VINITALY 2019

di Anna Lo Coco
tempo di lettura: 4 minuti

Vinitaly nasce nel 1967 ed è il Salone Internazionale del vino e dei distillati più grande al mondo. Si svolge ogni anno a Verona ed è rivolto agli appassionati e agli operatori specializzati.
Vinitaly 2019 si svolgerà dal 7 al 10 aprile ed accoglierà più di 4000 espositori provenienti da tutta Italia e da paesi esteri. Ci saranno degli spazi dedicati esclusivamente alla degustazione di vini bianchi, rossi e di spumanti, in cui verranno presentate anche produzioni internazionali. Inoltre, ci sarà un corso dedicato ai vini biologici certificati.
Possiamo dunque affermare che Vinitaly rappresenta la vetrina del vino italiano, poiché le aziende comunicano, sia all’interno sia all’esterno, i propri valori e le proprie scelte proponendo le novità.
In occasione di questo evento abbiamo pensato di approfondire il tutto con David RamirezMarketing Specialist di Gruppo Food.

Cosa significa partecipare al Vinitaly?

“Partecipare a Vinitaly, per chi lavora nel settore, è un modo per confrontarsi con una platea internazionale sui temi della filiera e del business enologico, ed è quindi un appuntamento imprescindibile, non solo per le aziende produttrici che hanno così l’occasione di promuoversi, ma per tutti gli operatori che desiderano restare aggiornati sui temi di attualità, i trend dei diversi mercati e dei diversi canali, nonché per partecipare a percorsi di formazione” afferma David Ramirez, che continua “Vinitaly ha saputo creare attorno al business del vino made in Italy un vero e proprio portafoglio di eventi ed enti che, ruotando attorno ai diversi aspetti che caratterizzano il settore, ne hanno sancito il successo e l’internazionalizzazione”.

(Fonte: https://winenews.it/it/vinitaly-sempre-piu-digital-nel-mondo-e-a-verona-degustazioni-ed-eventi-in-fiera-ed-in-citta_387220/2/)

Quali sono le tecniche per far capire il valore/qualità di un determinato vino rispetto ad un altro?

“Il vino è un bene estremamente complesso, e per il consumatore medio (non appassionato) questo si traduce in una problematicità al momento dell’acquisto. Basti pensare al fatto che oggi in Italia sono presenti oltre 500 denominazioni differenti tra DOP e IGP, ognuno con le proprie caratteristiche e i suoi disciplinari di produzione da seguire. Farsi strada tra questa varietà di scelta così ampia è un compito cognitivamente impossibile e si va incontro a quello che in marketing è definito “information overload”. Finisce spesso che in punto vendita, se non intervengono appigli emotivi o neurali (anche in mondo enologico si comincia finalmente a parlare di neuromarketing) alle denominazioni o più spesso alle etichette, è quasi ovvio che il prezzo diventa driver di scelta, puntando a certe fasce in relazione all’occasione di consumo.
Non è certo sbagliato questo approccio, ma non tiene conto e non dà merito al reale valore intrinseco del vino - che può non avere a che fare con il prezzo.
Ad oggi internet e le molte app aiutano a mitigare questi gap informativi, tuttavia si tratta sempre di azioni attivate dal cliente stesso, mentre manca spesso una logica push da parte di aziende e rivenditori. Nei punti vendita specializzati (come nelle enoteche) questo problema viene risolto dagli addetti, ma non sempre è così (basti pensare alla GDO).
Si tratta perciò essenzialmente di un gap informativo e di comunicazione, e le possibilità per diminuirlo non mancano, ma ci vuole impegno lungo la filiera e, non ultimo, da parte del Trade” – David Ramirez, Marketing Specialist di Gruppo Food

Qual è la differenza tra pubblicizzare un vino piuttosto che un altro prodotto?

“Innanzitutto, credo che sia importante, anche in questo caso, fare una differenza tra comunicazione e pubblicità. Per fare un’analogia, forse un po’ azzardata (non me ne vogliano i produttori che mi leggono) ma che aiuta a inquadrare il punto, si potrebbe confrontare a livello di marketing il settore del vino con quello delle automobili. Di automobili ci sono le categorie in base a specifiche caratteristiche strutturali, ci sono i brand, ci sono scale prezzo molto ampie e ogni fascia con le proprie differenze interne; allo stesso modo nel vino si possono ritrovare attributi concettualmente simili, ma a mio parere con una dimensione di complessità maggiore (denominazioni, metodi di produzione, origine, certificazioni, regioni, consorzi, anno e invecchiamento, temperature di servizio, bicchieri adatti, abbinamenti, etc.), certo a fronte di valori monetari unitari molto minori (fattore che si rapporta comunque al diverso orizzonte temporale di “utilizzo del bene”).
Con qualche veloce confronto è possibile verificare come i frame psicologici con i quali vengono pubblicizzate queste due diverse categorie siano simili: chi utilizza valori emotivi (libertà, spensieratezza, divertimento, “coolness”), chi origini (autenticità, appartenenza al territorio, valore dell’origine), chi dimensioni cognitive (utilità, semplicità, comodità).
La pubblicità del vino deve quindi cercare di essere sempre più ancorata alle dimensioni più vicine a quelle dell’azienda e del vino in questione, studiata in base al target di riferimento, tenendo presente che oggi i messaggi indifferenziati e generici sono controproducenti e mostrare delle generiche vigne nei formati adv espone al rischio di essere ignorati.
Consideriamo anche che la pubblicità oggi per essere efficace deve essere sempre più multi-canale. La comunicazione invece è un altro paio di maniche”. – David Ramirez, Marketing Specialist di Gruppo Food

Vino e comunicazione

“Cerco di differenziare la comunicazione dall’adv perché mai come nel settore vitivinicolo il valore del vino deve essere comunicato, nel senso che deve essere trasmessa la conoscenza relativa alla specifica bottiglia all’interlocutore, ed è oggi sempre più difficile farlo con metodi broadcast perché le persone cercano sempre più la personalizzazione (trend conosciuto e ormai trasversale).
La figura del Sommelier al ristorante nasce proprio per portare la conoscenza del produttore sul proprio prodotto fino all’ultimo miglio, al consumatore, facendo quindi da ponte vivente, e consigliando quest’ultimo sui migliori abbinamenti e sulla storia che ogni etichetta porta con sé: storie spesso di famiglie, generazioni, passioni e terre vitate.
I vini italiani sono apprezzati in tutto il mondo proprio per queste storie, autentiche narrazioni che arricchiscono il valore del liquido versato nei bicchieri.
Tutti gli ultimi report e ricerche parlano di consumi che si spostano verso i segmenti premium, dove regna la qualità: è compito di ogni rivenditore, e non più quindi solo dei sommelier al ristorante, accompagnare questo spostamento dei consumi con proposte comunicative adeguate a supportare i clienti.”
E nell’ambito della GDO? David Ramirez conclude:
“Qualcosa si sta facendo anche in GDO, ma è ancora troppo poco.
Banalmente, ne gioverebbe l’intera filiera a partire da valori più alti e margini commerciali migliori - e potenzialmente anche l’ecosistema, considerando lavorazioni agricole e produzioni mirate a qualità migliori”.

