L’impresa può creare felicità?
di Francesca Bisi
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"L’impresa può creare felicità?"
Questo è il grande interrogativo che ha caratterizzato la giornata del 27 marzo in Dallara Academy in occasione della pubblicazione del libro “Creazione di lavoro nella stagione della quarta rivoluzione industriale. Il caso dell’Emilia-Romagna” a cura di Stefano Zamagni, docente di Economia Politica all’Università di Bologna e Adjunct Professor of International Political Economy alla Johns Hopkins University di Bologna, con la prefazione di Mons. Matteo Zuppi.
Il libro è nato dal bisogno di interpretare l’ambiente che ci circonda: l’avvento delle nuove tecnologie ha inevitabilmente cambiato “l’idea stessa di lavoro, le relazioni interpersonali, i modelli culturali, il rapporto uomo-natura” ed è compito dell’uomo saper reagire con saggezza. In particolare, il contesto di riferimento che prende in considerazione l’autore riguarda gli ultimi vent’anni in Emilia-Romagna e l’impatto della rivoluzione digitale nel mondo del lavoro.
“Dallara Academy nasce dall’idea che l’imprenditore vuole restituire al territorio parte di quello che gli ha dato”
Stefano Zamagni, Docente di Economia Politica dell'Università di Bologna
La scelta del luogo non è stata casuale perché Dallara è un esempio tangibile di un'impresa ad impatto sociale “che si cura di togliere i viluppi che impediscono alla società di crescere grazie ad un progetto di sviluppo in sinergia con il territorio”, ha spiegato Stefano Zamagni.
Nella giornata tanti sono stati gli ospiti che hanno partecipato alla discussione del libro tra cui Sara Rainieri, Pro Rettrice alla Didattica dell’Università di Parma, Giampaolo Dallara, Presidente di Dallara, Franco Mosconi, docente di Economia industriale all’Università di Parma e co-autore del volume, e Andrea Pontremoli, Amministratore delegato e Direttore generale di Dallara.
Il primo intervento è stato fatto dal professore Franco Mosconi, che ha collaborato per la stesura del primo capitolo sulla manifattura, in cui ci ha parlato della vocazione dell’imprenditore come figura capace di seguire il bene comune e rendere accessibili a chiunque i beni di questo mondo.
Questa immagine di imprenditore prende vita proprio in Emilia-Romagna, grande area di manifattura avanzata che guarda ai mercati internazionali grazie alla forte struttura tecnologica costruita negli anni.
“È il lavoro che deve essere sempre pensato per l’uomo.”
Franco Mosconi, Docente di Economia Industriale all'Università degli Studi di Parma
“Il lavoro si crea, lo creano le imprese e non si redistribuisce”, questa è una importante lezione che la regione Emilia-Romagna ha interpretato alla perfezione nella ricerca di un dialogo tra le reciproche competenze per trovare risposte efficaci e innovative per tutti.
La discussione poi è continuata con il Pro Rettore Sara Rainieri, in rappresentanza dell’Università degli Studi di Parma. La parola chiave per affrontare il mondo del lavoro è multidisciplinarietà per offrire agli studenti le giuste competenze per adattarsi alle sfide di questa rivoluzione che sta emergendo.
“È solo dialogando in maniera costante con le aziende che possiamo capire bene quali sono le competenze e i modi di formare i giovani.”
Sara Rainieri, Pro Rettore alla didattica dell'Università degli Studi di Parma
Sara Rainieri ha parlato del coraggio di non essere sempre tradizionalisti, ma di investire in verticale e Dallara è uno di questi esempi con la sua Academy che forma ogni giorno molti studenti.
Sul tema del lavoro si è poi soffermato l’ingegnere Giampaolo Dallara che ha raccontato l’evoluzione della società italiana in cui “le persone vivevano per sopravvivere” ad un futuro in cui prevedono “che l’uomo lavorerà l’1% del suo tempo”. Il grande problema è quello di garantire una dignità alle persone tramite il lavoro, “capire come organizzarlo in maniera diverso”.
Per Giampaolo Dallara sono i giovani che devono guidare questo cambiamento. È un invito a pensare in un altro modo a come potrebbe svilupparsi la società, ossia dove le persone si preoccupano degli ultimi e vivono il lavoro non solo come produzione di beni, ma anche al servizio della comunità.
