La fiducia nel digitale generata dal Covid-19

di Laura Marina Popa
Tempo di lettura: 6 minuti

Il Coronavirus ha aumentato la fiducia nel digitale.

Il settore moda, come ho già trattato in un altro articolo, ha subito un duro colpo durante quest’emergenza sanitaria.

C’è stato dall’altra parte un decollo dell’e-commerce, che ha fatto sì che i canali tradizionali perdessero centralità.

Ma il mondo della moda non si ferma! Sono molte le proposte tecnologiche che stanno prendendo piede al momento: un esempio è Armani che ha annunciato da poco una collaborazione con Yoox Net-A-Porter per una nuova modalità che unificherà l’inventario digitale con quello fisico. Quando un cliente ordinerà un prodotto online, e quest’ultimo non sarà disponibile in magazzino, sarà indirizzato alla boutique più vicina che si occuperà di spedirlo.

L’utilizzo della AR nelle esperienze di acquisto sono modalità ormai utilizzate da molti brand online, che si sono dilettati nella creazione di filtri personalizzati per far provare i propri prodotti ai potenziali clienti.

Ma questo è un settore in continuo sviluppo in cui ormai si inizia a parlare di S-commerce e non più solamente E-commerce.

L’AVVIO DELL’S-COMMERCE

Non è un typo, sto parlando di S-commerce, gli acquisti sui social media.

In seguito al periodo storico che stiamo vivendo ed affrontando la prospettiva è cambiata in modo notevole: c’è la necessità di inventare una strategia di vendita che consenta ai social media di diventare i centri commerciali del futuro. Ma non è obiettivo dell’s-commerce sostituire l’esperienza fisica in negozio.

Nel 2012 Mark Zuckerberg, come un vero visionario del settore, aveva già imboccato questa strada ma senza ottenere il successo sperato.

 

Fonte: facebook.com

Durante il lockdown, Facebook Inc ha anticipato l’uscita di Shops, questo ha rappresentato un’ottima opportunità per i designer indipendenti e i piccoli negozi che attraverso pochi click hanno possibilità di convertire i loro profili social in negozi virtuali.

I social infatti con la loro messaggistica dedicata consentono all’utente interessato di interagire con i brand ponendo loro domande, richieste, informazioni etc..
Gli algoritmi che le piattaforme utilizzano permettono di acquisire gusti, luogo, persone. Ed attraverso l’AI si analizzeranno le foto che un utente pubblica o mette like per poter personalizzare sempre più l’esperienza online proponendo promozioni coerenti. Oltre all’uso della localizzazione che indirizzerà la persona verso il negozio fisico più vicino.

TIK TOK E LE CAMPAGNE VIDEO

Molti brand hanno scelto Tik Tok come piattaforma per sponsorizzare i loro prodotti.

Come? Attraverso challenge, balletti, contests. Infatti, la piattaforma non solo consente ai brand di promuoversi ma lancia sfide agli utenti. Da guardare un annuncio pubblicitario si passa ad interpretarlo, gli users diventano brand ambassador di un marchio.

Fonte: tiktok.com

Così la comunicazione non è più unilaterale, dove gli utenti subiscono la pubblicità, ma iniziano a farla.

Tik Tok, con il suo divertimento e la sua creatività permette agli iscritti di diventare un trend, rappresentando per l’industria della moda un’opportunità per mostrare la personalità e il lato artistico del brand in una modalità del tutto nuova.

TWITCH

Nata come piattaforma in cui i videogiocatori condividono le loro partire in diretta e dialogano con i loro seguaci, sta diventando un’altra arena virtuale che rappresenta l’ennesima opportunità per i brand di crescere.

Potrebbe essere una modalità in cui le case di moda potrebbero trasmettere le loro sfilate. Come ha fatto la Ravensbourne University di Londra dove gli studenti di moda hanno scelto il social per mettere in onda le loro collezioni di fine corso.

