiutare le persone a sentirsi più “normali”, ansie a parte.
E tu che ansia hai?
WELCOME HOME | Caffeina
di Manuela Fiku
tempo di lettura: 2 minuti
Caffeina è nota a tutti come digital agency. Quello che tutti magari non sanno però è la storia, tra passato, presente e futuro.
Cosi come per le persone, conoscere la storia di un’azienda ti permette di capirne e apprezzarne l’identità. Caffeina ha una bellissima storia e una meravigliosa identità ed entrambe sono state raccontate e valorizzare al meglio dai tre soci fondatori Tiziano Tassi, Henry Sichel e Antonio Marella oltre che dagli special guest che si sono alternati: dal sindaco Federico Pizzarotti, a Nicola Rosi, passando per Andrea Amico, Alessandro Casu, Francesco Orlando, Daniele Chieffi, Maria Cristina Origlia e Mauro Del Rio.
Quello che è emerso è stato un percorso in salita, fatto di sacrifici, idee persone e valori, concretizzati oggi nel rebranding con il nuovo logo e soprattutto il nuovo Head Quarter.
Abbiamo centinaia di foto scattate all’inaugurazione dell’HQ di Caffeina | Ideas Never Sleep. ma credo che questa sia una delle più significative.
È la foto di una scritta su una delle pareti degli uffici e racchiude probabilmente i concetti chiave che stanno alla base di quest’azienda.
Crescita.
Perché Caffeina è una startup nata nel 2012 che è riuscita a crescere in maniera sostenibile arrivando ad avere oggi più di 110 dipendenti e un portafoglio clienti da far invidia. Questa crescita prevede evoluzioni, alleanze e nuove idee.
Idee.
Come dicono sempre loro “ideas never sleep” e dopo una giornata intera passata in quest’azienda posso confermare: non si fermano mai. Hanno ridefinito il concetto di agenzia digitale ma non solo. Tante le novità presentate, tra queste la digital academy.
Impatto.
Il loro modo di operare mira alla creazione di valore per i dipendenti, i clienti, l’azienda stessa e persino la comunità. Caffeina investe in formazione, in creazione (in quanti hanno provato la VR?), in sostenibilità ambientale e satisfaction sia dei dipendenti sia dei clienti.
Amazing.
(non lo traduco perché in inglese rende di più). La prima cosa che ho pensato quando sono entrata nell’HQ è stata “tutto questo è pazzesco” e ora, post evento, posso riconfermare che tutto ciò che fanno e che sono è veramente pazzesco.
L’evento, suddiviso tra speech e party, tra ufficio e rooftop, è stato qualcosa di incredibile, un’occasione per far incontrare dipendenti e clienti, amici e parenti.
Il team di Oikosmos ha partecipato cercando nel suo piccolo di contribuire a qualcosa di grande e siamo grati ai fondatori di Caffeina per averci dato questa opportunità.
Auguriamo un enorme in bocca al lupo a Tiziano, Henry, Antonio e a tutti i coloro che contribuiscono a rendere Caffeina unica.
E mi raccomando, #NeverSleep.
Finalmente Starbucks in Italia! Cosa aspettarsi e cosa c’è dietro l’apertura dello store più discusso dell’ultimo periodo
Di Roberta Signorino Gelo
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Fan italiani della famosissima catena di caffetterie in american style, siete stati finalmente accontentati!
È avvenuta infatti pochissimi giorni fa, il 7 settembre nel cuore di Milano, l’attesissima inaugurazione del primo punto vendita a marchio Starbucks sul territorio italiano. La frenesia e il desiderio di assaggiare tutti i prodotti del brand non è tardata ad arrivare e a distanza di 4 giorni infatti piazza Cordusio è ancora dominata da una fila interminabile di gente che vuole varcare l’ingresso del nuovo store.