“Il problema non è il tempo libero che avremo, il problema è il lavoro degli altri”
Giampaolo Dallara, Presidente e Fondatore Dallara
La parola poi è passata al CEO di Dallara, Andrea Pontremoli, che ha immediatamente constato la differente visione di obiettivi tra il manager e l’imprenditore: il primo lavora per gli obiettivi definiti dal consiglio di amministrazione, il secondo vede l’azienda come un “figlio”. L’imprenditore moderno deve poter creare un futuro dove “questo suo figlio stia sempre meglio”, pensando non solo al successo dell’azienda, ma anche al futuro del territorio dove opera.
“Strategia non vuol dire pensare adesso a quali decisioni dovremo prendere in futuro, ma vuol dire quali decisioni prendo adesso per cambiarlo.”
Andrea Pontremoli, CEO Dallara
Dallara con la sua Academy punta tutto sulle nuove generazioni con l’obiettivo di formarle e aiutarle a costruire le competenze necessarie a gestire e disegnare il futuro. Futuro che è il risultato delle nostre scelte, non di proiezioni matematiche, è un cambio di prospettiva in cui le persone diventano sempre più consapevoli che “il futuro più facile da predire è quello che provi a costruire”.
Infine, la giornata si è conclusa con l’intervento dell’autore del libro, Stefano Zamagni, che ha risposto all’interrogativo: “L’impresa può creare felicità?”.
La sua riflessione è partita dalla constatazione che c’è sempre di più una concezione “petrolifera” del lavoro: il lavoro assimilabile ad una miniera e al quale si può attingere al bisogno. Questo è un grave errore di valutazione perché non si cerca lavoro, il lavoro si crea. In Italia questa mentalità è frutto della concezione neo-statalistica, secondo cui è lo Stato che crea il lavoro, quando invece lo Stato deve favorire la creazione di lavoro da parte dell’impresa.
Per Zamagni un buon imprenditore deve avere tre caratteristiche: la propensione al rischio, la capacità di innovare e possedere l’arte della combinazione.
La prima non significa essere temerario, ma significa agire pur non sapendo dove andrà finire; la seconda parla dell’importanza di avere il coraggio di rompere gli schemi e di cercare sempre nuove soluzioni; infine, la terza è l’idea dell’imprenditore come un “direttore d’orchestra” che conosce i propri dipendenti e li sa mettere in armonia.
Anche il rapporto tra manager e imprenditore è un nodo cruciale: sono due figure diverse che rischiano spesso di entrare in conflitto e questo è una grave pericolo, in quanto devono imparare ad “andare alla stessa velocità” e lavorare in sinergia.
Che ruolo ha la scuola in questa trasformazione? Scuola e lavoro vengono troppo spesso poste come alternative, quando invece devono convergere. Ecco perché, secondo l’autore, bisogna tornare a parlare di educazione, partendo dalla fondamentale distinzione tra istruire ed educare. Istruire vuol dire mettere dentro la testa concetti, nozioni che crea soggetti sempre più bravi a risolvere problemi di scelta in cui si è chiamati a selezionare un’opzione tra tante di cui si conoscono tutte le caratteristiche. Educare invece è l’esatto contrario, significa tirare fuori le competenze che permettono di essere inserirti nella realtà e risolvere problemi di decisione in cui non si sanno le caratteristiche delle opzioni che si hanno di fronte. L’università deve tornare ad avere compiti educativi, non solo istruttivi.
Questo è stato l’obiettivo della ricerca che ha portato alla stesura di questo libro: capire come l’impresa civile può operare al meglio nel territorio. Non basta occuparsi di far funzionare bene l’azienda, ma essa deve preoccuparsi anche che nel territorio ci sia un progetto di sviluppo umano integrato, questa dovrebbe essere la sua vera missione.
L’impresa può quindi creare felicità? Si, può farlo se l’impresa diventa il luogo “dove si forma il carattere umano e ha di mira la felicità delle persone che ci lavorano e del contesto circostante”.
