NEAM FEBBRAIO 2020

Crediamo nell’informazione, la buona informazione e non quella delle fake news, per questo ci impegniamo ogni mese nel proporre articoli validi .
Noi ci mettiamo del nostro, per passione.
Ecco le notizie che abbiamo scelto per voi:

1. Camerieri a Londra ai tempi della Brexit
2. IKEA Dubai: minuti, carta o contanti?
3. Il coraggio di dire No a Ferrero
4. Smart Working: significato e vantaggi
5. Amazon Go Grocery: il primo supermercato di Amazon

Buona lettura!


Barista londinese

1. Camerieri a Londra ai tempi della Brexit: not so easy…

di Nunzio Salvatore Minissale
Tempo di lettura: 3 minuti

Tra chi sta leggendo queste righe ci sarà sicuramente qualcuno che sta vivendo o ha vissuto questa esperienza; tutti gli altri hanno comunque almeno un parente o un conoscente al quale, un bel giorno, hanno sentito dire: «Massì, vado a Londra qualche mese, faccio il cameriere e imparo la lingua. E magari torno con qualche soldo in tasca!».

La possibilità di poter vivere e lavorare in quella che è la City per antonomasia è un qualcosa che ha accomunato generazioni di millennials che si sono via via affacciate al mondo del lavoro, un’opportunità che, specie dopo la crisi economica, sempre più italiani hanno deciso di sfruttare.

Tutto ciò potrebbe però diventare solo un ricordo.

Barista londinese
Fonte: Reuters

In queste concitate settimane after-Brexit (avvenuta ufficialmente il 31 gennaio 2020, ma con un periodo “di transizione” fino al 31 dicembre 2020) il governo inglese di Boris Johnson ha infatti divulgato quelle che, a tutti gli effetti, diverranno le nuove regole di gestione dell’immigrazione e, spoiler alert, sono molto severe per i lavoratori poco qualificati (come, per l’appunto, camerieri o baristi).

Del resto, la maggiore restrizione dei flussi migratori (rispetto alla libera circolazione attualmente in vigore con le leggi europee) era stata una tra le richieste più importanti dei sostenitori di Brexit, e sia Theresa May (in carica come primo ministro fino al 2019) sia Boris Johnson avevano promesso più volte che dopo l’uscita dall’Unione Europea il Regno Unito avrebbe «ripreso il controllo dei propri confini». Questo controllo si tradurrà, a partire dal 2021, in un sistema che prevede un meccanismo a punti, con permesso di soggiorno per motivi lavorativi garantito solo a chi otterrà almeno 70 punti su una scala predeterminata (nell’immagine).

La tabella che verrà utilizzata
Fonte: The Guardian

I primi 50 punti si ottengono attraverso 3 pre-requisiti obbligatori:

1.Conoscenza della lingua inglese

2.Certificazione che attesti la capacità di svolgere quella determinata mansione

3.Convocazione da parte di un’azienda intenzionata ad assumervi

In estrema sintesi, diventerà praticamente impossibile trasferirsi in UK per cercare un lavoro saltuario, come il cameriere o il lavapiatti, a meno che non si abbia già un’offerta di lavoro in mano. Il che è però rarissimo quando si parla di impieghi del genere, che non richiedono grandi livelli di specializzazione.

Sono invece premiati i nuovi entranti che offrono lavori più “qualificati”: la segretaria dell’Interno Priti Patel ha fatto notare le nuove regole serviranno per «permettere ai migliori e ai più brillanti di trasferirsi nel Regno Unito». Dalla tabella si può infatti dedurre che più alto sarà lo stipendio che si andrà a percepire o il titolo di studio posseduto, più punti si otterranno, aumentando a dismisura le possibilità di ottenere il visto di lavoro.