 

 

 


ON/OFF FOR ENTREPRENEURS: GROWTH EDITION

di Francesca Cisternino
tempo di lettura: 3 minuti

Venerdì 2 Aprile, il team di Oikosmos ha partecipato al secondo incontro organizzato da Officine On/off dal titolo “On/off for Entrepreneurs: Growth edition" con Andrea R.Bifulco e Antonio Cellie. 

Se sei uno startupper, professionista o aspirante freelance non puoi non incuriosirti di fronte la realtà che Officine offre: una community collaborativa che promuove l’imprenditorialità, l’innovazione sociale e tecnologica del territorio. Uno spazio di coworking dove si condividono e valorizzano competenze professionali multidisciplinari.

Ad aprire l’incontro, dopo la presentazione di Marco D’Angelo, è Tiziana Benassi, la quale in rappresentanza del Comune di Parma ha parlato del progetto europeo “Ruggedised

“Parma è l’unica città italiana all’interno di questa partnership, con lo scopo di elaborare una smart city per mettere a sistema diverse competenze e iniziative”.

Benassi ci spiega l’importanza di creare un network tra i diversi protagonisti del settore ancor prima di fare sistema:

“L’ecosistema imprenditoriale si fa con le persone. Confrontare le esperienze professionali fa la differenza”.

A seguire, interviene Isabella Benecchi (Camera di commercio di Parma): “Ci sono dei presupposti specifici che consentono alla nuova impresa di avere la qualifica di start up innovativa”. Dopo aver acquisito questa denominazione, continua a spiegare Benecchi, si ha accesso a molteplici agevolazioni e benefici, tuttavia “non tutte le start up sono innovative ai fini italiani”. Inoltre, la Dirigente della Camera di Commercio di Parma ha puntualizzato sia l’importanza dell’iscrizione nel registro delle imprese, sia la nomina di un imprenditore: “Non c’è impresa senza imprenditore. Creare imprenditori di qualità è una missione incredibile e richiede un’attenzione permanente nei confronti delle persone”.

L’incontro continua con Andrea R. Bifulco che ci racconta la sua esperienza da insegnante e consulente, dopo aver lavorato per grandi aziende come Google e Vodafone: “Ho capito che non era il caso di fare il dipendente, lavorare per queste aziende mi ha dato gli strumenti da mettere nel mio bagaglio e continuare a fare esperienza”. Oggi Andrea oltre ad insegnare in prestigiose Università italiane e offrire consulenza ad imprenditori, start up e aziende per aiutarle nel growth hacking, organizza eventi per la più grande comunità di start up in Italia: Startup Grind Milano.  “Passo dal fintech ad un ecosistema di vernici, l’unica cosa che gli accomuna è supportarli nella crescita”-  conclude Bifulco che passa la parola ad Antonio Cellie, CEO di Fiere di Parma.

Di origini bolognesi, Cellie ci racconta quali sono le soft skills del “mestiere”, tra queste la capacità relazionale: “Le fiere sono un luogo che vende relazioni. Il segreto di qualsiasi mestiere è sviluppare capacità relazionali, perché solo così si può trovare la soluzione al problema. Se non avete questa capacità dovete trovarla”.

Per essere degli imprenditori, o ancor prima degli startupper è fondamentale avere familiarità con i bilanci e avere chiaro in mente la scalabilità dei ricavi, ci spiega il CEO.  Un altro tema importante trattato da Cellie è l’etica: L’approccio al cambio di governance è fondamentale. La biotech deve essere una scelta di natura etica affinché la governance diventi una soluzione di lungo periodo”.

La Growth Edition si conclude con l’intervento di due start up: A.G.M.A e IMMERSIO

La prima è una start up del territorio che - “si occupa di sviluppare applicazioni virtuali orientati”- ci spiega Matteo Calavieri, CEO di Immersio- Virtual Reality to Business.

“Il primo cliente l’abbiamo trovato prima di costituire la società. Siamo andati su ebay a cercare il primo visore e abbiamo trovato esperienze scaricabili da internet su cui fare demo”, Cavalieri continua dicendo – “Nel tempo abbiamo trovato partnership con degli sviluppatori, ma prima ci vedevamo come tali senza effettivamente esserlo”.

A raccontare la storia di A.G.M.A., start up innovativa parmigiana nata in ambiente univeristario, è il co-founder Lorenzo Sambo: Abbiamo creato un legame inorganico in grado di sostituire il cemento. E’costituito da materiali di scarti, è ecosostenibile, infatti riduciamo dell’80% le combustioni”.

Sambo ci permette di toccare con mano questo “mattoncino” più leggero del cemento e continua dicendo: “Riusciamo ad unire quello che è l’ecosostenibilità con un costo contenuto”.

Il secondo evento di Officine On/Off si conclude così: con uno scambio di consigli, sorrisi, e qualche nozione in più nel nostro bagaglio.

 

 

 


DALLARA ACADEMY

L’impresa può creare felicità?

di Francesca Bisi
tempo di lettura: 5 minuti
video BEST OF in fondo all'articolo

DALLARA ACADEMY


"L’impresa può creare felicità?"

Questo è il grande interrogativo che ha caratterizzato la giornata del 27 marzo in Dallara Academy in occasione della pubblicazione del libro “Creazione di lavoro nella stagione della quarta rivoluzione industriale. Il caso dell’Emilia-Romagna” a cura di Stefano Zamagni, docente di Economia Politica all’Università di Bologna e Adjunct Professor of International Political Economy alla Johns Hopkins University di Bologna, con la prefazione di Mons. Matteo Zuppi.

DALLARA ACADEMY

Il libro è nato dal bisogno di interpretare l’ambiente che ci circonda: l’avvento delle nuove tecnologie ha inevitabilmente cambiato “l’idea stessa di lavoro, le relazioni interpersonali, i modelli culturali, il rapporto uomo-natura” ed è compito dell’uomo saper reagire con saggezza. In particolare, il contesto di riferimento che prende in considerazione l’autore riguarda gli ultimi vent’anni in Emilia-Romagna e l’impatto della rivoluzione digitale nel mondo del lavoro.

“Dallara Academy nasce dall’idea che l’imprenditore vuole restituire al territorio parte di quello che gli ha dato”

Stefano Zamagni, Docente di Economia Politica dell'Università di Bologna

La scelta del luogo non è stata casuale perché Dallara è un esempio tangibile di un'impresa ad impatto sociale “che si cura di togliere i viluppi che impediscono alla società di crescere grazie ad un progetto di sviluppo in sinergia con il territorio”, ha spiegato Stefano Zamagni.

Nella giornata tanti sono stati gli ospiti che hanno partecipato alla discussione del libro tra cui Sara Rainieri, Pro Rettrice alla Didattica dell’Università di Parma, Giampaolo Dallara, Presidente di Dallara, Franco Mosconi, docente di Economia industriale all’Università di Parma e co-autore del volume, e Andrea Pontremoli, Amministratore delegato e Direttore generale di Dallara.