Molti clienti tuttavia non hanno trovato esattamente ciò che si aspettavano: la nuova caffetteria non è come gli altri Starbucks comuni in giro per il mondo, ma è una “Reserve Roastery”. Si tratta di punti vendita ibridi a metà tra una caffetteria e un impianto di torrefazione, al mondo limitatissimi e presenti in città altrettanto importanti come Seattle, Shangai o Chicago.
Dimenticate dunque i classici frappuccini e il bicchiere di plastica con scritto il proprio nome.
L’esperimento italiano di Starbucks, che ha adottato lo storico palazzo delle poste come location, sta utilizzando degli approcci molto diversi.
Si va da un logo totalmente differente raffigurante una R al di sotto di una stella (il classico marchio lo troviamo solo sporadicamente) ad uno store altamente esperienziale: i colori dominanti vanno dal bronzo al marrone, richiamando quello del caffè, e la scelta degli arredi lo rende un luxury store dove il cliente vive un’esperienza a 360 gradi avendo la possibilità di osservare l’intero processo di torrefazione dai chicchi alla bevanda pronta. L’atmosfera richiama per certi versi anche la famosa Fabbrica di cioccolato dell’omonimo film del 2005, grazie alla colorata tostatrice e i tubi di rame sparsi per il soffitto. Anche la comunicazione out of store non manca, con la piazza ricolma di enormi cartelloni raffiguranti il logo e tutte le varietà di caffè in vendita all’interno dello store.
Assodato il fatto che tale Starbucks non è il classico luogo di ritrovo e di pausa dello studente medio come accade comunemente nel resto del mondo, e ciò lo dimostra anche il salatissimo menù che offre caffè espresso a 1,80€ e fette di torta a 6,50€ (queste ultime per altro italianissime, grazie alla partnership con il colosso italiano Princi leader nel settore bakery), in realtà c’è dell’altro dietro all’apertura dello store più discussa dell’anno.
La Reserve Roastery di Milano è la prima nata in Europa e ciò non è un caso. Come anticipato prima, oltre alla veste di experience cafè vista dagli occhi del consumatore, essa nasce come impianto di produzione ma soprattutto centro di distribuzione. La tostatrice rimarrà in funzione 24 ore su 24 con una capacità produttiva giornaliera di circa 3450 kg di caffè tostato in grani; di questi solo una piccola porzione viene destinata al consumo all’interno del locale, perché la maggioranza verrà confezionato e spedito in tutte le caffetterie presenti in Europa.
Quella di accrescere la notorietà e la fedeltà al brand principale è dunque solo una finalità accessoria dell’approdo di Starbucks in Italia, poiché la principale è quella di consentire alla multinazionale americana un consistente risparmio di costi in termini di logistica. Fino ad oggi infatti l’unico produttore presente in Europa si trovava nei Paesi Bassi e, non riuscendo a provvedere all’intero fabbisogno degli store nei paesi vicini, arrivavano quantità aggiuntive dagli Stati Uniti con una conseguente accentuazione dei costi di trasporto.
Tirando le somme, nonostante molti amanti del frappuccino delusi, nazionalisti legati alla tradizione del caffè italiana e denunce già ricevute a casa Starbucks per dei prezzi ritenuti eccessivi, il nuovo investimento di Schultz sembra averci preso un’altra volta. Nel weekend è stata registrata in media un’ora di attesa per accedere al locale e 40 minuti per poter ordinare al corner dell’experience bar all’interno. È già stata stimata la possibilità che i prezzi delle case nei dintorni dello store possano aumentare per non parlare dei fan che si sono mossi lungo tutta la penisola, ansiosi di poter vivere un’esperienza unica e di poterla condividere nel mondo social.
L’Italia era già pronta, Starbucks ha solamente pensato bene di rispettare la tradizione del caffè nel paese in cui il caffè non è solo una bevanda, ma un rito.