Un tipico pub londinese
Fonte: Viaggiatore.net

In molti fanno però notare come le nuove regole potrebbero avere effetti negativi su diversi settori dell’economia, specialmente quelli che si reggono in modo sostanziale sulla manovalanza straniera. Secondo il noto quotidiano The Guardian ci saranno diversi problemi per hotel, ristoranti e catene di locali, che impiegano personale straniero in varie posizioni: già due anni fa, per esempio, la nota catena Pret A Manger aveva fatto sapere che soltanto una richiesta di lavoro su 50 proveniva da cittadini britannici. Anche settori in forte crescita, come quello della cura degli anziani, sono oggi a quasi esclusivo appannaggio di lavoratori stranieri, e molti esperti hanno cominciato a chiedersi come si evolverà la situazione quando per queste categorie di lavoratori “unskilled” sarà semplicemente impossibile entrare nella terra d’Albione, considerando che, come accade anche in Italia, queste mansioni sono considerate spesso “umili” e poco ambite dalla popolazione locale.

In attesa di capire se ai nostri giovani sarà concesso ancora il privilegio di poter cercare fortuna e realizzazione Oltremanica, così come è stato per noi grazie alla sempre fin troppo sottovalutata libertà di spostamento tra paesi dell’Unione Europea, vediamo a margine ciò che riguarda chi già si trova nel Regno Unito:

  • Tutti i residenti dovranno iscriversi all’AIRE (anagrafe degli italiani residenti all’estero) proprio per dimostrare, ai futuri controlli dell’immigrazione, di essere residenti nello Stato.
  • Chiunque viva in UK deve registrarsi al Settlement Scheme, in modo da poter fare domanda per poter rimanere nel paese (in base al possesso di alcuni requisiti) o a tempo indeterminato (settled status, per chi già vive e lavora in Gran Bretagna da più di 5 anni) o per 5 anni (pre-settled status, per chi non risiede o risiede da meno di 5 anni, convertibile poi in un permesso a vita).

Buy With Your Time Ikea

2. IKEA Dubai: minuti, carta o contanti?

di Riccardo Rocco Tornesello
Tempo di lettura: 3 minuti

‘’Buy With Your Time’’, la nuova trovata di IKEA prende alla lettera l’espressione ‘’il tempo è denaro.’’

In occasione dell’apertura del nuovo punto vendita a Jebel Ali, IKEA lancia un’iniziativa decisamente innovativa consentendo ai propri shoppers di utilizzare il proprio tempo come moneta di scambio.
Da febbraio infatti, ogni minuto impiegato per raggiungere il nuovo punto vendita avrà un valore di 0,48$ da utilizzare per l’acquisto dei prodotti del brand. Basterà semplicemente provare alla cassa il numero di minuti o delle ore di percorrenza attraverso la cronologia di Google Maps Timeline.
Per determinare ‘’il valore del tempo’’ di un individuo ci si è basati sul salario medio dei cittadini del paese: un’ora corrisponderebbe così a 105 AED, cioè a circa 27 euro.
In un contesto in cui comodità e rapidità negli acquisti costituiscono una priorità per lo shopper moderno, IKEA dimostra in questo modo di essere consapevole che il tempo dei propri clienti è una risorsa preziosa.
Come illustrato nella campagna di lancio dell’iniziativa, ad esempio, con 49 minuti si potrà acquistare un tavolino LACK, mentre con 1 ora e 55 minuti ci si potrà assicurare una libreria BILLY. Nello storico viaggi avanzano ancora 5 minuti? A meno che non si abbia voglia del classico salmone, sarà possibile acquistare un hot dog.

Buy With Your Time Ikea
Fonte: Ikea

Stando alle dichiarazioni di Jesper Brodin, CEO di Ingka Group, la multinazionale svedese è attualmente alla ricerca di soluzioni per avvicinarsi alle persone che vivono nei centri cittadini, dal momento che il tempo necessario per raggiungere gli store periferici spesso disincentiva i consumatori a scegliere IKEA. Questo ha spinto l’impresa ad investire in punti vendita più vicini alle grandi città, ma caratterizzati da dimensioni ridotte. Da questo punto di vista, la strategia lanciata a Dubai in collaborazione con l’agenzia pubblicitaria Memac Ogilvy costituirebbe una geniale trovata per attirare i clienti nei punti vendita meno frequentati, cioè in quelli più distanti dai centri abitati.
Oltre ad incentivare clienti a frequentare più spesso il magazzino situato in periferia, l'iniziativa consentirà ad essi di dedicare al brand - e all’acquisto dei suoi prodotti - più tempo rispetto a quanto normalmente farebbero, con l’obiettivo ultimo di accrescere la brand loyalty.

