WELCOME HOME | Caffeina

di Manuela Fiku
tempo di lettura: 2 minuti

Caffeina è nota a tutti come digital agency. Quello che tutti magari non sanno però è la storia, tra passato, presente e futuro. 


Cosi come per le persone, conoscere la storia di un’azienda ti permette di capirne e apprezzarne l’identità. Caffeina ha una bellissima storia e una meravigliosa identità ed entrambe sono state raccontate e valorizzare al meglio dai tre soci fondatori Tiziano Tassi, Henry Sichel e Antonio Marella oltre che dagli special guest che si sono alternati: dal sindaco Federico Pizzarotti, a Nicola Rosi, passando per Andrea Amico, Alessandro Casu, Francesco Orlando, Daniele Chieffi, Maria Cristina Origlia e Mauro Del Rio.


Quello che è emerso è stato un percorso in salita, fatto di sacrifici, idee persone e valori, concretizzati oggi nel rebranding con il nuovo logo e soprattutto il nuovo Head Quarter.

Abbiamo centinaia di foto scattate all’inaugurazione dell’HQ di Caffeina | Ideas Never Sleep. ma credo che questa sia una delle più significative.

È la foto di una scritta su una delle pareti degli uffici e racchiude probabilmente i concetti chiave che stanno alla base di quest’azienda.

Crescita.
Perché Caffeina è una startup nata nel 2012 che è riuscita a crescere in maniera sostenibile arrivando ad avere oggi più di 110 dipendenti e un portafoglio clienti da far invidia. Questa crescita prevede evoluzioni, alleanze e nuove idee.

Idee.
Come dicono sempre loro “ideas never sleep” e dopo una giornata intera passata in quest’azienda posso confermare: non si fermano mai. Hanno ridefinito il concetto di agenzia digitale ma non solo. Tante le novità presentate, tra queste la digital academy.

Impatto.
Il loro modo di operare mira alla creazione di valore per i dipendenti, i clienti, l’azienda stessa e persino la comunità. Caffeina investe in formazione, in creazione (in quanti hanno provato la VR?), in sostenibilità ambientale e satisfaction sia dei dipendenti sia dei clienti.

Amazing.
(non lo traduco perché in inglese rende di più). La prima cosa che ho pensato quando sono entrata nell’HQ è stata “tutto questo è pazzesco” e ora, post evento, posso riconfermare che tutto ciò che fanno e che sono è veramente pazzesco.

L’evento, suddiviso tra speech e party, tra ufficio e rooftop, è stato qualcosa di incredibile, un’occasione per far incontrare dipendenti e clienti, amici e parenti.

 

Il team di Oikosmos ha partecipato cercando nel suo piccolo di contribuire a qualcosa di grande e siamo grati ai fondatori di Caffeina per averci dato questa opportunità.

Auguriamo un enorme in bocca al lupo a Tiziano, Henry, Antonio e a tutti i coloro che contribuiscono a rendere Caffeina unica.

E mi raccomando, #NeverSleep.

 

 


Finalmente Starbucks in Italia! Cosa aspettarsi e cosa c’è dietro l’apertura dello store più discusso dell’ultimo periodo

Di Roberta Signorino Gelo

tempo di lettura: 3 minuti

Fan italiani della famosissima catena di caffetterie in american style, siete stati finalmente accontentati!

È avvenuta infatti pochissimi giorni fa, il 7 settembre nel cuore di Milano, l’attesissima inaugurazione del primo punto vendita a marchio Starbucks sul territorio italiano. La frenesia e il desiderio di assaggiare tutti i prodotti del brand non è tardata ad arrivare e a distanza di 4 giorni infatti piazza Cordusio è ancora dominata da una fila interminabile di gente che vuole varcare l’ingresso del nuovo store.

Molti clienti tuttavia non hanno trovato esattamente ciò che si aspettavano: la nuova caffetteria non è come gli altri Starbucks comuni in giro per il mondo, ma è una “Reserve Roastery”. Si tratta di punti vendita ibridi a metà tra una caffetteria e un impianto di torrefazione, al mondo limitatissimi e presenti in città altrettanto importanti come Seattle, Shangai o Chicago.