L’impresa non deve operare in un “deserto sociale": nel crescere deve considerare non solo la dimensione quantitativa, ma anche quella spirituale. Lo scopo di fare impresa è “consentire alle persone di fiorire, sbocciare”.
“Quando il sole tramonta, quando le cose si fanno difficili, non piangere. Perché le lacrime ti impedirebbero di vedere le stelle.”
Rabindranath Tagore, Premio Nobel per la letteratura nel 1913
Una di queste stelle è proprio “il network delle imprese che rappresentano il modello della via Emilia” conclude Stefano Zamagni.
Vuoi ripercorrere i momenti salienti della giornata? ecco qui il video "BEST OF":
https://youtu.be/bBtHYBZ6sdg
INSIDE DIGITAL ERA
di Manuela Fiku
Fin dall'antichità l'uomo ha avuto bisogno di sviluppare strumenti per risolvere un problema o migliorare un aspetto della propria vita quotidiana.
Da sempre quindi la tecnologia si intreccia con la storia della civiltà, determinandone tradizioni, cultura e modi di procedere.
Oggi però il progresso incalza a ritmi mai visti prima e guida le nostre vite. Se prima volevamo elimiare gli sforzi, oggi vogliamo essere potenziati. Cambiano le esigenze, cambiano gli obiettivi.
Esattamente 30 anni fa nasceva il world wide web. Da allora di cose ne sono successe.
Le nostre scelte vanno di pari passo con gli algoritmi che decidono cosa dovremmo vedere e analizzano quello che facciamo. Nel peggiore dei casi, non possiamo nemmeno abbassare i nostri dispositivi perché abbiamo perso la nostra capacità di resistere.
Tutto continua a cambiare e ad evolversi attraverso la digital transformation che richiede nuove skills per il futuro.
Sentiamo spesso parlare di User Experience, Growth Hacking, Startup, Criptovalute...
Ma cosa sono esattamente? Quali sono gli sbocchi lavorativi? Quali sono le competenze richieste?
Oikosmos è dunque lieta di presentare INSIDE DIGITAL ERA, un progetto che ci sta molto a cuore, un ciclo di seminari tutto incentrato sul digital che tocca vari ambiti del mondo economico.
Come si inserisce il digital in amministrazione aziendale? In finanza? In Marketing? A livello internazionale?
Con testimoni d'eccezione provenienti da aziende importanti abbiamo quindi deciso di portare il digitale nel Dipartimento di Economia.
Perchè?
Perchè siamo nati come webTV e quindi il digitale fa parte del nostro dna.
Perchè la tecnologia non è qualcosa che ci capita, è qualcosa che scegliamo di creare e, nel nostro piccolo, è qualcosa che cerchiamo di capire.
Perchè solo attraverso la conoscenza possiamo costruire il futuro che vogliamo.
Perchè siamo INSIDE DIGITAL ERA
#StayTuned #StayIDE #IDE2019
ON/OFF FOR ENTREPRENEURS | LUIGI GALIMBERTI E MASSIMO AMBANELLI
di Anna Lo Coco
tempo di lettura: 3 minuti
Martedì 5 maggio si è svolto il primo incontro di “On/Off for Entrepreneurs”, un ciclo di eventi che ci vede come partner, in cui si è discusso di imprenditorialità nel settore food e agroalimentare. Protagonisti? Luigi Galimberti CEO di Sfera, Massimo Ambanelli CEO di HiFOOD e Marco D'angelo Fouder di Project Mii.
Le Officine On/Off possiamo intenderle come una community collaborativa che promuovono l’autoimprenditorialità, mettendo a disposizione dei veri e propri spazi di co-working e un laboratorio di fabbricazione digitale.
L’evento inizia con dei brevi saluti da parte di alcuni collaboratori:
"Digital Innovation Hub ha una missione semplice: l'innovazione attraverso la trasformazione digitale”.
Roberto Buratti – Unione Parmense Industriali
"L'idea imprenditoriale è anche una zona di fallimento del mercato. Su 100 idee, magari al mercato ne arrivano due, ed è per questo che l'attore pubblico deve dare il giusto supporto".
Alain Marenghi – Aster-AreaS3
Continuano i saluti con Vittorio Cavani (Giovani Imprenditori) e Davide Bezzecchi (Project manager di UPIDEA) che aiutano le imprese a crescere e fungono da ponte tra le nuove start up e le aziende di confindustria.