L’opzione ‘’acquista con il tuo tempo’’ attualmente è attiva solo nello store di Jebel Ali e, nell’attesa che l’iniziativa venga estesa a nuovi negozi e paesi, occorre sottolineare come essa possa rappresentare un interessante spunto per altri retailers che abbiano intenzione di attrarre più clienti presso i propri negozi fisici, in un contesto in cui le strategie sono sempre più condizionate da un lato da una crescente domanda di time saving e, dall’altro, da una crescente penetrazione del mobile e delle nuove tecnologie nei processi decisionali del cliente.

Dunque, in un’era in cui il tempo ci appartiene più di tutto e ci sfugge come niente, IKEA si propone come rivoluzionario interprete dei nuovi bisogni dei propri clienti.

https://youtu.be/cz423OGObjU


Progetto Nocciola Italia

3. Il coraggio di dire No a Ferrero

di Maria Ottone
Tempo di lettura: 3 minuti

Tutti conoscono la grandiosa multinazionale Ferrero, ma quanti di voi conoscono il Consorzio delle Nocciole Calabresi? Ciò di cui parliamo oggi è proprio un mancato accordo fra una multinazionale e un piccolo consorzio.

È una storia tutta Calabrese, iniziata tre anni fa con l’avvio del progetto Nocciole Italia di Ferrero, ma perché una regione con un’economia già limitata ha trovato il coraggio di rifiutare una proposta così allettante? Forse sembrava allettante solo dall’esterno, ma scopriamo insieme le motivazioni che si celano dietro al NO.

Nutella concetto di salvezza in tutto il mondo
Fonte: ilmetapontino.it

Il nome Ferrero viene sempre associato al concetto di salvezza, in molti si saranno risposti che rifiutare sia stato da pazzi, che la Calabria merita la condizione di “povertà in cui si trova”, ma cosa prevedeva l’accordo che Ferrero voleva stipulare con il Consorzio di Valorizzazione e Tutela della Nocciola di Calabria di Torre di Ruggiero?

Il Consorzio è stato contattato tre anni fa, dopo attente valutazioni è arrivato il fatidico no.

È arrivato perché in primo luogo gli alberi della “tonda calabrese”non hanno le caratteristiche per una produzione intensiva tanto quanto richiesto dalla multinazionale in questione. Per gli obiettivi di Ferrero non basterebbe l'intero territorio compreso tra i Comuni di Cardinale, Torre di Ruggiero e Simbario".

Un’altra questione fondamentale che ha contribuito al no del consorzio è che le nocciole non sarebbero state trasformate in Calabria, quindi con l’aggravante di non creare posti di lavoro in una regione dove la disoccupazione giovanile è oltre il 50 %.

Progetto Nocciola Italia
Fonte: horecanews.it

Quindi possiamo definire la scelta del consorzio come una scelta di qualità, che permettere la possibilità di avere una trasformazione del prodotto che deve avvenire in loco, consentendo alle imprese di strutturarsi ed ai territori di mantenere la propria identità.

Il presidente Rotiroti dichiara: "Noi, come Consorzio abbiamo un sogno che, per fortuna, si sta lentamente trasformando in realtà; abbiamo deciso di puntare sul piccolo imprenditore che intende diventare grande attraverso la qualità del proprio prodotto. Ecco perché, ad esempio, chiediamo da tempo al Ministro Bellanova la convocazione del Tavolo Corilicolo nazionale e condividiamo le valutazioni espresse del presidente nazionale 'Città della nocciola' Rosario d'Accunto, secondo cui la corilicoltura non può e non deve essere abbandonata alle scelte delle multinazionali".