DALLARA ACADEMY
Da sinistra: Franco Mosconi, Andrea Pontremoli, Sara Rainieri, Stefano Zamagni, Giampaolo Dallara, Angelia Dallara

 

 

DALLARA ACADEMYIl primo intervento è stato fatto dal professore Franco Mosconi, che ha collaborato per la stesura del primo capitolo sulla manifattura, in cui ci ha parlato della vocazione dell’imprenditore come figura capace di seguire il bene comune e rendere accessibili a chiunque i beni di questo mondo.

Questa immagine di imprenditore prende vita proprio in Emilia-Romagna, grande area di manifattura avanzata che guarda ai mercati internazionali grazie alla forte struttura tecnologica costruita negli anni.

 

“È il lavoro che deve essere sempre pensato per l’uomo.”

Franco Mosconi, Docente di Economia Industriale all'Università degli Studi di Parma

 

Il lavoro si crea, lo creano le imprese e non si redistribuisce”, questa è una importante lezione che la regione Emilia-Romagna ha interpretato alla perfezione nella ricerca di un dialogo tra le reciproche competenze per trovare risposte efficaci e innovative per tutti.

DALLARA ACADEMYLa discussione poi è continuata con il Pro Rettore Sara Rainieri, in rappresentanza dell’Università degli Studi di Parma. La parola chiave per affrontare il mondo del lavoro è multidisciplinarietà per offrire agli studenti le giuste competenze per adattarsi alle sfide di questa rivoluzione che sta emergendo.

 

“È solo dialogando in maniera costante con le aziende che possiamo capire bene quali sono le competenze e i modi di formare i giovani.”

Sara Rainieri, Pro Rettore alla didattica dell'Università degli Studi di Parma

 

Sara Rainieri ha parlato del coraggio di non essere sempre tradizionalisti, ma di investire in verticale e Dallara è uno di questi esempi con la sua Academy che forma ogni giorno molti studenti.

 

DALLARA ACADEMYSul tema del lavoro si è poi soffermato l’ingegnere Giampaolo Dallara che ha raccontato l’evoluzione della società italiana in cui “le persone vivevano per sopravvivere” ad un futuro in cui prevedono “che l’uomo lavorerà l’1% del suo tempo”. Il grande problema è quello di garantire una dignità alle persone tramite il lavoro, “capire come organizzarlo in maniera diverso”.

 

Per Giampaolo Dallara sono i giovani che devono guidare questo cambiamento. È un invito a pensare in un altro modo a come potrebbe svilupparsi la società, ossia dove le persone si preoccupano degli ultimi e vivono il lavoro non solo come produzione di beni, ma anche al servizio della comunità.

 

“Il problema non è il tempo libero che avremo, il problema è il lavoro degli altri”

Giampaolo Dallara, Presidente e Fondatore Dallara

 

DALLARA ACADEMYLa parola poi è passata al CEO di Dallara, Andrea Pontremoli, che ha immediatamente constato la differente visione di obiettivi tra il manager e l’imprenditore: il primo lavora per gli obiettivi definiti dal consiglio di amministrazione, il secondo vede l’azienda come un “figlio”. L’imprenditore moderno deve poter creare un futuro dove “questo suo figlio stia sempre meglio”, pensando non solo al successo dell’azienda, ma anche al futuro del territorio dove opera.

 

“Strategia non vuol dire pensare adesso a quali decisioni dovremo prendere in futuro, ma vuol dire quali decisioni prendo adesso per cambiarlo.”

Andrea Pontremoli, CEO Dallara

Dallara con la sua Academy punta tutto sulle nuove generazioni con l’obiettivo di formarle e aiutarle a costruire le competenze necessarie a gestire e disegnare il futuro. Futuro che è il risultato delle nostre scelte, non di proiezioni matematiche, è un cambio di prospettiva in cui le persone diventano sempre più consapevoli che “il futuro più facile da predire è quello che provi a costruire”.

Infine, la giornata si è conclusa con l’intervento dell’autore del libro, Stefano Zamagni, che ha risposto all’interrogativo: “L’impresa può creare felicità?”.

DALLARA ACADEMYLa sua riflessione è partita dalla constatazione che c’è sempre di più una concezione “petrolifera” del lavoro: il lavoro assimilabile ad una miniera e al quale si può attingere al bisogno. Questo è un grave errore di valutazione perché non si cerca lavoro, il lavoro si crea. In Italia questa mentalità è frutto della concezione neo-statalistica, secondo cui è lo Stato che crea il lavoro, quando invece lo Stato deve favorire la creazione di lavoro da parte dell’impresa.

Per Zamagni un buon imprenditore deve avere tre caratteristiche: la propensione al rischio, la capacità di innovare e possedere l’arte della combinazione.

La prima non significa essere temerario, ma significa agire pur non sapendo dove andrà finire; la seconda parla dell’importanza di avere il coraggio di rompere gli schemi e di cercare sempre nuove soluzioni; infine, la terza è l’idea dell’imprenditore come un “direttore d’orchestra” che conosce i propri dipendenti e li sa mettere in armonia.

Anche il rapporto tra manager e imprenditore è un nodo cruciale: sono due figure diverse che rischiano spesso di entrare in conflitto e questo è una grave pericolo, in quanto devono imparare ad “andare alla stessa velocità” e lavorare in sinergia.

Che ruolo ha la scuola in questa trasformazione? Scuola e lavoro vengono troppo spesso poste come alternative, quando invece devono convergere. Ecco perché, secondo l’autore, bisogna tornare a parlare di educazione, partendo dalla fondamentale distinzione tra istruire ed educare. Istruire vuol dire mettere dentro la testa concetti, nozioni che crea soggetti sempre più bravi a risolvere problemi di scelta in cui si è chiamati a selezionare un’opzione tra tante di cui si conoscono tutte le caratteristiche. Educare invece è l’esatto contrario, significa tirare fuori le competenze che permettono di essere inserirti nella realtà e risolvere problemi di decisione in cui non si sanno le caratteristiche delle opzioni che si hanno di fronte. L’università deve tornare ad avere compiti educativi, non solo istruttivi.

Questo è stato l’obiettivo della ricerca che ha portato alla stesura di questo libro: capire come l’impresa civile può operare al meglio nel territorio. Non basta occuparsi di far funzionare bene l’azienda, ma essa deve preoccuparsi anche che nel territorio ci sia un progetto di sviluppo umano integrato, questa dovrebbe essere la sua vera missione.

DALLARA ACADEMY

L’impresa può quindi creare felicità? Si, può farlo se l’impresa diventa il luogo “dove si forma il carattere umano e ha di mira la felicità delle persone che ci lavorano e del contesto circostante”.

L’impresa non deve operare in un “deserto sociale": nel crescere deve considerare non solo la dimensione quantitativa, ma anche quella spirituale. Lo scopo di fare impresa è “consentire alle persone di fiorire, sbocciare”.

“Quando il sole tramonta, quando le cose si fanno difficili, non piangere. Perché le lacrime ti impedirebbero di vedere le stelle.”

Rabindranath Tagore, Premio Nobel per la letteratura nel 1913

Una di queste stelle è proprio “il network delle imprese che rappresentano il modello della via Emilia” conclude Stefano Zamagni.