Dimenticate dunque i classici frappuccini e il bicchiere di plastica con scritto il proprio nome.
L’esperimento italiano di Starbucks, che ha adottato lo storico palazzo delle poste come location, sta utilizzando degli approcci molto diversi.
Si va da un logo totalmente differente raffigurante una R al di sotto di una stella (il classico marchio lo troviamo solo sporadicamente) ad uno store altamente esperienziale: i colori dominanti vanno dal bronzo al marrone, richiamando quello del caffè, e la scelta degli arredi lo rende un luxury store dove il cliente vive un’esperienza a 360 gradi avendo la possibilità di osservare l’intero processo di torrefazione dai chicchi alla bevanda pronta. L’atmosfera richiama per certi versi anche la famosa Fabbrica di cioccolato dell’omonimo film del 2005, grazie alla colorata tostatrice e i tubi di rame sparsi per il soffitto. Anche la comunicazione out of store non manca, con la piazza ricolma di enormi cartelloni raffiguranti il logo e tutte le varietà di caffè in vendita all’interno dello store.

Assodato il fatto che tale Starbucks non è il classico luogo di ritrovo e di pausa dello studente medio come accade comunemente nel resto del mondo, e ciò lo dimostra anche il salatissimo menù che offre caffè espresso a 1,80€ e fette di torta a 6,50€ (queste ultime per altro italianissime, grazie alla partnership con il colosso italiano Princi leader nel settore bakery), in realtà c’è dell’altro dietro all’apertura dello store più discussa dell’anno.
La Reserve Roastery di Milano è la prima nata in Europa e ciò non è un caso. Come anticipato prima, oltre alla veste di experience cafè vista dagli occhi del consumatore, essa nasce come impianto di produzione ma soprattutto centro di distribuzione. La tostatrice rimarrà in funzione 24 ore su 24 con una capacità produttiva giornaliera di circa 3450 kg di caffè tostato in grani; di questi solo una piccola porzione viene destinata al consumo all’interno del locale, perché la maggioranza verrà confezionato e spedito in tutte le caffetterie presenti in Europa.

Quella di accrescere la notorietà e la fedeltà al brand principale è dunque solo una finalità accessoria dell’approdo di Starbucks in Italia, poiché la principale è quella di consentire alla multinazionale americana un consistente risparmio di costi in termini di logistica. Fino ad oggi infatti l’unico produttore presente in Europa si trovava nei Paesi Bassi e, non riuscendo a provvedere all’intero fabbisogno degli store nei paesi vicini, arrivavano quantità aggiuntive dagli Stati Uniti con una conseguente accentuazione dei costi di trasporto.

Tirando le somme, nonostante molti amanti del frappuccino delusi, nazionalisti legati alla tradizione del caffè italiana e denunce già ricevute a casa Starbucks per dei prezzi ritenuti eccessivi, il nuovo investimento di Schultz sembra averci preso un’altra volta. Nel weekend è stata registrata in media un’ora di attesa per accedere al locale e 40 minuti per poter ordinare al corner dell’experience bar all’interno. È già stata stimata la possibilità che i prezzi delle case nei dintorni dello store possano aumentare per non parlare dei fan che si sono mossi lungo tutta la penisola, ansiosi di poter vivere un’esperienza unica e di poterla condividere nel mondo social.

L’Italia era già pronta, Starbucks ha solamente pensato bene di rispettare la tradizione del caffè nel paese in cui il caffè non è solo una bevanda, ma un rito.

 

 


THE FERRAGNEZ: UN ROYAL WEDDING TUTTO ALL’ITALIANA.

di Federica Montalbano

tempo di lettura:  3 minuti

Tutte le favole che si rispettano iniziano con “C’era una volta” ma in questa favola tutto ebbe inizio con “Il cane di Chiara Ferragni ha il papillon di Vouitton” e credo che la Disney non avrebbe saputo fare di meglio.

Due mondi diversi: da un lato le influencer, il mondo della moda, delle griffe e delle sfilate; dall’altro invece i rapper che non hanno paura di dire ciò che pensano attraverso le loro rime.

Due mondi opposti ma allo stesso tempo complementari accomunati da Instagram e dal costante bisogno (o meglio necessità) di postare ogni istante della loro vita per condividerlo con i propri followers.