THE FERRAGNEZ: UN ROYAL WEDDING TUTTO ALL’ITALIANA.
di Federica Montalbano
tempo di lettura: 3 minuti
Tutte le favole che si rispettano iniziano con “C’era una volta” ma in questa favola tutto ebbe inizio con “Il cane di Chiara Ferragni ha il papillon di Vouitton” e credo che la Disney non avrebbe saputo fare di meglio.
Due mondi diversi: da un lato le influencer, il mondo della moda, delle griffe e delle sfilate; dall’altro invece i rapper che non hanno paura di dire ciò che pensano attraverso le loro rime.
Due mondi opposti ma allo stesso tempo complementari accomunati da Instagram e dal costante bisogno (o meglio necessità) di postare ogni istante della loro vita per condividerlo con i propri followers.
Molti si chiedono del perché Chiara Ferragni non abbia concesso nessuna esclusiva del suo esilarante matrimonio affermando che in questo modo si sarebbe aumentata la loro visibilità data la forte influenza social degli invitati in quanto cantanti, influencer e youtuber.
Che sia marketing o meno vi sareste mai immaginati un silenzio di 24 ore da parte dell’imprenditrice digitale nativa di Instagram? Ciò che rende la Ferragni tale sono i suoi 14 milioni di follower e sinceramente aspettiamo le sue stories come una serie TV trasmessa sul canale nazionale. Dal primo appuntamento, dai voli in aereo, dalla proposta di matrimonio fino alla nascita di Leone, non abbiamo perso neanche un istante della loro storia d’amore.
In questo modo al di là della mossa di marketing e di aver reso virale l’evento, anche noi comuni mortali abbiamo potuto partecipare dal nostro piccolo schermo all’evento dell’anno.
Al matrimonio fisicamente erano presenti 150 invitati ma in realtà erano molti ma molti di più. Tutti stavano aspettando questo momento, sia fan incalliti della coppia che haters sempre pronti a dire la loro; come da manuale in quel giorno i social sono letteralmente impazziti.
Secondo gli analisti di Launchmetrics, il matrimonio dei Ferragnez avrebbe ottenuto un “valore mediatico” almeno doppio rispetto al Royal Wedding inglese. Per effettuare queste analisi la società ha ideato un algoritmo, il Media Impact Value (MIV), che prova a trasformare i contenuti virali della rete e le interazioni tra i vari utenti in valore economico. Il matrimonio o meglio l’evento era correlato ad un hashtag #TheFerragnez che ha generato 67 milioni di interazioni per quanto riguarda i post (tra like, commenti, condivisioni e menzioni), generando successivamente un Media Impact Value di 36 milioni di dollari. Non c’è che dire, il nostro Royal Wedding non ha eguali.
Essendo due personaggi di spicco nel mondo social certamente tutti i brand della moda e non, hanno fatto a gara per accaparrarsi un po' di pubblicità, ma come biasimarli?
Partiamo da Alitalia che ha siglato un accordo commerciale con i Ferragnez dedicandogli un intero volo di linea interamente brandizzato, con tanto di commenti pervenuti dal mondo politico. Seguono Diesel con le camicie brandizzate per Fedez e Versace che gli ha confezionato l’abito delle nozze. La sposa invece nel suo giorno veste Dior, ma non un solo vestito bensì tre. Alle damigelle invece pensa Alberta Ferretti e Trudi realizza le mascotte dei novelli sposi.
Insomma un matrimonio a cui tutti saremmo voluti essere invitati anche solo per bere dal putto che piscia vodka e fare un giro sulla ruota panoramica del Lunapark The Ferragnez alla Dimora delle Balze; un matrimonio impeccabile, pieno di classe e stile.
Chiara non ci ha deluso ma… come detto in precedenza c’erano anche loro, gli amici di Fedez.
Brand a parte colui che ha ricevuto il più alto ritorno in termini di immagine e di followers è stato Ceskiello,uno dei Cavalieri di Fedez. Potendo partecipare attraverso le innumerevoli storie di IG al matrimonio, gli utenti social hanno iniziato a scrivere tweet utilizzando l’hashtag #Ceskiello tanto da farlo risultare tra quelli in tendenza durante le ore delle nozze. Lui è l’uomo che ha reso il Royal Wedding un vero e proprio matrimonio all’italiana intrattenendo gli invitati ma anche tutti coloro che seguivano da casa.