 

Vuoi ripercorrere i momenti salienti della giornata? ecco qui il video "BEST OF":

https://youtu.be/bBtHYBZ6sdg

 


INSIDE DIGITAL ERA

di Manuela Fiku

Fin dall'antichità l'uomo ha avuto bisogno di sviluppare strumenti per risolvere un problema o migliorare un aspetto della propria vita quotidiana.

Da sempre quindi la tecnologia si intreccia con la storia della civiltà, determinandone tradizioni, cultura e modi di procedere.

Oggi però il progresso incalza a ritmi mai visti prima e guida le nostre vite. Se prima volevamo elimiare gli sforzi, oggi vogliamo essere potenziati. Cambiano le esigenze, cambiano gli obiettivi.

Esattamente 30 anni fa nasceva il world wide web. Da allora di cose ne sono successe.

Le nostre scelte vanno di pari passo con gli algoritmi che decidono cosa dovremmo vedere e analizzano quello che facciamo. Nel peggiore dei casi, non possiamo nemmeno abbassare i nostri dispositivi perché abbiamo perso la nostra capacità di resistere.

Tutto continua a cambiare e ad evolversi attraverso la digital transformation che richiede nuove skills per il futuro.

Sentiamo spesso parlare di User Experience, Growth Hacking, Startup, Criptovalute...
Ma cosa sono esattamente? Quali sono gli sbocchi lavorativi? Quali sono le competenze richieste?

Oikosmos è dunque lieta di presentare INSIDE DIGITAL ERA, un progetto che ci sta molto a cuore, un ciclo di seminari tutto incentrato sul digital che tocca vari ambiti del mondo economico.

Come si inserisce il digital in amministrazione aziendale? In finanza? In Marketing? A livello internazionale?
Con testimoni d'eccezione provenienti da aziende importanti abbiamo quindi deciso di portare il digitale nel Dipartimento di Economia.

Perchè?

Perchè siamo nati come webTV e quindi il digitale fa parte del nostro dna.

Perchè la tecnologia non è qualcosa che ci capita, è qualcosa che scegliamo di creare e, nel nostro piccolo, è qualcosa che cerchiamo di capire.

Perchè solo attraverso la conoscenza possiamo costruire il futuro che vogliamo.

Perchè siamo INSIDE DIGITAL ERA

#StayTuned #StayIDE #IDE2019

 

 

 


ON/OFF FOR ENTREPRENEURS | LUIGI GALIMBERTI E MASSIMO AMBANELLI

di Anna Lo Coco
tempo di lettura: 3 minuti

Martedì 5 maggio si è svolto il primo incontro di “On/Off for Entrepreneurs”, un ciclo di eventi che ci vede come partner, in cui si è discusso di imprenditorialità nel settore food e agroalimentare. Protagonisti? Luigi Galimberti CEO di SferaMassimo Ambanelli CEO di HiFOOD e Marco D'angelo Fouder di Project Mii.

Le Officine On/Off possiamo intenderle come una community collaborativa che promuovono l’autoimprenditorialità, mettendo a disposizione dei veri e propri spazi di co-working e un laboratorio di fabbricazione digitale.

L’evento inizia con dei brevi saluti da parte di alcuni collaboratori:

"Digital Innovation Hub ha una missione semplice: l'innovazione attraverso la trasformazione digitale”.

Roberto Buratti – Unione Parmense Industriali

"L'idea imprenditoriale è anche una zona di fallimento del mercato. Su 100 idee, magari al mercato ne arrivano due, ed è per questo che l'attore pubblico deve dare il giusto supporto".

Alain Marenghi – Aster-AreaS3

Continuano i saluti con Vittorio Cavani (Giovani Imprenditori) e Davide Bezzecchi (Project manager di UPIDEA) che aiutano le imprese a crescere e fungono da ponte tra le nuove start up e le aziende di confindustria.

Ma entriamo nel vivo dell’evento, prende la parola Luigi Galimberti, fondatore della start up “SFERA”, che esordisce raccontando la sua storia personale.

Un racconto particolare quello di Galimberti, che dopo un fallimento, una crisi profonda, decide di partire da se stesso, cercando di capire chi è e cosa sapesse fare.

Quasi per caso partecipa ad un convegno che lo rende consapevole dei problemi dell’agricoltura. Decide, così, di ripescare un’idea e in poco tempo, precisamente nel 2015, nasce SFERA.

Le startup non nascono da buone idee... Nascono da bisogni reali”.

Galimberti – Fondatore di SFERA

SFERA AGRICOLA” è azienda Toscana composta da una serra attiva, che permette la crescita di ortaggi in condizioni ottimali, indipendentemente dalle condizioni metereologiche.

L’idea nasce dalla sofisticazione dei bisogni del consumatore che sono sempre più attenti alla provenienza degli ortaggi.

Nasce con “SFERA” il primo pomodoro al mondo Nichel Free, privo di metalli pesanti che soddisfa una buona parte della clientela femminile allergica.

"Una volta si moriva di fame, oggi si muore per quello che si mangia. Il cibo oggi ha troppe sostanze chimiche, ed è diventato pericoloso".

Luigi Galimberti – Fondatore di SFERA

Tre sono le parole chiave di SFERA: servizio, velocità e trasparenza.

Galimberti si sofferma anche sulla Digital Trasformation affermando che l’innovazione di Sfera è un’innovazione di processo e che, in realtà, tutto sta nel mindset e nel saperlo trasmettere.

Successivamente prende la parola Massimo Ambanelli, co-fondatore di “HI-FOOD”.

Anche Ambanelli esordisce con la propria storia personale, viaggia molto, frequenta un Master negli USA. È lì che inizia a parlare delle mancanze del settore alimentare, ma soprattutto è lì che cambia il suo pensiero.

“In Italia ci insegnano che c’è sempre qualcuno più bravo di te”.

Massimo Ambanelli - Co fondatore di HI-FOOD”

Durante il suo racconto Ambanelli si sofferma sul concetto di “TEAM”, specificando che è semplice sbagliare, ma che da soli è difficile riprendersi, mentre in team è facile cambiare rotta. Bisogna, inoltre, crederci tanto per riuscire ad assumersi dei rischi e durare.

Sottolinea ancora una volta l’importanza di creare rete:

"Se un’idea è valida sta in piedi da sola; bisogna condividerla quanto più possibile per creare le condizioni tali da farla rendere al massimo”.

Massimo Ambanelli- Co fondatore di HI-FOOD

HI-FOOD è un motore di innovazione che utilizza l'innovazione per creare ingredienti naturali potenziandoli con funzionalità tecnologiche. Assurdo? Non per HiFOOD.

Guidata dalla ricerca e dallo sviluppo, l’azienda, nata nel 2012, si focalizza sul free from diventando un supporto fondamentale per prodotti con un alto contenuto di innovazione e conoscenza.

Tanti i casi in cui HI-FOOD interviene, tra quisti l'utilizzo di un’economia circolare utilizzando le crusche per estrarre delle proteine dagli scarti.

A guidare il confronto Marco D'Angelo, marketer e startupper appassionato di tecnologia, founder di PROJECT MII, startup che opera in ambito Blockchain e filiera agroalimentare.