Fonte: forbes.comFonte: forbes.com

A decretare il suo successo? Amazon. Infatti il colosso del web ne è il proprietario. Chissà se tra qualche anno dal guardare le sfilate su Twitch si passerà ad acquistarne i capi direttamente sul Marketplace, staremo a vedere!

SHOPPABLE LIVESTREAM

Si tratta di mini show in streaming in cui si compra di tutto, una televendita online.

A giugno a Guangzhou è stato lanciato il primo LiveStream Shopping Festival, un evento sponsorizzato da WeChat e dalle autorità locali per rilanciare l’economia.

Fonte: agencychina.con

Sessioni di live shopping, in oriente già utilizzate e di grande impatto mediatico ed economico, in cui influencer cantano, ballano, parlano. Ma soprattutto provano abiti, accessori, prodotti di bellezza, oggettistica varia e naturalmente vendono. Come? Le piattaforme utilizzate consentono di allegare un rullino foto linkabile che riporta direttamente allo shop.

Questa tecnologia è stata per la prima volta utilizzata durante il Singles Day nel 2015 (Black Friday cinese), e quest’anno si è dimostrata un’arma vincente per rilanciare gli e-commerce durante la pandemia.

In questa realtà oltre alla vendita si assiste ad una crescita della figura dell’influencer che sta entrando in una fase matura della figura stessa.
Oggigiorno, infatti vengono considerati mini-aziende di supporto per molti brand che puntano a finanziarli, a farli crescere e conoscere come si farebbe con una start-up.

Molte sono le piattaforme di influmarketing che stanno nascendo per creare una realtà dedicata all’influencer e al suo lavoro:

  • Influencer.co
  • Coobis
  • BranTube
  • SocialPubli

E molte altre Il Coronavirus ha aumentato la fiducia nel digital

Ma chi sono i top influencers delle shoppable livestrem in Oriente?

Viya, una ragazza di 34 anni in grado di vendere qualsiasi cosa, dai cosmetici al cibo confezionato. Lo scorso Aprile ha venduto il lancio di un razzo per circa 40 milioni di yuan (5,6 milioni di $).

"Nello specifico, la mia ambizione è offrire tutto ciò di cui i miei fan potrebbero aver bisogno. Campanelli, tappeti, spazzolini da denti, mobili, materassi, tutto." 

Fonte: bloomberg.com

E poi Li Jiaqi, noto come “The Lipstick King”, perché durante le sue dirette, diventate virali, testa tutte le nuance dei rossetti: in una giornata ha una capacità di vendita esagerata, 40 milioni di potenziali clienti. Dedicando non più di cinque minuti a prodotto genera vendite per 145 milioni di dollari in un solo live.

Mr Bags, nome dell’influencer Tao Liang che si è guadagnato grazie alla sua performance in cui in 6 minuti è riuscito a vendere 500mila euro di borse Tod’s in edizione limitata che l’azienda ha realizzato per lui.

Come vendono? Usando la loro credibilità, sincerità e trasparenza di giudizio

Numerose sono le aziende che stanno iniziando ad approcciarsi a questa news. Bottega Veneta, Yves Saint Laurent, Valentino hanno avviato una trattativa con Powerfront per vendere le loro collezioni.

Ma non passa inosservata l’attenzione che Amazon sta dedicando a questa rivoluzione. Jeff Bezos ha seguito l’onda delle shoppable livestream spingendo per la crescita di Amazon Live

Fonte: Amazon.com

A questo servizio può accedere chiunque, ma non tutti possono avere la possibilità di vendere. La selezione degli influencer è filtrata tramite i loro social che vengono valutati e poi se soddisfano i requisiti otterranno un link dedicato e ricevendo una commissione tra il 3 e l’8% su ogni articolo venduto.

LA RIVOLUZIONE DELLA REMOTE CLIENTELING

Creare connessione autentica tra azienda e cliente anche se è filtrata da uno schermo è possibile. Lo dimostra Gucci, con il suo nuovo progetto Gucci Live, che si presenta come uno studio interattivo in cui la commessa o il commesso mostrano in diretta le peculiarità di ogni prodotto e rispondono alle domande dei potenziali clienti collegati in diretta. Il suo obiettivo è quello di ricreare la store experience che durante questa emergenza sanitaria è venuta a mancare un poco.