“Bukowski diceva che l'essere umano ha due grandi difetti: l'incapacità di arrivare in orario e l'incapacità di mantenere le promesse. Io non posso garantirti che sarò sempre in orario ma ti prometto che anche se in ritardo ci sarò per sempre". Con queste parole e un fiume di lacrime si concludono le promesse di Fedez per la sua Chiara e anche noi vogliamo promettervi che ci saremo sempre sia in bene che in male. I commenti negativi anche se in ritardo arrivano sempre e di haters in questo matrimonio ne abbiamo visti molti.
Un consiglio? A pranzo piuttosto che invidia mangiate i ravioli che sono più buoni però mi raccomando #SPECKERICOTTAANCHENO.
BEST MARKETING MEMES
di Arianna Ziveri
Le vacanze sono iniziate ma le nostre idee continuano ad essere in movimento, ecco perché siamo qui per presentarvi una NOVITA': a breve uscirà Best Marketing Memes, una rubrica che esalterà i miglior meme di marketing del momento.
Sappiamo che suscitare emozioni, entusiasmo e divertimento nel consumatore ha un responso positivo sulle aziende e soprattutto sulle loro vendite. Analizzeremo quindi una serie di social meme marketing delle aziende più rilevanti e attive a livello social in Italia facendo riferimento a un tema particolare, a una festività o ad accadimenti, fino a strutturare il podio dei tre vincitori del mese. Il tutto verrà pubblicato poi nelle nostre pagine di Facebook e Instagram.
Negli anni si tende, sempre di più, a generalizzare su questo mestiere: “fare marketing”, “vendere”. Tutti “vendono” e “tutti fanno marketing” a parer pubblico... Ma cosa vuol dire “fare marketing”? Cosa c’è veramente dietro a questo mestiere? Ci sono innumerevoli rischi. Rischi che potrebbero far crollare le proprie vendite. Ci sono casi in cui per una mal interpretazione o un messaggio espresso male, le aziende ci rimettono. Ma ci sono casi opposti in cui le aziende sanno sfruttare il loro potenziale al meglio e vedono la crescita a doppia cifra.
In questa sede, avrà luogo l’avvio di questo progetto, dove anche i lettori potranno inviarci i loro meme marketing preferiti per ampliare sempre di più i nostri elementi di analisi.
Il primo podio sarà dedicato ai mondiali di Russia 2018. Quale azienda ha utilizzato al meglio quest’occasione? Lo scopriremo presto!
#staytuned #staywinner
retaiLAB 2018
RetaiLAB 4.0. L’innovazione continua discussa in un workshop tra manager, imprenditori e docenti universitari
di Giulia Andreani
Il 13 Giugno 2018 si apre al Centro Congressi dell’Università di Parma “RetaiLAB 4.0”, il primo workshop che affronta la tematica dell’innovazione nel settore retail in una discussione che punta ad unire ricerche e conoscenze del mondo universitario e del mondo delle imprese.
Ore 10:00: apre il workshop Luigi Rubinelli, direttore di RetailWatch.it, proponendo una riflessione sul concetto di innovazione. Ultimamente, dice il direttore, si cerca di innovare a tutti i costi, ma in realtà c’è bisogno di fermarsi un attimo e vedere di cosa il cliente ha bisogno, piuttosto che sviluppare innovazioni super tecnologiche ma di cui il cliente non sente la necessità. Il suo intervento è sostenuto poi dal Pro Rettore Vicario dell’università di Parma Paolo Martelli, che incoraggia università e imprese ad aprirsi e condividere i propri dati a vicenda per essere in grado di creare la vera innovazione.