A concludere questo incontro di digital e food ma soprattutto imprenditoria intervengono i founder di due startup: Alessandro Candiani, fondatore di DNA-PHONE, piattaforma per la ricerca chimica, e Angela Montanari, fondatrice di TOMAPAINT , startup che dagli scarti del pomodoro estrae la bioresina da applicare nei contenitori creando così vernici.

“Mi piace unire il concetto di bellezza a quello della passione. Quando si fa qualcosa con la giusta passione deve per forza uscire qualcosa di bello”.

Alessandro Candiani – fondatore di DNAPhone


TOP500 Parma

TOP500 PARMA

di Alessia Pizzuti

Dopo il grande successo delle precedenti edizioni, arriva puntuale l’evento TOP500: le imprese di Parma e provincia, un’iniziativa realizzata da Gazzetta di Parma insieme a Pwc ed Università di Parma, con il patrocinio dell’Unione Parmense degli Industriali e dell’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili di Parma ed in collaborazione con “Parma, io ci sto!”.

TOP500 Parma

Top500 arriva così alla sua quarta edizione allo scopo di offrire uno strumento di riflessione generale e approfondita intorno all'economia del territorio e a come sta cambiando il tessuto imprenditoriale parmense. Si conferma all’unisono che il principale driver del cambiamento tipico di questo pezzo di Via Emilia sia la trasformazione tecnologica, o, come meglio siamo abituati a riconoscere, Digital Transformation, che conduce le aziende a nuove prospettive di gestione, comunicazione e fidelizzazione con il cliente. Nel rapporto cartaceo distribuito da Gazzetta di Parma, emergono i principali leader di tutti i settori industriali che, grazie alla rivoluzione digitale, stanno plasmando i loro modelli di business confermando la tendenza che tali percorsi non rappresentano più una opzione quanto una necessità per la crescita.

Dopo una breve introduzione, si inquadra il contesto di riferimento.

Come testimoniano le indagini sul campo, lo stato di salute dell’economia parmense appare buono, migliore rispetto la media nazionale. I dati si riferiscono al 2017, in crescita anche gli utili soprattutto per i settori di alimentare, meccanica e chimica che trainano l’esportazione.

“Il 2017 è stato un ottimo anno, nel 2018 segnali un pò complicati, inizio 2019 si prevede complicato ma quello che viene reso oggi è una fotografia di tutti i comparti industriali in termini di forza e capaci di affrontare questo periodo di rallentamento con estrema determinazione.”

Annalisa Sassi, Presidente UPI

Nonostante si definisca uno scenario complesso con cui l’Italia e il nostro territorio devono confrontarsi, dovuta ad esempio al rischio della Brexit, l’export rimane una scelta strategica verso cui orientare le risorse. Secondo l’analisi del Presidente UPI, i punti di forza del Made in Parma che generano valore sono da attribuirsi allo stimolo tecnologico e all’ Industria 4.0 che hanno innescato la ripresa degli investimenti interni; in più Parma beneficia non solo dell’insita presenza di leader mondiali quanto anche l’essere vetrina stessa e internazionale per l’alimentare d’eccellenza con iniziative come Cibus, che ogni anno riesce a superare i risultati precedenti in ottica sempre ottimistica.

Ad un’attenta analisi, ad influenzare negativamente la complessità economica del territorio e ancora meglio a livello nazionale, sono i troppi fattori critici che cozzano con gli obiettivi evolutivi.

“Digitale in ambito contabile? Basta pensare alla fatturazione elettronica”

È così che risponde Emanuele Favero, Presidente dell’ordine dei commercialisti di Parma, spiegando che le troppe criticità alla semplificazione del sistema, potrebbero essere risolte attraverso l’avvio alla fatturazione elettronica per coinvolgere tutti gli attori del sistema.

Dopo un iniziale dipinto del quadro generale, l’incontro si struttura in due principali momenti.

Il primo, piuttosto analitico, che prevede l’analisi redatta dall’ Università di Parma a cura della Prof.ssa Veronica Tibiletti e il prof. Pier Luigi Marchini dove vengono descritti i bilanci e le performance delle imprese meglio classificate.

TOP500 Parma

Dopo una prima introduzione ai valori dimensionali aziendali, sulla redditività e sul rischio finanziario, Pier Luigi Marchini mostra l’analisi dei valori aggregati per il 2017

“L’economia del parmense si è inserita nel trend di crescita dimensionale che ha contraddistinto l’economia nazionale e regionale, contribuendo in gran parte, a propria volta, a favorirne lo sviluppo”

Pier Luigi Marchini, Professore Associato del Dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell'Università degli Studi di Parma

In sostanza, le imprese sono cresciute, si sono sviluppate, ma il loro rendimento nel 2017 è stato inferiore rispetto all’anno precedente. Nonostante ciò, le imprese mostrano la loro straordinaria capacità di coprire gli oneri finanziari dell’esercizio precedente (il 2016) raggiungendo un valore complessivo dei ricavi di 25,1 miliardi di euro, con una crescita del 10%. Un aspetto di particolare rilievo riguarda l’incremento del numero di dipendenti; complessivamente infatti, tra sedi italiane ed estere, le prime 500 imprese di Parma e provincia hanno occupato un numero di dipendenti pari a 84.336 unità, con un incremento del 6% rispetto l’anno precedente.

E la digital transformation? Secondo Massimo Bonacci di Pwc, le tecnologie più impattanti sono 250, ma possono essere riassunte nelle essential eight” che hanno già oggi un impatto significativo sui modelli di business delle aziende: intelligenza artificiale, realtà aumentata, blockchain, droni, internet delle cose, robot, realtà virtuale e stampa 3D.

“La trasformazione digitale va vista integrata con quelli che sono gli elementi tipici d’azienda”

e ancora

“La ricetta per garantire oggi il successo d’azienda sono buon capitale umano e investimenti in tecnologie che valorizzino la componente operativa”

Massimo Bonacci, Pwc

Dobbiamo però tenere a mente che investire in una sola di queste tecnologie non è senz’altro sufficiente per guidare la propria crescita, in quanto è già all’orizzonte una nuova onda di innovazione tecnologica creata proprio dall’ integrazione di queste 8 tecnologie di base. La rivoluzione digitale consentirà all’impresa di integrare i processi e offrirà allo stesso modo opportunità di ulteriore sviluppo. In questo ecosistema assumono particolare importanza anche le idee, fino al lancio sul mercato delle stesse. L’ innovazione diventa così disciplina d’azienda per una digital transformation di successo e allo stesso tempo uno strumento che interessa l’intera filiera del prodotto, in grado di tracciare e soprattutto controllare il prodotto e la sua storia.

Dopo l’analisi e l’introduzione al tema segue il dibattito della tavola rotonda che, preceduta da un video, mette in mostra esperienze a confronto tra personaggi di spicco dell’ecosistema economico di riferimento, a cui partecipano Marco Ciscato, Managing Director di Maps SpA; Filippo Casappa, Amministratore Delegato di Casappa SpA; Andrea Chiesi, direttore R&D Portfolio Management di Chiesi Farmaceutici e Fabrizio Storti, Pro Rettore con la delega per la Terza Missione dell’Università di Parma; moderati da Veronica Tibiletti, Professore Associato del Dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell’Università di Parma.