Ma entriamo nel vivo dell’evento, prende la parola Luigi Galimberti, fondatore della start up “SFERA”, che esordisce raccontando la sua storia personale.
Un racconto particolare quello di Galimberti, che dopo un fallimento, una crisi profonda, decide di partire da se stesso, cercando di capire chi è e cosa sapesse fare.
Quasi per caso partecipa ad un convegno che lo rende consapevole dei problemi dell’agricoltura. Decide, così, di ripescare un’idea e in poco tempo, precisamente nel 2015, nasce SFERA.
“Le startup non nascono da buone idee... Nascono da bisogni reali”.
Galimberti – Fondatore di SFERA
“SFERA AGRICOLA” è azienda Toscana composta da una serra attiva, che permette la crescita di ortaggi in condizioni ottimali, indipendentemente dalle condizioni metereologiche.
L’idea nasce dalla sofisticazione dei bisogni del consumatore che sono sempre più attenti alla provenienza degli ortaggi.
Nasce con “SFERA” il primo pomodoro al mondo Nichel Free, privo di metalli pesanti che soddisfa una buona parte della clientela femminile allergica.
"Una volta si moriva di fame, oggi si muore per quello che si mangia. Il cibo oggi ha troppe sostanze chimiche, ed è diventato pericoloso".
Luigi Galimberti – Fondatore di SFERA
Tre sono le parole chiave di SFERA: servizio, velocità e trasparenza.
Galimberti si sofferma anche sulla Digital Trasformation affermando che l’innovazione di Sfera è un’innovazione di processo e che, in realtà, tutto sta nel mindset e nel saperlo trasmettere.
Successivamente prende la parola Massimo Ambanelli, co-fondatore di “HI-FOOD”.
Anche Ambanelli esordisce con la propria storia personale, viaggia molto, frequenta un Master negli USA. È lì che inizia a parlare delle mancanze del settore alimentare, ma soprattutto è lì che cambia il suo pensiero.
“In Italia ci insegnano che c’è sempre qualcuno più bravo di te”.
Massimo Ambanelli - Co fondatore di HI-FOOD”
Durante il suo racconto Ambanelli si sofferma sul concetto di “TEAM”, specificando che è semplice sbagliare, ma che da soli è difficile riprendersi, mentre in team è facile cambiare rotta. Bisogna, inoltre, crederci tanto per riuscire ad assumersi dei rischi e durare.
Sottolinea ancora una volta l’importanza di creare rete:
"Se un’idea è valida sta in piedi da sola; bisogna condividerla quanto più possibile per creare le condizioni tali da farla rendere al massimo”.
Massimo Ambanelli- Co fondatore di HI-FOOD
HI-FOOD è un motore di innovazione che utilizza l'innovazione per creare ingredienti naturali potenziandoli con funzionalità tecnologiche. Assurdo? Non per HiFOOD.
Guidata dalla ricerca e dallo sviluppo, l’azienda, nata nel 2012, si focalizza sul free from diventando un supporto fondamentale per prodotti con un alto contenuto di innovazione e conoscenza.
Tanti i casi in cui HI-FOOD interviene, tra quisti l'utilizzo di un’economia circolare utilizzando le crusche per estrarre delle proteine dagli scarti.
A guidare il confronto Marco D'Angelo, marketer e startupper appassionato di tecnologia, founder di PROJECT MII, startup che opera in ambito Blockchain e filiera agroalimentare.
A concludere questo incontro di digital e food ma soprattutto imprenditoria intervengono i founder di due startup: Alessandro Candiani, fondatore di DNA-PHONE, piattaforma per la ricerca chimica, e Angela Montanari, fondatrice di TOMAPAINT , startup che dagli scarti del pomodoro estrae la bioresina da applicare nei contenitori creando così vernici.
“Mi piace unire il concetto di bellezza a quello della passione. Quando si fa qualcosa con la giusta passione deve per forza uscire qualcosa di bello”.