Inizia il primo intervento il professore Guido Cristini con il Vice President Marketing del gruppo Barilla Matteo Pauri. Il suo intervento si concentra sul ruolo della marca, sulla sua identità e sull’importanza che hanno acquisito i valori intangibili nella brand equity. L’importante è riuscire a creare una relazione con il proprio cliente distintiva ed efficace, così dice il professore, e il commento di Pauri conferma questa idea mostrando le strategie di comunicazione dei brand Gocciole e Ringo, che fanno proprio della relazione con il consumatore il loro obiettivo principale, ottenuta rinnovando continuamente il loro modo di raccontarsi.
Segue la professoressa Beatrice Luceri accompagnata del neuroscienziato Vittorio Gallese. Si discute delle nuove tecniche del neuromarketing che permettono alle imprese di misurare l’attività cerebrale delle persone mentre compiono delle azioni o vedono degli stimoli. Il risultato è che spesso c’è inconsistenza tra ciò che le persone affermano e ciò che poi fanno, perché esse agiscono in base alle emozioni e poi razionalizzano a posteriori la scelta fatta. Gallese parla quindi di estetica e di come bisogna porre attenzione al contesto sociale in cui le persone fruiscono di uno stimolo, perché le risposte cambiano se le emozioni sono vissute in gruppo.
L’ultimo intervento della mattinata prevede la professoressa Maria Grazia Cardinali con il presidente e AD Unes/U2 supermercati Mario Gasbarrino. Si parla del tema del nutrition shopper marketing e viene esposta una ricerca dove è stata valutata l’efficacia di nuovi metodi per comunicare la “bontà” dei prodotti per i consumatori, in linea con la tendenza di volere un’alimentazione più sana e naturale. A riguardo Gasbarrino mostra l’evoluzione delle etichette del prezzo nei supermercati U2 e la volontà di rendere la scelta dello shopper il più facile e immediata possibile, mettendo in vista proprio l’informazione di cui il consumatore ha bisogno.
Alle 14:00 riprende il workshop con il professore Davide Pellegrini e Luigi Mansani di Hogan Lovells dove il tema della privacy viene esposto soprattutto considerando l’avvento del digitale, che ha creato uno spazio in cui tutto sembra possibile. Inoltre, con l’esplosione di influencer e blogger emerge sempre di più l’importanza di comunicare al consumatore qualsiasi rapporto pubblicitario, per renderlo consapevole di tutte le azioni fatte a supporto di un brand dietro compenso in denaro.
Prosegue il professore Edoardo Sabbadin con il presidente di SelecTTrade Edoardo Bulgheroni. Il professore spiega un nuovo concetto di innovazione basato sull’idea che non bisogna partire dal cliente e dall’uso attuale che fa del prodotto, ma bisogna immaginare la persona, con tutte le sue caratteristiche e la sua personalità, nel contesto di vita futuro. In altre parole, non si tratta più di osservarlo e dargli ciò che vuole, ma di immaginare nuovi modi di vivere e farli avverare. L’importante è dare ai prodotti un significato, come dimostra anche Bulgheroni che spiega la nascita dei nuovi format della nota marca Lindt e dell’esperienza sensoriale che essi devono dare al consumatore.
Infine, chiudono i lavori la professoressa Cristina Ziliani e il Direttore Marketing Finiper Massimo Baggi con una discussione sul tema dell’omnicanalità. L’insegna distributiva deve essere in grado di capire su quali touchpoint i consumatori interagiscono maggiormente e su quali hanno una customer experience migliore per provare a gestire al meglio il customer journey. Per lavorare in questo senso si può partire dal programma fedeltà, che è uno strumento che molte aziende già possiedono, che raccoglie dati sui consumatori e che può essere reso multicanale. Baggi conclude con una riflessione e una provocazione sulla fine dell’ipermercato nel prossimo decennio, attaccato da un lato dalla ricerca di una spesa veloce e selettiva e dall’altro lato dal maggior consumo di pasti fuori casa e dalla maggiore richiesta di piatti pronti a domicilio.