TOP500 Parma

“Digital transformation non significa solo trasformazioni di tipo digitale di modelli di business ma anche trasformazione culturale”

Andrea Chiesi, direttore R&D Portfolio Management di Chiesi Farmaceutici

È questo lo spunto di riflessione che anima la discussione e a cui tutti i partecipanti aderiscono. Lo stesso Fabrizio Storti, Pro Rettore con la delega per la Terza Missione dell’Università di Parma, spiega che da anni la nostra Università incentiva la nascita e la crescita di imprenditorialità innovativa basata sul giusto mix docenti-ex studenti, fornendo spazi e servizi. Il trasferimento tecnologicoco stituisce l’elemento predominante della “terza Missione” che dota l’ateneo di 7 centri di ricerca industriali accreditati presso la Rete Alta Tecnologia dell’Emilia Romagna per la continua realizzazione di nuovi progetti condotti simultaneamente alle aziende leader nei settori con le quali, altresì, è prevista la condivisione di laboratori e strumentazioni utili agli obiettivi di ricerca. L’Università di Parma diventa in questo modo un riferimento proattivo nel rispetto del territorio, delle singole ambizioni imprenditoriali e necessariamente del modello emiliano.

Tanti dunque gli spunti da cui ripartire, ma soprattutto tanta la consapevolezza. Perché come ha ribadito Marco Ciscato:

“Bisogna essere consapevoli che con la Digital Transformation si può fare del cambiamento, ma bisogna crederci in questo cambiamento, anche in termini imprenditoriali”

Marco Ciscato, Managing Director di Maps SpA

 

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DIGITAL TRASFORMATION E 5G: IL FUTURO DEL BUSINESS AD ALTA VELOCITÀ

di Omar Ciaccio
tempo di lettura: 3 minuti

Quarta rivoluzione industriale, Digital Trasformation, 5G: non sono solo semplici parole, ma flussi che viaggiano in una sola direzione, quella del futuro e che ad oggi si insediano nell’idea di Governance dei più grandi modelli di business.

Per spiegare meglio il termine di Industria 4.0, Roland Berger nel citatissimo studio «INDUSTRY 4.0 The new industrial revolution. How Europe will succeed» afferma

"The Internet is combining with intelligent machines, system production and processes to form a sophisticated network."

indicando così l'unione di mondo fisico e mondo virtuale che si concretizza in macchine intelligenti, sistemi di produzione e processi per creare un mercato sofisticato basato su tecnologie abilitanti.

Ci troviamo ai fasti della grande era del consumismo e agli arbori dell’era della personalizzazione, degli innumerevoli servizi e di un’economia ciclica, dove la velocita di comunicazione ha la priorità per garantire uno sviluppo esponenziale.

Per fortuna il futuro ci offre una soluzione, un mezzo che garantirà di certo l’evoluzione tecnologica con grande velocità e precisione, questo mezzo è il 5G. Prima di tutto bisogna chiedersi cos’è e come questo favorirà tutto ciò. Il suo standard è ancora in via di definizione, ma già si sa che cambierà come mai prima d’ora il mondo delle telecomunicazioni. Come afferma Economy Up:

"il 5G, con una banda teorica da 100 Mbps a 10 Gbps, un consumo di energia ridotto, un tempo di latenza diminuito enormemente e un’affidabilità senza precedenti, sarà la rete che connetterà il mondo di domani. Il 5G garantisce una velocità di trasmissione dati elevatissima"

In questo modo sarà possibile lo sviluppo di nuove tecnologie che necessitano di altissima velocità nella trasmissione di Big Data: si tratta di tecnologie che si basano proprio sull’immediatezza di risposta per evitare collisioni. Semplicemente un Internet sempre più veloce per consentire di trasferire, in modo rapido, enormi quantità di dati. Il potenziale di questa tecnologia ambisce ad abbracciare qualsiasi aspetto della comunicazione odierna, tra gli uomini e le macchine, ma soprattutto tra macchine e macchine. Molte aziende ad oggi hanno già iniziato a progredire nell’utilizzo della tecnologia automatizzata nella produzione, nella comunicazione e nella continua offerta di nuovi servizi. Come spiega Economy up

"Banda e velocità di connessione maggiori porteranno grandi vantaggi alle industrie, che vedranno la piena realizzazione delle smart factories, cioè delle fabbriche intelligenti, in cui gli impianti di produzione saranno pienamente automatizzati, con l’ingresso del 5G nelle fabbriche, si prospetta la trasformazione dell’intera sfera produttiva attraverso la convergenza delle tecnologie digitali e di internet con l’industria tradizionale, fondendo l’Operational Technology (OT) e la Information Technology (IT) in un sistema comune che consenta la completa digitalizzazione dei processi aziendali e di produzione"

Tale cambiamento coinvolgerà la progettazione, la produzione, la conduzione degli impianti e i processi di manutenzione degli stessi, aumentando l’efficienza della produzione, favorendo la semplificazione del lavoro dei dipendenti con nuova strumentazione avanzata.

Insomma, si potrebbero consumare innumerevoli righe per descrivere questa nuova rivoluzione, ma l’obbiettivo di questa analisi non deve semplicemente essere soltanto la comprensione, bensì uno spunto per porsi nuove domande.
Immaginate un mondo dove le auto si muovano in completa autonomia e comunicano tra di esse, immaginate città che come delle onde nel mare si muovono in piena sinergia calcolando al millesimo di secondo lo spostamento di mezzi o la semplice illuminazione urbana, immaginate di poter esplorare le più lontane parti del modo virtualmente, in compagnia di altre persone, grazie a mappe che interagiscono con voi in realtà aumentata. Voi lo state immaginando? “Beh se lo state immaginando allora è probabile che siate già rimasti indietro


INDUSTRIA 4.0

L'APPROCCIO TEDESCO ALLA QUARTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE E L'ESPERIENZA LUNGO LA VIA EMILIA

di Francesca Bisi

Mercoledì 13 febbraio nell’Aula K16 del Polo didattico Kennedy-D’Azeglio dell’Ateneo si è svolto il seminario di studi Industria 4.0: l’approccio tedesco alla quarta rivoluzione industriale e l’esperienza lungo la Via Emilia, organizzato dalla Cattedra Jean Monnet dell’Università di Parma e dalla Rappresentanza della Fondazione-Konrad-Adenauer in Italia.

La giornata si è aperta con gli indirizzi di saluto di Paolo Andrei, Rettore dell’Università di Parma, di Laura Pineschi, Presidente Centro Studi in Affari Europei e Internazionali dell’Università di Parma e Caroline Kanter, Direttrice Konrad-Adenaeur-Stiftung Italia.

Dopo che la Dottoressa Laura Pineschi ha parlato dell’importanza di ritrovare un’Europa che sappia dialogare, in un periodo in cui sembrano emergerne solo gli aspetti negativi, per avanzare verso nuovi modelli fondamentali per la crescita economica, la Direttrice Caroline Kanter si è soffermata sulla ricerca e l’importanza della formazione delle nuove generazioni. Il processo di digitalizzazione non deve essere percepito con timore, ma come opportunità: Germania e Italia si stanno sempre di più riavvicinando con un impegno comune per le sfide finanziarie e commerciali per la crescita economica poiché “L’Europa è la chiave che ci rende competitivi”.