Alessandro Candiani – fondatore di DNAPhone
#FOODMATCH19 RECAP: NOI C'ERAVAMO!
di Roberta Signorino Gelo
Tempo lettura: 2 minuti
#maps4business è stato l’hashtag ufficiale di quest’anno e rappresenta una allusione a tutte le vie di crescita per avere successo nel settore del Food&Beverage. Stiamo parlando dell’evento Food Match 2019, convegno organizzato da Gruppo Food e da Facebook e svoltosi lo scorso 28 Febbraio presso la sede de Il Sole 24 Ore di Milano.
Giunto ormai alla sua quinta edizione il Food Match, che vede ogni anno il confronto tra l’industria agroalimentare italiana e il retail sugli ultimi trend del settore, quest’anno si è focalizzato sull’innovazione e sulla rivoluzione digitale e ha visto la partecipazione di numerosi personaggi di spicco aventi differenti background.
Ad aprire le danze è stato lo scrittore Alessandro Baricco, autore di “The Game – Le mappe per leggere la rivoluzione digitale”. Egli, definendo il mondo digitale “un sistema con cui siamo in grado di tradurre ogni pezzo di mondo in un numero”, ha fornito una visione semplice e completa di ciò che è e cosa rappresenta la digitalizzazione, descrivendone dapprima tutti i vantaggi (come quello di esprimere liberamente il proprio pensiero) ma esaltando contemporaneamente il bisogno costante di ritrovare un senso di umanità e naturalità.
Christian Centonze, Food Industry Director di Nielsen, assumendo una prospettiva più economica ha successivamente sottolineato come non è mai stato così importante come in questo periodo costruire attivamente relazioni con i clienti. La loro conoscenza e la capacità di catturare l’attenzione saranno infatti i nuovi vantaggi competitivi delle aziende: occorre condivisione di informazioni per creare valore, in poche parole quello che occorre è l’agilità. Da qui nasce la nuova accezione del punto vendita, il quale diventa un “media” che deve essere in grado di dare un’esperienza sempre più coinvolgente al cliente. Il futuro? Ruoterà principalmente su 3 tematiche: la frammentazione, l’impazienza e l’attenzione.
Cosa vuol dire dunque essere agili? Vuol dire saper coinvolgere in maniera molto rapida i consumatori, capire come essi entrano in contatto con il modo in cui le aziende comunicano con loro. Jenny Bullis, EMEA Head of Marketing Science Facebook ha spiegato tale concetto illustrando come un messaggio pubblicitario ottimizzato per mobile crea molto più engagement dello stesso fruito in un formato standard per tutti i canali utilizzati dal consumatore.
Ponendo il focus sempre più sul Food&Beverage, il Market Research Director di Blog Meter Alberto Stracuzzi ha fornito dei dati molto interessanti riguardo ciò di cui i consumatori parlano e quello che condividono sui social network: dolci e dessert seguiti dalla categoria pizza sono stati i protagonisti di più di 9 milioni di post nell'ultimo anno. Tali dati fanno intuire come i canali social rappresentino per le aziende del settore una grande opportunità per avere visibilità.
Prima di concludere la mattinata con la premiazione della quinta edizione di Prodotto Food, concorso annuale che premia i prodotti più innovativi di diverse categorie merceologiche, la mattinata è proseguita con una tavola rotonda che ha fornito ricchi spunti sulla tematica del dialogo tra consumatore e brand. Moderata dalla direttrice Food Maria Cristina Alfieri, il dibattito si è svolto tra Luca Colombo (Country manager Facebook Italia), Renato Roca (Direttore Marketing Findus Italia), Vitaliy Novikov (Country General Manager e CEO per l’Italia di Coca-Cola Hellenic Bottling Company) e Giorgio Santambrogio (Presidente di ADM).
Tra gli spunti più importanti, l’esigenza di raccontare il prodotto e la storia del prodotto; l’innovazione è importante ma va unita all’aspetto umano e relazionale e tale connubio rappresenta il futuro del retail. Infine si ricorda l’utilizzo della tecnologia in-store per educare il consumatore quale ottima opportunità per sfruttare i trend in crescita dei prodotti “Free From” e “Rich in”.
Qual è dunque il trend emergente? La normalità. Come ha affermato nel suo intervento la food blogger Chiara Maci “La gente vuole l’imperfezione. Le persone cercano il difetto perché cercano la realtà. Un consiglio alle aziende? Non nascondere i propri limiti: avvicinano alle persone.