Finisce la giornata con i saluti del professor Cristini e un ringraziamento alla platea, con l’esortazione di raccontare il workshop e di rendere noti i temi ritenuti interessanti su cui basare i laboratori di ricerca futuri, perché la condivisione è la base dell’innovazione.
Linkontro 2018: intelligenza artificiale e consumatori
Dal 17 al 20 maggio si è svolto l’annuale incontro organizzato da Nielsen, Linkontro, che ha riunito 527 manager, 33 giornalisti e 28 relatori provenienti dalle realtà del largo consumo: dalla distribuzione all’industria di marca, dalla comunicazione alla tecnologia.
Il focus quest’anno era sull’impatto della tecnologia sull’uomo. Si è parlato con molto ottimismo – ma anche un po’ di paura – di strategie per l’integrazione, della creazione di modelli di business ad hoc per prendere il meglio da questa rivoluzione digitale. Temi come la CryptoCurrency e la sempre più richiesta Cyber-security, la robotica e l’intelligenza artificiale. Si parla anche delle nuove competenze richieste, il life-long learning e il reverse mentoring (non più solo parole che si sentono a livello accademico, ma realtà e approcci tangibili che potrebbero - se usate nel modo giusto - impattare in modo significativo sulle performance aziendali e sulla loro sopravvivenza).
Si parla anche di frammentazione dei canali e dei device, dei modelli dei consumatori, della polarizzazione e del dinamismo tra essi. Christian Centonze, FMCG Solutions Leader di Nielsen, ci riporta i dati del Nielsen Consumer Panel (Febbraio 2018) e ci spiega i due nuovi stili emergenti di consumatori: i Golden e i Low price. I Golden (4,3 milioni e dal 2015 sono cresciuti del 49%) cercano benessere e puntano ai prodotti premium. I Low price – 4,3 milioni di consumatori, cresciuti dal 2015 di circa il 19% – sono invece quelli che cercano convenienza (trovate qualche informazione in più a riguardo qui).
Nel suo intervento, Centonze sottolinea anche il grande – e implicito – trend emergente, ovvero la richiesta di semplificazione. Con il digitale si moltiplica la quantità di informazioni, creando un contesto di overload, e la sfida rimane quella di come impattare sull’attenzione del consumatore, risorsa che rimane comunque scarsa. Sempre uno studio Nielsen, rileva che il 40% delle categorie acquistate non sono pianificate e più del 60% delle persone scopre nuovi prodotti e fa scelte di brand all’interno del punto vendita. Il punto vendita quindi diventa sempre di più un media, il posto in cui si comunica in modo più significativo sul consumatore: come si valorizza il prodotto, come si posiziona e ciò che si vuole comunicare.
E’ finita quindi l’era dello ZMOT? Basta davvero presidiare il punto vendita per affrontare questo cambiamento del consumatore? Quale sarà il vero impatto della rivoluzione digitale?
Centonze conclude il suo intervento sottolineando una cosa imprescindibile: “E’ evidente che viviamo e vivremo in un mondo in cui l’intelligenza artificiale avrà un ruolo sempre più importante. Ma io davvero credo che l’ultimo miglio per il successo sarà sempre garantito dalla capacità di parlare alla parte più umana della nostra intelligenza.”
CIBUS Innovation Corner: i 100 prodotti più innovativi!
Passare quattro giorni completi al Cibus è un po’ come una full-immersion in un brodo vegetale: tuffarsi a bomba nel settore Food&Beverage e lasciarsi “bollire” fino a cottura completa. Come ogni edizione, Cibus fa da finestra su tutto il mondo enogastronomico: innovazioni, trend, convegni e chi più ne ha più ne metta. E solo per questo ne vale la pena!