La Calabria dice No alla Ferrero
Fonte: calabrianews.it

Che sia interpretata come una storia di coraggio, come un azzardo o come addirittura una follia, da questa storia si può trarre un insegnamento importante. Non sempre quando si accosta il nome di un’importante società a quello di un piccolo consorzio si possono trarre vantaggi mutuamente benefici. In questo caso la scelta è ricaduta sull’amore per il territorio, sull’amore per la propria gente e sulla voglia di crescere insieme partendo dalla valorizzazione delle piccole imprese.


Smart Working

4. Smart Working: significato e vantaggi

di Anastasia Tozzi Bordei
Tempo di lettura: 3 minuti

Oggi, a causa o grazie all’emergenza legata all’epidemiologia da Covid-19, molte aziende italiane hanno scoperto e riscoperto lo Smart Working. In giorno 25 Febbraio 2020 infatti, il Consiglio dei Ministri ha previsto, in via provvisoria fino al 15 marzo 2020, l’attivazione della modalità del “Lavoro Agile” per i datori di lavoro aventi sede legale o operativa nelle Regioni Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto e Liguria e per i lavoratori ivi residenti o domiciliati.

Prima di capirne i vantaggi di questa modalità lavorativa, che fino ad oggi era sconosciuta a molte imprese, cerchiamo di capirne il significato e la differenza fondamentale con il Telelavoro, concetti spesso confusi e usati come sinonimo.

Smart Working
Fonte: medium.com

Il Telelavoro si configura come una forma contrattuale mentre lo Smart Working (detto anche Lavoro Agile) rappresenta un accordo tra dipendente e datore di lavoro all’interno del rapporto di lavoro subordinato. Lo Smart Working è caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali (scelti liberamente dal lavoratore) e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi. Quest’ultima modalità dovrebbe aiutare il lavoratore a conciliare la propria vita privata con il lavoro e per tale motivo favorendone la sua crescita in termini di produttività, in quanto meno vincolato per l’appunto. Possiamo quindi dire che lo Smart Working sia sinonimo di benessere e produttività dei dipendenti. Il Telelavoro, al contrario, è caratterizzato da regole più rigide: luoghi, orari e strumenti tecnologici sono prestabiliti e rispecchiano l’assetto organizzativo usato sul posto di lavoro.

Lo Smart Working è diventato legge nel 2017, dopo un periodo di sperimentazione e confusione terminologica. Agli Smart Worker o Lavoratori Agili, secondo la Legge n.81/2017, “viene garantita parità di trattamento – economico e normativo – rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie”.

Equilibrio tra lavoro e vita
Fonte: rikon.ie

Come appena descritto, i benefici per il lavoratore Smart sono molteplici, dal conciliare al meglio la vita privata con quella lavorativa, alla riduzione dei tempi e costi di trasferimento per raggiungere il posto di lavoro e infine un aumento della propria soddisfazione lavorativa e motivazionale. Quest’ultima porterebbe vantaggi all’azienda in termini di miglioramento della produttività, riduzione dell’assenteismo e una riduzione dei costi per gli spazi fisici.

I benefici però, non riguardano solo le aziende e i lavoratori, ma anche l’ambiente: basti pensare a quante persone si spostano quotidianamente con le proprie automobili per raggiungere il posto di lavoro. Grazie all’introduzione dello Smart Working si potrebbero ridurre le emissioni di CO2, riduzione del traffico e un miglior utilizzo dei trasporti pubblici.

Tra le aziende che da anni adottano lo Smart Working, troviamo colossi come Vodafone, Microsoft, Nestlé e il gruppo AXA. Quest’ultimo ha introdotto il lavoro agile a beneficio di tutti i suoi collaboratori a partire dall’ottobre del 2017. I risultati di questa scelta manageriale hanno portato a grandi risultati visibili sin dall’inizio: il 97% dei propri collaboratori ha confermato che il lavoro in Smart Working fosse positivo e per il 76% è aumentata la produttività; ad aumentare sono state anche la motivazione con il 68% e il bilanciamento vita lavoro del 89%.