TOP500 PARMA
di Alessia Pizzuti
Dopo il grande successo delle precedenti edizioni, arriva puntuale l’evento TOP500: le imprese di Parma e provincia, un’iniziativa realizzata da Gazzetta di Parma insieme a Pwc ed Università di Parma, con il patrocinio dell’Unione Parmense degli Industriali e dell’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili di Parma ed in collaborazione con “Parma, io ci sto!”.
Top500 arriva così alla sua quarta edizione allo scopo di offrire uno strumento di riflessione generale e approfondita intorno all'economia del territorio e a come sta cambiando il tessuto imprenditoriale parmense. Si conferma all’unisono che il principale driver del cambiamento tipico di questo pezzo di Via Emilia sia la trasformazione tecnologica, o, come meglio siamo abituati a riconoscere, Digital Transformation, che conduce le aziende a nuove prospettive di gestione, comunicazione e fidelizzazione con il cliente. Nel rapporto cartaceo distribuito da Gazzetta di Parma, emergono i principali leader di tutti i settori industriali che, grazie alla rivoluzione digitale, stanno plasmando i loro modelli di business confermando la tendenza che tali percorsi non rappresentano più una opzione quanto una necessità per la crescita.
Dopo una breve introduzione, si inquadra il contesto di riferimento.
Come testimoniano le indagini sul campo, lo stato di salute dell’economia parmense appare buono, migliore rispetto la media nazionale. I dati si riferiscono al 2017, in crescita anche gli utili soprattutto per i settori di alimentare, meccanica e chimica che trainano l’esportazione.
“Il 2017 è stato un ottimo anno, nel 2018 segnali un pò complicati, inizio 2019 si prevede complicato ma quello che viene reso oggi è una fotografia di tutti i comparti industriali in termini di forza e capaci di affrontare questo periodo di rallentamento con estrema determinazione.”
Annalisa Sassi, Presidente UPI
Nonostante si definisca uno scenario complesso con cui l’Italia e il nostro territorio devono confrontarsi, dovuta ad esempio al rischio della Brexit, l’export rimane una scelta strategica verso cui orientare le risorse. Secondo l’analisi del Presidente UPI, i punti di forza del Made in Parma che generano valore sono da attribuirsi allo stimolo tecnologico e all’ Industria 4.0 che hanno innescato la ripresa degli investimenti interni; in più Parma beneficia non solo dell’insita presenza di leader mondiali quanto anche l’essere vetrina stessa e internazionale per l’alimentare d’eccellenza con iniziative come Cibus, che ogni anno riesce a superare i risultati precedenti in ottica sempre ottimistica.
Ad un’attenta analisi, ad influenzare negativamente la complessità economica del territorio e ancora meglio a livello nazionale, sono i troppi fattori critici che cozzano con gli obiettivi evolutivi.
“Digitale in ambito contabile? Basta pensare alla fatturazione elettronica”
È così che risponde Emanuele Favero, Presidente dell’ordine dei commercialisti di Parma, spiegando che le troppe criticità alla semplificazione del sistema, potrebbero essere risolte attraverso l’avvio alla fatturazione elettronica per coinvolgere tutti gli attori del sistema.
Dopo un iniziale dipinto del quadro generale, l’incontro si struttura in due principali momenti.
Il primo, piuttosto analitico, che prevede l’analisi redatta dall’ Università di Parma a cura della Prof.ssa Veronica Tibiletti e il prof. Pier Luigi Marchini dove vengono descritti i bilanci e le performance delle imprese meglio classificate.