Molti si chiedono del perché Chiara Ferragni non abbia concesso nessuna esclusiva del suo esilarante matrimonio affermando che in questo modo si sarebbe aumentata la loro visibilità data la forte influenza social degli invitati in quanto cantanti, influencer e youtuber.


Che sia marketing o meno vi sareste mai immaginati un silenzio di 24 ore da parte dell’imprenditrice digitale nativa di Instagram?  Ciò che rende la Ferragni tale sono i suoi 14 milioni di follower e sinceramente aspettiamo le sue stories come una serie TV trasmessa sul canale nazionale. Dal primo appuntamento, dai voli in aereo, dalla proposta di matrimonio fino alla nascita di Leone, non abbiamo perso neanche un istante della loro storia d’amore.

In questo modo al di là della mossa di marketing e di aver reso virale l’evento, anche noi comuni mortali abbiamo potuto partecipare dal nostro piccolo schermo all’evento dell’anno.

Al matrimonio fisicamente erano presenti 150 invitati ma in realtà erano molti ma molti di più. Tutti stavano aspettando questo momento, sia fan incalliti della coppia che haters sempre pronti a dire la loro; come da manuale in quel giorno i social sono letteralmente impazziti. 

Secondo gli analisti di Launchmetrics, il matrimonio dei Ferragnez avrebbe ottenuto un “valore mediatico” almeno doppio rispetto al Royal Wedding inglese. Per effettuare queste analisi la società ha ideato un algoritmo, il Media Impact Value (MIV), che prova a trasformare i contenuti virali della rete e le interazioni tra i vari utenti in valore economico. Il matrimonio o meglio l’evento era correlato ad un hashtag #TheFerragnez che ha generato 67 milioni di interazioni per quanto riguarda i post (tra like, commenti, condivisioni e menzioni), generando successivamente un Media Impact Value di 36 milioni di dollari. Non c’è che dire, il nostro Royal Wedding non ha eguali.

Essendo due personaggi di spicco nel mondo social certamente tutti i brand della moda e non, hanno fatto a gara per accaparrarsi un po' di pubblicità, ma come biasimarli?

Partiamo da Alitalia che ha siglato un accordo commerciale con i Ferragnez dedicandogli un intero volo di linea interamente brandizzato, con tanto di commenti pervenuti dal mondo politico. Seguono Diesel con le camicie brandizzate per Fedez e Versace che gli ha confezionato l’abito delle nozze. La sposa invece nel suo giorno veste Dior, ma non un solo vestito bensì tre. Alle damigelle invece pensa Alberta Ferretti e Trudi realizza le mascotte dei novelli sposi. 

Insomma un matrimonio a cui tutti saremmo voluti essere invitati anche solo per bere dal putto che piscia vodka e fare un giro sulla ruota panoramica del Lunapark The Ferragnez alla Dimora delle Balze; un matrimonio impeccabile, pieno di classe e stile.

Chiara non ci ha deluso ma… come detto in precedenza c’erano anche loro, gli amici di Fedez.

Brand a parte colui che ha ricevuto il più alto ritorno in termini di immagine e di followers è stato Ceskiello,uno dei Cavalieri di Fedez. Potendo partecipare attraverso le innumerevoli storie di IG al matrimonio, gli utenti social hanno iniziato a scrivere tweet utilizzando l’hashtag #Ceskiello tanto da farlo risultare tra quelli in tendenza durante le ore delle nozze. Lui è l’uomo che ha reso il Royal Wedding un vero e proprio matrimonio all’italiana intrattenendo gli invitati ma anche tutti coloro che seguivano da casa.

“Bukowski diceva che l'essere umano ha due grandi difetti: l'incapacità di arrivare in orario e l'incapacità di mantenere le promesse. Io non posso garantirti che sarò sempre in orario ma ti prometto che anche se in ritardo ci sarò per sempre". Con queste parole e un fiume di lacrime si concludono le promesse di Fedez per la sua Chiara e anche noi vogliamo promettervi che ci saremo sempre sia in bene che in male. I commenti negativi anche se in ritardo arrivano sempre e di haters in questo matrimonio ne abbiamo visti molti.

Un consiglio? A pranzo piuttosto che invidia mangiate i ravioli che sono più buoni però mi raccomando #SPECKERICOTTAANCHENO.