Team di lavoro
Fonte: theitaliansthinktank.com

Nonostante i grandi benefici di tale pratica lavorativa, sia in termini economici che di motivazione dei lavoratori agili, ci sono da sottolineare anche alcuni svantaggi: la mancanza di separazione tra ambiente lavorativo e ambiente domestico, il rischio di lavorare di più rispetto all’orario d’ufficio, il pericolo di cadere in facili distrazioni e soprattutto la bassa o totale assenza di interazioni con i colleghi e il team di lavoro.

Alla luce di questi vantaggi e svantaggi, forse ad un’impresa conviene capire come e se introdurre lo Smart Working in maniera costante senza che esso diventi uno svantaggio piuttosto che uno strumento a favore. D’altronde, ogni azienda è un organismo che vive con le proprie regole, ragion per cui trovare una formula magica che valga per tutte le realtà lavorative risulta piuttosto complicata.


Amazon Go Grocery

5. Amazon Go Grocery: il primo supermercato di Amazon

di Alessio Lo Giudice
Tempo di lettura: 3 minuti

Cosa succede se uno dei trend nel mondo del retail del 2020 sposa i benefici dell’Intelligenza Artificiale?

Succede che Amazon lancia il suo primo vero supermercato!

Il 25 Febbraio, infatti, Amazon ha aperto a Seattle il suo primo “Amazon Go Grocery”, un vero e proprio supermercato senza però la barriera casse, come avviene già nel format Amazon Go lanciato nel Gennaio 2018.

In questo caso, infatti, la logica è la stessa, ovvero uno store fisico senza casse all’uscita; lo store in questione però è di circa 1000 mq (quasi il doppio degli attuali Amazon Go) e sono presenti all’interno circa 5000 referenze grocery, con un deciso orientamento verso i freschi e i piatti pronti; le marche offerte sono le stesse offerte da Whole Foods, che è stata comprata da Amazon nel 2017. Anche se non è presente un reparto gastronomia, è possibile ugualmente trovare carne e pesce. Non è possibile inoltre pesare la frutta che ha un prezzo al pezzo. Questo tipo di format è stato pensato principalmente per la clientela di vicinato e per i lavoratori in pausa pranzo, dunque sposando uno dei retail trend del 2020, che è appunto la crescita degli store di prossimità.

Amazon Go Grocery
Fonte: GeekWire Photo/Kurt Schlosser

Ma come funziona di preciso il supermercato?

Applicando la tecnologia Just Walk Out, già collaudata da due anni negli store di Amazon Go, si accede al punto vendita direttamente con l'app di Amazon, che genera un QR Code da scannerizzare ai tornelli; una volta all’interno del punto vendita, è possibile prendere tutto ciò che si vuole mettendolo in una bag fornita gratuitamente e uscire dal negozio senza problemi. Tutto ciò che è stato portato via, sarà direttamente addebitato sulla carta di credito collegata all’account Amazon.

Infatti attraverso decine di sensori ottici e telecamere, posizionati sopra le corsie e tra gli scaffali, vengono registrati i movimenti eseguiti da ogni cliente. Le informazioni raccolte ed elaborate fanno sì che ogni prodotto sia inserito in un carrello virtuale, proprio come in un e-commerce. All’uscita l’applicazione conferma il carrello virtuale, addebita i soldi sul conto indicato e invia lo scontrino all’app. Pertanto dall’ingresso all’uscita la shopping experience è completamente automatizzata.

La shopping experience automatizzata di Amazon Go Grocery
Fonte: Ted S Warren/Associated Press

Cosa comporterà questa scelta di Amazon?

Senza dubbio questa mossa da parte dell’azienda di Seattle è un attacco diretto ai retailer internazionali tradizionali, che sono chiamati nel breve periodo ad una nuova sfida, adeguandosi velocemente a questa nuova shopping experience e al nuovo modo di concepire lo store che viene rivoluzionato attraverso l’assenza della barriera casse.