“La nostra fondazione crede nella ricerca e nella formazione del nuove generazioni”

La giornata si è composta di tre sessioni.

La prima sessione è iniziata con l’introduzione a cura di Franco Mosconi, titolare della Cattedra Jean Monnet in Economia Industriale Europea e responsabile scientifico del Seminario. Il professor Mosconi ha spiegato come è nata l’idea di questo seminario congiunto italo-tedesco: “La robusta base manifatturiera e la spiccata propensione all’export rendono l’Emilia-Romagna assai simile, nella sua struttura economica di fondo, ai grandi Länder manifatturieri tedeschi, a cominciare dal Baden-Württemberg. In particolare, Emilia-Romagna e Veneto si contendono la palma della regione più manifatturiera. Tuttavia, la base tecnologica emiliana è maggiore rispetto a quella veneta."

“C’è sempre qualcosa da fare e migliorare: investimenti in R&S. Un paese che investe una fetta di torta importante in R&S pensa al domani e al dopodomani”

Infatti, l’Emilia-Romagna detiene il record italiano delle esportazioni pro-capite, ma deve investire di più in R&S. Laboratori, aziende e Università sono un elemento chiave per questo sviluppo.

La parola poi è passata a Giovanni Notarnicola, Associate Partner di Porsche Consulting, che è entrato nel cuore del seminario trattando “La ricetta per una trasformazione di successo nell’era digitale” secondo il paradigma dell’Industria 4.0. Il suo intervento è iniziato con la storia della Porsche, nata con la volontà di costruire l’auto dei sogni nel Dopoguerra, seguita da una forte crisi negli anni ’90 che ne ha messo in discussione le basi. La rinascita è avvenuta con la fondazione di una società di consulenza il cui obiettivo è di migliorare la capacità di anticipare i cambiamenti, qualità ormai indispensabile per i manager di oggi.

“Porsche non è più solo un prodotto. Da automobile si sta estendendo a numerosi altri servizi”

Porsche è diventata un’azienda di mobilità in cui bisogna vedere tutto ciò che sta intorno all’automobile, comprese le possibili minacce, la cui trasformazione deve puntare sull’aumento del valore, della crescita e della digitalizzazione.

“Una crisi che ti mette in ginocchio ti dà in futuro la capacità di anticipare i cambiamenti, qualità che magari le nuove aziende di oggi non hanno”

Sfida ardua, ma riuscire a fare cose nuove mentre si continuano a fare quelle tradizionali è la base di questa sfida”.

La seconda sessione è proseguita con le testimonianze di tre eccellenze produttive emiliano-romagnole - Barilla, Automobili Lamborghini, System Ceramics - rappresentate, rispettivamente, da Antonio Copercini (Chief Supply Chain Officer), Ranieri Niccoli (Chief Manufacturing Officer) e Franco Stefani (Chairman).

Ognuno di loro ci ha raccontato la sua interpretazione di Industry 4.0.

Antonio Copercini, partendo dell’origine dell’innovazione che ritrova negli scrittori di fantascienza, capaci di immaginare macchine intelligenti e robot in grado di interagire tra loro.

"Uno dei pensieri forti che abbiamo in azienda è che il futuro non deve essere qualcosa che accadrà; il futuro è oggi"

Cosa c’entra tutto questo con Barilla? C’entra moltissimo” Per Barilla è fondamentale che avvenga il passaggio dalle tecnologie dei film fantascientifici a quelle reali, che possono essere utili e abilitanti.

Ranieri Niccoli ha raccontato della crescita di Lamborghini grazie all’acquisizione da parte del gruppo Audi-Volskwagen che ha permesso la nascita del progetto Urus nello stabilimento di Sant’Agata a Bologna.

“Il Dna della sfida e dell’innovazione è rimasto dentro il marchio fin dalla sua nascita”

Da allora è partito un processo di trasformazione che nel tempo ha fatto di Lamborghini un esempio di industria 4.0, o di “manifattura 4.0” come ha affermato Niccoli, in cui applichiamo paradigmi di digitalizzazione all’artigianalità, fondendo manualità e innovazione attraverso la sostenibilità, la flessibilità e la modularità dei processi produttivi”.

Franco Stefani parla di “Modula” come iniziativa innovativa di intra logistica, un chiaro esempio di integrazione verso i nuovi sistemi digitali.

“Ho sempre voluto esplorare nuovi mondi, nuovi mercati. Esplorare cose nuove è bellissimo, quando si riesce a creare qualcosa di nuovo è ancora più bello.”

Modula è un esempio di Industria 4.0 grazie all’applicazione di “Internet of Things” che permette di collegare in modo rapido tra loro macchine e uomini attraverso una rete virtuale con l’obiettivo di scambiarsi informazioni rilevanti sui prodotti e sul mercato.

La terza sessione ha avuto come oggetto il confronto fra il “modello di capitalismo tedesco”, conosciuto in tutto il mondo, e quello che anche nella letteratura economica internazionale è noto come “modello emiliano”. Il tema è stato affrontato grazie all’intervento di Patrizio Bianchi, Assessore della Regione Emilia-Romagna al Coordinamento delle politiche europee allo sviluppo, università, ricerca e lavoro, Peter Kurth, Presidente BDE, Federation of the German Waste, Water and Raw Materials Management Industry ed Erwin Rauhe, Presidente della Camera di Commercio Italo-Germanica.

Patrizio Bianchi ha spiegato il forte interesse della Germania verso le aziende italiane perché “ci sono competenze che non ci sono da altre parti”, nonostante l’interscambio tra Emilia-Romagna e Germania sia ancora troppo basso.

“Mai nella storia dell’umanità abbiamo avuto tanta potenzialità scientifica come in questo momento. Ma mai abbiamo avuto tanti problemi come quelli che abbiamo oggi.”

Ci sono però tanti casi di successo come ad esempio Chiesi che rappresenta la dimostrazione fondamentale del passaggio 4.0 dalla medicina alla terapia.

I tre temi cruciali della vita della nostra società sono educazione, crescita ed eguaglianza. Il 4.0 è passare dal volume al valore. L’asse Italia-Germania-Spagna-Francia deve mettere al centro le Università.

Per Peter Kurth comprendere l’industria 4.0 vuol dire sfruttare le risorse, non consumarle.

“Per creare un’economia circolare ci serve uno stato forte che formuli leggi chiare e obiettivi ambiziosi”

È necessario lo sviluppo di un’economia ambientale che sappia raggiungere risultati nel lungo termine, non solo per la Germania, ma con una prospettiva europea e mondiale.

“Industria 4.0 vuol dire creare un’economia da lasciare in eredità ai nostri figli”

Erwin Rahue ha seguito l’onda di Kurth affermando la necessità di andare sempre di più verso processi di economia circolare in cui la manifattura deve essere la forza trainante per trovare modelli compatibili con l’industria e con l’ambiente all’insegna della Green Economy.