Fonte: vogue.it

Perché è sempre stato uno dei pilastri della Maison, la personalizzazione. In questo caso hanno voluto superare l’uso dei bot automatici nelle chat  e rendere l’esperienza di acquisto sempre più singolare nonostante ci siano altre persone nella live.

Non ci resta che attendere altre innovazioni tecnologiche e osservare lo sviluppo di queste nuove modalità! 

Il Coronavirus ha aumentato la fiducia nel digitale.


Antenna 5G su cielo azzurro e nuvoloso

COVID-19 e 5G: cosa succede?

L’emergenza sanitaria a livello mondiale continua, anche se il lockdown di intere nazioni e continenti sta iniziando a dare, lentamente e con grande sacrificio, i suoi frutti. La riduzione dei contagi da Covid-19 è però ancora troppo bassa per poter dire di essere rientrati dal clima di paura che ci circonda ormai da mesi. Ciò che tuttavia siamo ben distanti dallo sconfiggere è, purtroppo, il divagarsi di un fenomeno ancor più virale del Coronavirus: le fake news. Questo accade principalmente perché, in un periodo storico incerto come quello che stiamo vivendo, si è alla continua ricerca di risposte immediate a quesiti complessi che hanno necessariamente bisogno di studi ed analisi che si protraggono nel tempo. L’ansia da conoscenza immediata, unita alla paura di correre rischi alla salute, porta spesso a trarre conclusioni prive di corrette basi scientifiche che le comprovino.

Medico tiene tra le mani un planisfero in scala coperto a metà da una mascherina per descrivere la situazione mondiale a seguito dell'epidemia da Covid-19
Fonte: Ansa

È esattamente ciò che sta accadendo in questi giorni con il vasto tema del 5G. Si passa da complotti segreti orchestrati da alcuni stati per ragioni sconosciute, all’aumento dei casi di tumore derivanti da esposizioni ad onde elettromagnetiche delle antenne di nuova generazione, fino ad arrivare ad affermare una correlazione tra il diffondersi del Covid-19 proprio a causa dal 5G. Questi dunque tra i motivi alla base dell’escalation di rabbia e violenza che ha portato alcuni individui a dare letteralmente fuoco a ripetitori di onde in Olanda, Gran Bretagna, Irlanda e Nuova Zelanda. Gli sforzi della comunità scientifica volti ad affermare l’estraneità tra i due fenomeni sembrano non avere effetto sui cosiddetti dimostratori anti-5G, sparsi per il globo. Lo afferma anche il Ministero della Salute italiano, nell’apposita pagina web dedicata al contrasto delle bufale su internet:

“Non ci sono evidenze scientifiche che indichino una correlazione tra epidemia da nuovo coronavirus e rete 5G. Ad oggi, e dopo molte ricerche effettuate, nessun effetto negativo sulla salute è stato collegato in modo causale all'esposizione alle tecnologie wireless.” 

Estremità superiore di un'antenna per la trasmissione di segnale 5G circondata da cielo azzurro e nuvole bianche e grigie
Fonte: Dr Commodore

Facebook, il social network più utilizzato per la diffusione di notizie false, proprio per il l’immenso numero di utenti che giornalmente vi navigano, corre però ai ripari. A seguito di forti critiche da parte di attivisti e politici, ha prontamente deciso di chiudere una delle maggiori pagine britanniche, dall’evocativo nome “Stop5GUK”, che, con decine di migliaia di utenti attivi, diffondeva informazioni false. In seguito, il social di Zuckerberg ha dichiarato che, d’ora in poi, adotterà politiche più aggressive contro i gruppi che diffondono teorie cospirazioniste.