In secondo luogo, la complessità di un punto vendita come il supermercato, con anche la presenza di prodotti sfusi, darà sicuramente vita nel prossimo futuro a nuove sfide tecnologiche nell’ambito del machine learning e dell’intelligenza artificiale.


NEAM GENNAIO 2020

Anno nuovo logo nuovo!
Ritorna Neam, la nostra rivista mensile digitale, e lo fa in grande stile: cambiando look!
La sessione di esami appena conclusa ti ha tenuto/a fuori dal mondo? Nessun problema, ti aggiorniamo noi!
Questo mese su NEAM:

  1. "Uber Air e Hyundai: si vola!" di Samuela Maggio
  2. "L’addio alla prima auto del popolo" di Maria Ottone
  3. "È possibile regalare la felicità?" di Dario Consoli
  4. " L'Orèal, il make-up del futuro è "Perso"" di Ines Djouomo
  5. "Facebook regolamenta gli annunci politici" di Simona Galioto

1. Uber Air e Hyundai: si vola!

di Samuela Maggio

Tempo di lettura: 2 minuti

Quante volte ti è capitato di pensare al futuro?
Quante volte la tua mente ha cominciato a vagare tra ambienti futuristici e automobili volanti?
Sono stati gli stessi film di fantascienza ad allenare la nostra immaginazione e a proiettarci verso un domani ultramoderno, surreale.
Se, però, ti dicessi che quella che pareva essere un’utopia, sta per diventare realtà in un batter d’occhio?

È una delle grandi notizie pervenute dal CES 2020 di Las Vegas, la più importante fiera tecnologica al mondo, tenutasi dal 7 al 10 gennaio.
Due saranno i protagonisti a collaborare, dando il via alla rivoluzione: Uber, fornitore di servizio di trasporto automobilistico privato e rappresentante della sharing economy, e Hyundai, storica casa automobilistica coreana.
Già nel 2016, con il progetto Elevate, Uber aveva manifestato l’intenzione di avvicinarsi al mondo del “volante”, presentando alcuni prototipi e stringendo accordi con la NASA e l’Esercito statunitense. Oggi più che mai, però, il progetto Uber Air si concretizza: Hyundai è la prima azienda nel settore automobilistico a firmare.

Fonte: wired.it

Dopo essersi occupata del disegno, il colosso coreano produrrà il veicolo, garantendone la manutenzione. A sua volta Uber si occuperà dell’interfaccia e della gestione del network.

Il nuovo “taxi”, dal concept di e-VTOL (veicolo 100% elettrico, a decollo e atterraggio verticale), ha assunto il nome di AS-1 ed è in grado di trasportare fino a 4 passeggeri in aggiunta al pilota, figura che via via verrà sostituita e automatizzata. Il velivolo volerà a basse altitudini (fino a 600 metri), raggiungerà i 290 km/h e avrà un’autonomia di 100 km. I tempi di ricarica si aggirano intorno ai 5-7 minuti e quest’ultima avverrà negli Uber Skyport, luoghi programmati per il decollo e l’atterraggio. Inoltre, Uber tiene a precisare che questo servizio sarà alla portata di tutti.

 

Fonte: yellowmotori.it

Allora, cosa aspettiamo? Quando potremo sfrecciare nei cieli?
Non manca poi così tanto alla realizzazione di questo incredibile progetto: 2023 è la data annunciata.
Sebbene non manchino gli ostacoli, che spaziano tra costi, sicurezza e un’assente regolamentazione, si prospetta che Dallas, Los Angeles e Melbourne saranno le prime città a poter usufruire del servizio.

Insomma, la rivoluzione è vicina.
Vivremo una vita da film fantascientifico? Il traffico nei cieli sostituirà quello nelle strade? Ci abitueremo mai all’avvento di tecnologie sempre più moderne?
E tu… Se pensi al futuro, cosa vedi?