La finestra migliore è stato il Cibus Innovation Corner, organizzato da Fiere di Parma in collaborazione con il Gruppo Food: una vetrina con esposti 100 prodotti selezionati da numerosi esperti (tra cui anche i professori dell’Università di Parma Guido Cristini e Cristina Ziliani) in base a diversi criteri – in particolare packaging, innovazione, sostenibilità.
Prodotti che meglio interpretano l’eccellenza e il savoir faire italiano, divisi in sei diverse categorie che in parte rispecchiano i grandi trend di questo settore: Convenience, Free From & Vegan, Healthy, Local, Packaging e Taste & Specialty.
I trend:
Alcuni sono trend consolidati, altre sono tendenze emergenti che però portano tutte allo stesso risultato:
i consumatori di oggi sono più esigenti e le aziende devono provvedere ad inserire nuove referenze in grado di rispondere a questa domanda sempre più crescente.
Come rileva Nielsen, il biologico ormai si conferma trend trainante la crescita del fatturato della distribuzione: nei primi dieci mesi del 2017 il biologico è arrivato a pesare il 3,4% delle vendite totali dell’alimentare.
(Fonte: Nielsen)
Sostenibilità, eticità e trasparenza sono parole che rimbombano in tutti i padiglioni del Cibus, ma non solo: le esigenze del consumatore continuano a focalizzarsi sempre di più sulle esigenze nutrizionali, fisiche ma anche emozionali.
Da non trascurare è sicuramente il macro-trend del salutismo: soprattutto tra i millenials, abbiamo avuto una conferma sostanziale della domanda di prodotti “Free From”, “Gluten free” e vegani, a dimostrazione del fatto che la tendenza ormai si è consolidata e non era solo di passaggio. Ce lo segnala il Rapporto Italian 2018 dell’Eurispes: il 6,2% degli italiani si dichiara vegetariano e lo 0,9% vegano.
I prodotti lanciati:
Da segnalare tra i Free From & Vegan la Pizza di Cavolfiore di Industrie Rolli Alimentari (Paren), la Bevanda vegetale con riso venere di Riso Gallo. Tra la categoria Healthy, il comodissimo Vivospray condimento alla curcuma in olio extravergine di oliva biologico della Compagnia Alimentare Italiana o gli estratti freschi DimmidiSì – estratti a freddo e stabilizzate attraverso la tecnologia HPP.
Alcuni dei prodotti segnalati per innovazione di packaging sono strepitosi: Centro Carni Company ha deciso di confezionare in flow pack i suoi Burger in monoporzioni, d’Alessandro Confetture ha creato una Linea dosatori – sì, proprio come quella del sapone per le mani – per le sue marmellate, destinato a bar e hotel.
Ottime innovazioni nei ready-to-use e nella categoria Convenience: da segnalare sicuramente Acetaia Terra del Tuono che ha lanciato una geniale Sfera di Aceto Balsamico di Modena IGP pronta da grattugiare sulle pietanze o Ricocrem che ha riempito una sac à poche di Crema di ricotta, pronta per i pigri – come alcuni di noi – che spesso e volentieri hanno voglia di cucinare in modo veloce e senza perdere troppo tempo.
Ma anche novità di prodotto straordinarie e incredibili: chi lo avrebbe mai detto che un giorno avremmo sentito parlare di Pasta al Caffè Kimbo – nata dall’unione de La fabbrica della Pasta di Gragnano e di Kimbo – oppure dei Paccherini alla frutta - gusto kiwi, melograno, frutti di bosco, ecc. - di Rustichella d’Abruzzo?
NEAM : News of Economy And More
Il team di Oikosmos è pronto a partire con un nuovo progetto!
NEAM è una rivista online mensile che troverete su questo sito. Selezioneremo e commenteremo per voi le notizie più interessanti del mese dal mondo dell'economia, finanza, marketing, comunicazione, cultura, social media.
L'obiettivo di NEAM è quello di informare, divertire e sensibilizzare i nostri lettori sugli eventi che quotidianamente influenzano le scelte del consumatore.
Siamo pronti a sorprendervi!
#staytuned #staystrong