Mark Zuckerberg, Ceo e founder di Facebook con microfono in mano ad una conferenza
Fonte: InTime

Anche YouTube ha deciso di prendere una posizione forte in merito alla questione dei legami tra la diffusione del Covid-19 e le reti 5G. La piattaforma per la condivisione di video più grande al mondo ha, infatti, annunciato di voler ridurre la visibilità dei “video raccomandati” che parlano di tali teorie agli utenti e, nei casi più evidenti, in cui tali video violeranno esplicitamente le linee guida legate ad una corretta informazione sul tema, procederà con la rimozione.

Logo di Youtube nero, rosso e bianco con sullo sfondo alcuni schermi di computer sfocati
Fonte: Tecno Android

Due sono in particolare le notizie false più rilevanti che circolano sui social media:

  • i batteri sono in grado di trasmettersi attraverso le onde elettromagnetiche;
  • il 5G indebolisce il sistema immunitario umano accrescendo la letalità del Covid-19.

La prima notizia falsa poggia su uno studio congiunto realmente condotto nel 2011 tra la Northeastern University di Boston e l’Università di Perugia secondo il quale le onde elettromagnetiche incidono su specifiche reazioni chimiche dei batteri e non sulla proliferazione delle rispettive colonie, come falsamente riportato.  Inoltre, è fondamentale sapere che il Covid-19 non è un batterio, ma bensì un virus e di conseguenza, nonostante esistano alcuni virus respiratori, la sua resistenza fuori dall’organismo è decisamente bassa. Al contrario, i batteri sono in grado di riprodursi nell’ambiente esterno, su qualunque superficie.

Sulla seconda fake news, ci sono diversi studi che confermano come il livello delle onde radio 5G sia basso nella scala di frequenza dello spettro elettromagnetico. Una delle indagini più significative in questo ambito è quella del professore di microbiologia cellulare Simon Clarke, dell’University of Reading (estensione dell'Università di Oxford nel Berkshire), il quale afferma, in sintesi, che a differenza dei raggi UV e dei raggi X con frequenze decisamente più elevate, le onde radio del 5G, non sono abbastanza potenti da danneggiare le cellule.

Tastiera da computer con tasti bianchi in cui sono stati disegnate delle lettere in rosso per formare la scritta fake news
Fonte: Secolo d'Italia

Di fronte alla crisi sanitaria più spaventosa che l’epoca moderna abbia mai affrontato, è auspicabile che scorrendo le notizie su internet si abbia la coscienza di essere razionali, di non credere a tutto ciò che si legge, a non condividere false informazioni e quindi di riuscire a scindere il reale dal surreale, nonostante l’incalzante paura di mettere a rischio la propria salute. Le conseguenze dei roghi alle torrette 5G avvenuti nel corso di questa settimana, sono state di mettere a repentaglio un’infrastruttura digitale affidabile ed al momento essenziale per il mantenimento di collegamenti e comunicazioni stabili, soprattutto tra strutture ospedaliere, centri di ricerca e case di cura, e tutto ciò è inaccettabile.


Riconversione produttiva causa Covid-19

Articolo di Erica Lo Verso
Tempo di lettura: 3 minuti

La pandemia legata al Covid-19 ha messo a dura prova l’intera umanità e le istituzioni sanitarie, che per continuare a proteggerci hanno bisogno della nostra collaborazione. A tal proposito, fortunatamente non sono mancate azioni di solidarietà, né da parte dei cittadini (le donazioni raccolte sono state fondamentali per la realizzazione di nuovi reparti di terapia intensiva) né tanto meno da parte delle imprese, che si sono prontamente mosse per la fornitura del materiale necessario per contenere quanto più possibile i rischi legati alla diffusione del virus.

