Di Giorgia Labieni

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Avete mai assaggiato la pizza di Domino’s? Se la risposta è no, allora nei prossimi mesi potrebbe cambiare. Il colosso statunitense ha infatti espresso il desiderio di voler aprire ben 880 sedi nel nostro paese entro il 2030.

Per chi di voi non conoscesse il brand: Domino’s, fondata nel 1960 dai fratelli Tom e James Monaghan in Michigan, è oggi la seconda più grande catena di pizzerie a domicilio degli Stati Uniti e conta più di 16mila ristoranti in 85 paesi diversi, compreso il nostro.

Uno dei suoi maggiori punti di forza è la distribuzione, dalla selezione dei migliori fornitori, all’allestimento del punto vendita, alla selezione e formazione dei dipendenti, nonché l’efficienza del sistema di consegne, che posizionano l’azienda al di sopra dei maggiori concorrenti odierni. 

Fonte: zero.eu

Alessandro Lazzaroni, AD di Domino’s in Italia, ha deciso di acquistare i diritti per l’utilizzo del brand con l’idea di poter esportare la pizza americana sul suolo italiano, offrendo un servizio difficilmente replicabile dalle normali pizzerie: possibilità di ordinare online, di pagare sia in contanti sia con carta, e una consegna veloce e puntuale. 

L’azienda è già presente in Italia dal 2015, con la fondazione del suo primo punto vendita a Milano, e poi in altre 7 diverse città, fino ad arrivare a 28 pizzerie tra Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna. 

L’espansione intende coprire il territorio compreso tra nord e centro Italia, fermandosi a Roma, il mancato investimento nelle regioni del sud implica diverse ragioni, una tra tutte la difficile penetrabilità del mercato. 

Qual è quindi l’obiettivo di Domino’s e perché ha deciso di investire così tanto proprio nel paese dove è stata creata la pizza e ha assunto il valore che ha oggi? 

Alessandro Lazzaroni sostiene che:
“Gli italiani amano mangiare bene, ma non sono incatenati alle tradizioni. Piuttosto, sono curiosi di provare cose nuove”, egli è fiducioso sul successo di tale investimento, tanto da prefiggersi l’obiettivo di raggiungere il 2% della quota di mercato delle pizzerie in Italia nei prossimi dieci anni diventando “la prima società digitale di consegne in Italia”.

Fonte: bergamonews.it

L’operazione, prevede di suddividere i nuovi e potenziali punti vendita in un 50% franchising e il restante gestiti dall’azienda per arrivare nel 2021 a un rapporto 30%-70%, con un investimento di circa 250 mila euro per punto vendita, 14 impiegati ciascuno, di cui sei corrieri; il focus è stato su questi ultimi, in quanto l’ azienda è stata l’unica multinazionale ad aver sottoscritto la Carta di Bologna, un accordo che prevede la tutela e la regolamentazione di questa posizione lavorativa.  È utile riportare alla memoria ciò che accadde nel 2018, quando un altro colosso americano, Starbucks, decise di spostarsi sul nostro paese, i social e la stampa iniziarono ad esprimere i primi dubbi, su come e se questo tipo di catene potessero o meno rovinare e danneggiare l’immagine e la reputazione dei prodotti alimentari del nostro paese, se prima si disquisiva sul caffè e i prodotti da bar, oggi l’attenzione è rivolta alla pizza. 

Specialmente su Twitter si notano le prime critiche e i primi dubbi, molti sono scettici e sono convinti che saranno soldi mal investiti, altri sostengono come tale iniziativa possa seriamente ledere il mercato italiano, mentre altri suggeriscono come il governo debba fermare questa espansione tramite regolamentazioni. 

I dubbi sono leciti, l’Italia è il paese leader per quanto riguarda cucina e ingredienti di prima qualità e la presenza di questi colossi potrebbero seriamente corrodere il nostro sistema. 

Fonte: wired.it

È lo stesso Lazzaroni a chiarire la situazione, illustrando come la materia prima utilizzata e le fasi di lavoro siano di altissima qualità, così come gli ingredienti e la fragranza dei prodotti, in particolare Domino’s Italia utilizza solo materie da produttori certificati, e alcuni di questi fanno parte della categoria dei D.O.P., “Denominazione di Origine Protetta”.  

Questo tipo di operazione è stata implementata anche in altri paese europei, come Norvegia, Svezia, Irlanda etc., risultando però fallimentare e portando l’azienda a chiudere più di 100 punti vendita per mancati profitti.

Le parti sono schierate e per sapere come si evolverà la situazione non ci resta che aspettare la risposta alla domanda fondamentale: riuscirà Domino’s ad abbattere la tradizione e a conquistare la pancia degli italiani?