“Sono fiducioso sugli investimenti delle aziende. Non c’è un grande rallentamento economico, ma un grande interesse delle aziende italiane”

La conclusione del seminario è stata tenuta da Romano Prodi, Presidente della Fondazione per la Collaborazione tra i popoli e già Professore ordinario di Economia e Politica Industriale presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna.

Il professor Prodi ha raccontato come lo sviluppo italiano si sia ispirato a quello tedesco per cui anche nel modello emiliano troviamo molte imprese ben collegate anche se di modesta importanza.

“Il modello Emiliano è un esempio di forza economica dove piccoli pezzi collegati efficacemente creano una grande struttura"

Sia Italia che Germania hanno però un punto debole: vi è scarsa manodopera specializzata e se “ottimizziamo le nostre diversità e massimizziamo le nostre capacità possiamo fare molto progressi in avanti”.

 

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INSTAGRAM E SHOPPING: ARRIVANO 3 NUOVE FUNZIONI

di Federica Montalbano
tempo di lettura: 2 minuti

Nella settimana più frenetica dell’anno per quanto riguarda gli acquisti, Instagram lancia tre nuove funzioni per lo shopping che renderanno più visibili i prodotti che i profili Business vogliono promuovere.

Il Black Friday è il giorno più atteso per tutte le attività commerciali, online e offline, è una giornata di shopping sfrenato a caccia dell’acquisto perfetto prima dei grandi saldi invernali.

Instagram non poteva perdere l’occasione per ricordare ai suoi utenti che oltre ad essere una piattaforma di condivisione di esperienze ed immagini è anche una piattaforma di business.

Fra le nuove funzioni di Instagram vi è la lista acquisti. Con questa nuova feature gli utenti avranno un’opzione simile a quella dei siti degli acquisiti online, potendo salvare i prodotti che gli interessano.

Ma come funziona? Semplicemente, basta toccare il tag di un prodotto in una storia o in post del proprio feed. Attraverso l’icona di salvataggio nell’angolo in basso a destra dell’immagine vi sarà l’opzione “Salva in acquisti”. In questo modo l’user potrà accedere alla raccolta acquisti dal proprio profilo sfogliando gli elementi salvati.

Un’altra funzione è acquista tramite video. In questo modo sarà possibile acquistare i prodotti direttamente dai video, grazie al pulsante shopping posto nell’angolo in basso a sinistra del video stesso. Premendo il pulsante si potranno visualizzare i prodotti sponsorizzati, il loro prezzo e accedere alla scheda prodotti che fornirà una descrizione più accurata.

Inoltre, i profili Business avranno una sezione Shopping in cui mostrare i prodotti, totalmente rinnovata. Con ciò si punta a facilitare la visione di tutti i prodotti presenti all’interno di un post, di un video o di una storia. Attraverso questa funzione gli utenti potranno sfogliare l’intero catalogo dell’azienda che ha chiesto la sponsorizzazione. La sezione del negozio includerà un feed di immagini dei prodotti sulle quali è possibile fare clic per visualizzare le informazioni.

In questo modo Instagram da vetrina fotografica diventa una vetrina per i rivenditori i quali possono liberamente mostrare i loro prodotti senza effettuare molti sforzi. Tutte queste funzioni così intuitive per l’utente alla fine non sono altro che soluzioni pratiche per apportare benefici ai marchi rendendo ancor più visibile il loro portafoglio prodotti.

 


strategy funnel marketing

ALLA BASE DEL FUNNEL MARKETING

di Mario Francese
tempo di lettura: 3 minuti

Il mondo, oggigiorno, si evolve molto velocemente, e con lui anche tutti noi.

Siamo quotidianamente bombardati da advertising, pubblicità varie, sistemi di vendita più o meno efficaci, e questo ci porta passivamente ad “abituarci”, nel corso del tempo, alle strategie del mercato, seppur senza conoscerle.

Il Marketing è, nel business, l’elemento che si evolve più velocemente di tutti, proprio per rispondere in maniera efficace al nostro adattamento.

Uno dei sistemi di Marketing più efficaci attualmente è sicuramente il Funnel Marketing. Ma che cos’è esattamente?

Il Funnel Marketing è un approccio di marketing finalizzato alla generazione di contatti, alla loro conversione e alla loro fidelizzazione con il fine di aumentarne il Life Time Value.

Ciò significa, per i “non addetti ai lavori”, creare contatti e trasformarli in clienti che spendano ripetutamente presso la nostra azienda.

Ma l’elemento fondamentale che distingue il funnel marketing dalle altre strategie è uno: è un sistema. La maggior parte delle aziende ha un’attività di marketing online finalizzata solo alla sponsorizzazione: pagano per farsi vedere sui social o sui motori di ricerca. Ma questo senza generare contatti, senza vendere, senza coinvolgere l’utente. La differenza tra un’azienda “normale” e un’azienda che applica il funnel marketing è che la prima gode solo di presenza online, la seconda ha attivo un sistema.

Il Posizionamento 

Prima di sviluppare un funnel, l’azienda deve avere chiaro il proprio Posizionamento. Questo significa conoscere il proprio cliente ideale, le sue abitudini, i suoi bisogni, dove vive, per cosa pagherebbe. Senza conoscere il proprio cliente, un’azienda “spara nel mucchio”. È fondamentale invece essere dei cecchini, per ottimizzare ogni singolo euro investito nel marketing.

Successivamente, bisogna conoscere i propri concorrenti: cosa offrono? A chi si rivolgono? Che bisogni soddisfano?

Infine, l’impresa deve sapersi distinguere. Deve quindi chiedersi “Cosa succede acquistando il mio servizio? Cosa faccio di diverso rispetto alla concorrenza? Cosa si perde il cliente che non acquista presso di me?”

Questi sono processi fondamentali per iniziare a sviluppare un proprio sistema.

La Strategia

Il secondo aspetto da considerare è la Strategia: qual è il mio core product? Come posso accompagnare il mio cliente verso l’acquisto del mio prodotto? Come posso fare up-selling e cross-selling? Come posso monetizzare da ogni singolo cliente? 

La strategia prevede la costruzione di una “mappa” che rappresenti l’intero ecosistema di prodotti che posso offrire al mio cliente ideale, con il fine di massimizzare le mie entrate.

La Big Idea

Il terzo passo consiste nel definire la Big Idea: la promessa che offro al mio cliente, la trasformazione che gli garantisco tramite il mio meccanismo. Deve essere veicolata attraverso un messaggio originale che incuriosisca il mio cliente.

Marketing Storyboard

Per veicolare il mio messaggio in maniera efficace, entra in gioco il quarto elemento: Marketing Storyboard. Questo consiste nella “storia” che accompagna il mio utente ad acquisire consapevolezza e che lo converta da contatto a cliente pagante.

L'offerta

La consapevolezza crescente del mio utente trascina quest’ultimo a desiderare il mio prodotto o servizio, lasciando spazio al quinto aspetto chiave: l’Offerta. La mia offerta è ciò che mi garantisce la conversione del contatto in cliente.

Questi aspetti sono chiaramente da modellare in base all’azienda che adotta il sistema. Va da sé che il Funnel Marketing può essere applicato praticamente in ogni business, il che è l’elemento più interessante e che dimostra la sua efficacia.