Dopo una prima introduzione ai valori dimensionali aziendali, sulla redditività e sul rischio finanziario, Pier Luigi Marchini mostra l’analisi dei valori aggregati per il 2017
“L’economia del parmense si è inserita nel trend di crescita dimensionale che ha contraddistinto l’economia nazionale e regionale, contribuendo in gran parte, a propria volta, a favorirne lo sviluppo”
Pier Luigi Marchini, Professore Associato del Dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell'Università degli Studi di Parma
In sostanza, le imprese sono cresciute, si sono sviluppate, ma il loro rendimento nel 2017 è stato inferiore rispetto all’anno precedente. Nonostante ciò, le imprese mostrano la loro straordinaria capacità di coprire gli oneri finanziari dell’esercizio precedente (il 2016) raggiungendo un valore complessivo dei ricavi di 25,1 miliardi di euro, con una crescita del 10%. Un aspetto di particolare rilievo riguarda l’incremento del numero di dipendenti; complessivamente infatti, tra sedi italiane ed estere, le prime 500 imprese di Parma e provincia hanno occupato un numero di dipendenti pari a 84.336 unità, con un incremento del 6% rispetto l’anno precedente.
E la digital transformation? Secondo Massimo Bonacci di Pwc, le tecnologie più impattanti sono 250, ma possono essere riassunte nelle “essential eight” che hanno già oggi un impatto significativo sui modelli di business delle aziende: intelligenza artificiale, realtà aumentata, blockchain, droni, internet delle cose, robot, realtà virtuale e stampa 3D.
“La trasformazione digitale va vista integrata con quelli che sono gli elementi tipici d’azienda”
e ancora
“La ricetta per garantire oggi il successo d’azienda sono buon capitale umano e investimenti in tecnologie che valorizzino la componente operativa”
Massimo Bonacci, Pwc
Dobbiamo però tenere a mente che investire in una sola di queste tecnologie non è senz’altro sufficiente per guidare la propria crescita, in quanto è già all’orizzonte una nuova onda di innovazione tecnologica creata proprio dall’ integrazione di queste 8 tecnologie di base. La rivoluzione digitale consentirà all’impresa di integrare i processi e offrirà allo stesso modo opportunità di ulteriore sviluppo. In questo ecosistema assumono particolare importanza anche le idee, fino al lancio sul mercato delle stesse. L’ innovazione diventa così disciplina d’azienda per una digital transformation di successo e allo stesso tempo uno strumento che interessa l’intera filiera del prodotto, in grado di tracciare e soprattutto controllare il prodotto e la sua storia.
Dopo l’analisi e l’introduzione al tema segue il dibattito della tavola rotonda che, preceduta da un video, mette in mostra esperienze a confronto tra personaggi di spicco dell’ecosistema economico di riferimento, a cui partecipano Marco Ciscato, Managing Director di Maps SpA; Filippo Casappa, Amministratore Delegato di Casappa SpA; Andrea Chiesi, direttore R&D Portfolio Management di Chiesi Farmaceutici e Fabrizio Storti, Pro Rettore con la delega per la Terza Missione dell’Università di Parma; moderati da Veronica Tibiletti, Professore Associato del Dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell’Università di Parma.
“Digital transformation non significa solo trasformazioni di tipo digitale di modelli di business ma anche trasformazione culturale”
Andrea Chiesi, direttore R&D Portfolio Management di Chiesi Farmaceutici
È questo lo spunto di riflessione che anima la discussione e a cui tutti i partecipanti aderiscono. Lo stesso Fabrizio Storti, Pro Rettore con la delega per la Terza Missione dell’Università di Parma, spiega che da anni la nostra Università incentiva la nascita e la crescita di imprenditorialità innovativa basata sul giusto mix docenti-ex studenti, fornendo spazi e servizi. Il trasferimento tecnologicoco stituisce l’elemento predominante della “terza Missione” che dota l’ateneo di 7 centri di ricerca industriali accreditati presso la Rete Alta Tecnologia dell’Emilia Romagna per la continua realizzazione di nuovi progetti condotti simultaneamente alle aziende leader nei settori con le quali, altresì, è prevista la condivisione di laboratori e strumentazioni utili agli obiettivi di ricerca. L’Università di Parma diventa in questo modo un riferimento proattivo nel rispetto del territorio, delle singole ambizioni imprenditoriali e necessariamente del modello emiliano.
Tanti dunque gli spunti da cui ripartire, ma soprattutto tanta la consapevolezza. Perché come ha ribadito Marco Ciscato:
“Bisogna essere consapevoli che con la Digital Transformation si può fare del cambiamento, ma bisogna crederci in questo cambiamento, anche in termini imprenditoriali”
Marco Ciscato, Managing Director di Maps SpA
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