 

 

 


2. L’addio alla prima auto del popolo

Di Maria Ottone

Tempo di lettura: 3 minuti

La storia che voglio raccontarvi oggi è iniziata circa 80 anni fa, nel 1938, quando l’ingegnere Ferdinand Porche completò i progetti dei primi prototipi dell’auto che ha rivoluzionato il concetto di mobilità. Vi starete chiedendo di quale auto sto parlando, ebbene sì, della prima auto del popolo.
Il termine Volkswagen significa proprio auto del popolo. E il primo modello fu il Maggiolino Type1, prodotto in due versioni berlina e cabriolet.
L’idea nacque dalla necessità di permettere a tutti di viaggiare su 4 ruote, e le caratteristiche su cui si puntava maggiormente erano: affidabilità, versatilità, resistenza, velocità e ed economicità.

Fonte: red-live.it

Il maggiolino è un’auto che ha segnato la storia della rinascita tedesca dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Divenne famosa proprio perché, nonostante il potere d’acquisto della popolazione tedesca fosse notevolmente ridotto in questo particolare periodo storico, nell’impiego militare aveva dimostrato di essere un mezzo adatto a tutte le condizioni climatiche e a qualsiasi tipo di terreno. Il Maggiolino diventò così non solo un’icona ma anche un oggetto del desiderio.
Nel 1949, due modelli di Maggiolino lasciarono l’Europa per essere presentati all’Esposizione industriale tedesca a New York. Questo evento rappresentò il trampolino di lancio per un’auto che diventò un oggetto di culto, che venne ribattezzata dal New York Times con il nome “Beetle”.

Fonte: larepubblica.it

Nel 1955, dopo soli 10 anni di vita, sono stati venduti un milione di pezzi. Anche se non si parlava ancora di Marketing, l’idea fu quella di creare il modello celebrativo in color oro metallizzato, con gomma bianca ad incorniciare i cristalli, velluto e broccato rosso per gli interni.

Ma la domanda sorge spontanea, perché oggi stiamo parlando della storia del Maggiolino?
Dopo ben 80 anni la casa d’auto tedesca ha deciso di dire addio a questo modello storico, che non solo è entrato nel cuore di molti, ma ne ha anche rappresentato un compagno di viaggio.
Ed è attraverso un corto di poco più di un minuto che si vuole omaggiare la storia di questa icona, toccando le corde emozionali di molti. 

 

Fonte: ansa.it

Il corto è intitolato ”The Last Mile” , e descrive la storia di un ragazzo che durante gli eventi più significativi della propria vita è stato accompagnato dalla presenza della sua Beetle. Vi è un riferimento anche a tutte le vecchie campagne pubblicitarie più famose e a diversi momenti storici e culturali. Il maggiolino è stato anche icona della cultura pop, e nel corto si fa omaggio a ciò con riferimenti a Kevin Bacon ed Andy Warhol. Il tutto è accompagnato da una colonna sonora ad hoc, ‘ Let it be’ dei Beatles, eseguita dal Pro Musica Youth Chorus. 

Il film termina con un occhiolino che lascia intendere qualcosa, il design che ha affascinato più di 22 milioni di automobilisti sarà pronto a tornare? A cosa staranno lavorando? Magari ad una versione elettrica?

                            

 

                                               

 

 


3. È possibile regalare la felicità?

di Dario Consoli

Tempo di lettura: 3 minuti

Seguimi su Twitter e ti regalo la felicità! 

I soldi fanno la felicità? Tantissime volte abbiamo cercato di trovare la risposta a questa domanda, anche se, come ben sappiamo non riusciremo mai a trovare una risposta che mette d'accordo tutti.
Da qui è partita l'idea di Yusaku Maezawa, fondatore del colosso della moda online Zozotown, passato già alla storia per essere stato il primo uomo ad aver prenotato un viaggio attorno alla Luna con SpaceX, la società di turismo aerospaziale di Elon Musk; l’imprenditore 42 enne ha deciso di mettere in atto un esperimento sociale per rispondere alla fatidica domanda, regalando ben 8.222€ a testa a mille dei suoi follower su Twitter selezionati in maniera casuale. Il motivo? Valutare l’impatto del denaro sulla produttività e la felicità di chi lo riceve. 