Tra i contributi più recenti, vi è quello di Apple: dopo essere riuscita finora a distribuire in tutto il mondo oltre 20 milioni di mascherine, l’amministratore delegato Tim Cook ha annunciato il 5 aprile, attraverso un video-messaggio sul proprio profilo Twitter, che l’azienda produrrà un milione di schermi facciali protettivi a settimana per gli operatori sanitari degli Stati Uniti (inclusa questa appena conclusa). Nel video, il CEO spiega che ogni confezione contiene cento scudi facciali che possono essere assemblati in meno di due minuti e sono pienamente regolabili. La prima consegna è stata inviata a una serie di ospedali nella Santa Clara Valley la settimana precedente riscontrando feedback molto positivi da parte dei medici. Attualmente tali protezioni sono destinate agli Stati Uniti ma l’obiettivo è di estendere la distribuzione anche in altri Paesi.

Per Apple – conclude Cook – questo è un lavoro di amore e gratitudine e continueremo a condividere più dei nostri sforzi col tempo”.

Non solo Apple ma tantissime fabbriche e aziende del mondo, grandi e piccole, di ogni settore industriale, si sono impegnate per affrontare l’emergenza del nuovo Coronavirus, riconvertendo momentaneamente il loro core business per la produzione di dispositivi protettivi per prevenire il contagio da Coronavirus.

Nel nostro Paese, anche grazie agli incentivi forniti dal Governo con il Decreto “Cura Italia”, in relazione alle agevolazioni per le imprese che producono dispositivi di protezione individuale e medicali, le associazioni di settore si sono mobilitate in questa direzione: il 23 marzo, Confindustria Moda ha lanciato una campagna per raccogliere le candidature delle aziende del tessile-moda per riconvertire la produzione in quella di mascherine. Le aziende interessate sono tenute a presentare un’autocertificazione attestando i requisiti richiesti per avviare la produzione.

Molte aziende, soprattutto nel settore manifatturiero e tessile, hanno iniziato a muoversi per questa riconversione industriale. Il Commissario Domenico Arcuri ha annunciato che “180 aziende delle Camere della moda si sono messe insieme ed hanno creato due filiere per produrre due milioni al giorno di mascherine”. Tra queste vi sono grandi nomi come Fendi, Armani, Gucci, Ferragamo, Celine, Valentino e Prada (alcuni dei quali hanno prodotto anche migliaia di camici) ma contributi rilevanti arrivano anche dal fast fashion (H&M, Zara), oltre che da piccole aziende come Modaimpresa, impegnata nella produzione di 10 mila mascherine protettive con filtro al giorno.

Contestualmente, l’azienda cosmetica Davines, il gruppo LVHM e la partnership Bulgari-ICR  hanno permesso la distribuzione di grandi quantità di gel disinfettante per le mani, il quale viene fornito anche dai produttori di bevande alcoliche come Bacardi e Assodistil.

Per quanto riguarda i ventilatori polmonari, gli ingegneri di Fca e Ferrari collaborano con la Siare Engineering - l’unica azienda italiana produttrice di respiratori necessari per i pazienti nelle terapie intensive e commissionata dal Governo per la produzione di 500 ventilatori al mese per quattro mesi - per aiutarli a raddoppiare la produttività.

Fonte: Eurosport

Un ulteriore contributo da parte di Ferrari nella lotta al Covid-19 riguarda il progetto “Back on Track”, realizzato con la collaborazione di un pool di virologi ed esperti e patrocinato dalla Regione Emilia Romagna, con l’obiettivo di mettere a disposizione della comunità le pratiche più avanzate per la difesa della salute dei lavoratori al riavvio dell’attività produttiva. Infatti, attraverso esami e un’App apposita, l’azienda cerca di monitorare lo stato di salute dei suoi collaboratori e disporre di tutte le misure necessarie per il trattamento del paziente in caso di positività. Il progetto prevede questo e tanto altro che fa sì che “Ferrari si prende cura della risorsa più preziosa, le proprie persone, facilitando un ritorno alla vita lavorativa il più possibile sicuro e sereno” (come riporta una nota aziendale).

Tutti i casi citati (e tanti altri ancora) sono accomunati dal fatto che le aziende, in questo momento di difficoltà, stanno adattando il proprio business per far fronte a questa “straordinaria” emergenza sanitaria, per tutelare la salute dei cittadini, che oggi più che mai è l’obiettivo primario da raggiungere.