Fonte: CGTN.com

Il magnate aveva già sperimentato una cosa simile l’anno scorso, anche se in scala ridotta, offrendo un milione di yen a cento follower. Adesso però, a quanto pare, l’intento è anche quello di studiare il modo in cui verranno spesi questi soldi, al fine di verificare se il denaro piovuto tramite un social network possa contribuire a rendere, i follower fortunati, delle persone più felici.

Fonte: indulgexpress.com

Il post, che ha avuto un successo immediato, saltando subito in testa alla classifica dei tweet più condivisi nella storia (più di 4,8 milioni di retweet), oltre a celebrare il traguardo dei 10 miliardi di yen di ricavi per Zozotown, illustra anche l’unico requisito necessario per partecipare a questa bizzarra estrazione: per essere tra i potenziali fortunati, bisogna aver condiviso un suo post del primo gennaio scorso. Inoltre, chi verrà selezionato sarà anche “monitorato” nella sua quotidianità per capire in che modo la cifra di denaro ricevuta avrà inciso nella vita dei suoi follower. Questionari e sondaggi regolari saranno lo strumento che permetteranno, secondo Maezawa, di verificare in che modo i soldi fanno la felicità. 

Ma cosa c’è dietro a questa stranissima idea di far quasi piovere denaro dal cielo?

L’esito di questa iniziativa potrebbe dare man forte all’idea per il reddito di base universale di cui l’imprenditore giapponese è un fortissimo sostenitore; l’erogazione monetaria, distribuita a tutte le persone dotate di cittadinanza e residenza, cumulabile con altri redditi indipendentemente dall’attività lavorativa effettuata o non effettuata, secondo la visione di Maezawa è il perno di una società giusta

Nel suo intento, Maezawa vorrebbe dar vita ad una sorta di effetto domino, spingendo magari altri personaggi di rilievo a riproporre l’esperimento in giro per il mondo. 

Di certo non sono mancate le critiche da parte di moltissima gente, sottolineate anche dal Japan Time. Il quotidiano giapponese ha messo in evidenza le accuse che molti utenti hanno rivolto al magnate, definendolo un “attention seeker”, un soggetto alla ricerca spasmodica di attenzione. Infatti, a molti non è sfuggito che, tra i messaggi del generoso miliardario, ci siano anche suggerimenti non proprio disinteressati a seguire il suo canale YouTube. 

Fonte: hrnxt.com

Non solo. Sempre su Twitter, l’imprenditore aveva aperto delle candidature per un documentario chiamato Full Moon Lovers, con lo scopo di trovare la ragazza ideale che lo possa accompagnare nel suo viaggio lunare, previsto per il 2023. Dal tweet dello stesso imprenditore si leggeva come la ricerca fosse incentrata su una personalità allegra e ottimista, interessata a viaggiare con lui nello spazio e pronta a sostenere i preparativi per la consueta spedizione. Gli appuntamenti con le candidate inizieranno a febbraio e la decisione dell’imprenditore è attesa per fine marzo.

Fonte: geekwire.com

Al di là delle stravaganti iniziative di Maezawa però, c’è da dire che anche la scienza si è sempre posta come obiettivo quello di definire se, e in che modo, i soldi fanno la felicità. Un’interessante ricerca è stata condotta da un team di economisti americani e canadesi, guidati da Ashley V. Whillans, della Harvard University. Tali studi hanno dimostrato come il denaro, contrariamente a quanto si pensa spesso, contribuisca in buona parte a rendere felice la nostra esistenza. Come? Comprando del tempo libero. Gli esperti hanno scoperto come i soldi siano in grado di “comprare la felicità”, semplicemente permettendoci di “acquistare del tempo”, pagando, ad esempio, qualcuno che svolga dei lavori al posto nostro, dalle pratiche burocratiche, alle pulizie di casa, passando per la cura del giardino.

Eppure, la felicità è un concetto che può avere centinaia di interpretazioni, a seconda di come effettivamente venga intesa. Tutti vogliono essere felici, ma per poter raggiungere tale condizione, bisogna prima realizzare cosa sia la felicità… Cosa sia la felicità per noi.