Money Transfer

4. Whatsapp Pay: pagare con l'App sarà facile come inviare un messaggio

di Antonino Ferro
Tempo di lettura: 3 minuti

Una nuova rivoluzione è alle porte in casa Zuckerberg. Tramite l’app di messaggistica WhatsApp, Facebook ha dato il via alla possibilità di effettuare pagamenti digitali. Grazie a questa nuova funzionalità le persone saranno in grado di inviare denaro o effettuare un acquisto da un’azienda senza uscire dalla chat.

Il sistema di pagamento aggregato a WhatsApp è molto simile ad altri sistemi già in uso da tempo. Esso si basa sulla tecnologia UPI (Unified Payment Interface) Peer to Peer, piattaforma di pagamento che lavora in tempo reale, sviluppata da National Payments Corporation of India per facilitare le transazioni interbancarie. In sostanza consente di effettuare pagamenti fra persone, e anche di pagare nei siti di e-commerce che lo supportano. I pagamenti, quindi, passano attraverso il proprio account WhatsApp che è legato ad un classico conto corrente o ad una carta di credito.

WhatsApp Pay somiglia molto alla sua omologa cinese WeChat. L'applicazione, proprietà della holding cinese Tencent è una spanna avanti a tutte le altre. WeChat in Cina ha avuto un successo digitale clamoroso. Nata come app per la messaggistica (proprio come WhatsApp), è stata trasformata in piattaforma per il business a 360 gradi. Attraverso la app sono possibili non solo lo scambio di denaro fra privati (in modalità peer to peer), ma anche le transazioni finanziarie fra utente e aziende. I cinesi, tramite WeChat pagano le bollette, i biglietti del treno, le multe, gli acquisti che fanno online e anche il ristorante. Un esempio che Zuckerberg pare voglia seguire fino in fondo.

WhatsApp Pay
Fonte: Teknocultura.it

“Stiamo rendendo l’invio di denaro ai propri cari semplice come inviare un messaggio”. Queste sono le parole dell’azienda pubblicate in un recente post. Una strategia che mai come oggi non potrebbe essere così importante in quanto le persone sono fisicamente costrette a stare distanti tra loro e vogliono evitare l’utilizzo della moneta, principale veicolo di contagio.

I pagamenti su WhatsApp sono abilitati da Facebook Pay, in futuro, la famiglia di Facebook consentirà anche a persone e aziende di utilizzare gli stessi dati della carta in tutta la famiglia di app di loro proprietà.

Per rispondere all’insicurezza generale sui pagamenti online tramite la piattaforma, il sistema rassicura con una forte metodologia basata sulla richiesta di un PIN o un’impronta digitale speciale. Le prime carte di debito o di credito supportate saranno quelle del Banco do Brasil, di Nubank e di Sicredi sulle reti Visa e Mastercard. Su questo campo Facebook sta sviluppando un modello aperto per accogliere più partner in futuro.

Nel 2018, Zuckerberg aveva già ottenuto l'approvazione per testare WhatsApp Pay in India, con un milione di persone. Un esperimento molto efficace, dove tante persone hanno continuato a usarlo settimana dopo settimana, con risultati davvero entusiasmanti, anche se poi sono emersi problemi burocratici per quanto riguarda la sua regolamentazione.

WhatsApp Pay
Fonte: marcopa84.it

Per il lancio effettivo, come prima tappa è stato scelto il Brasile, dove si potrà inviare denaro o effettuare un acquisto su WhatsApp, gratuito per i privati mentre le aziende pagheranno invece una commissione di elaborazione per ricevere i pagamenti dei clienti, in modo simile a quello che potrebbero già pagare quando accettano una transazione con carta di credito. Quindi, chi sceglierà di utilizzare Whatsapp Pay con amici e familiari non dovrà pagare commissioni, solo le aziende, le quali dovranno ricorrere a Whatsapp Business.

Inaspettatamente, a una settimana dopo il lancio, sono emersi degli intoppi. Non è stata buona la prima partita per WhatsApp Pay in Brasile. Nonostante il lancio in grande stile della funzione Pay, la Banca Centrale Brasiliana ha deciso di sospendere l’attività a una settimana dall’avvio. La Banca ha sospeso il servizio per difendere il principio della sana concorrenza.

L’istituzione ha dichiarato di aver preso la decisione per garantire la concorrenza nel mercato dei sistemi di pagamento. La BCB ha spiegato di aver valutato con attenzione i possibili rischi per la libera concorrenza per garantire il funzionamento del sistema di pagamento brasiliano (SPB). Quest’ultimo concentra l’insieme delle norme che regolano il movimento finanziario tra i vari agenti di mercato nel paese.

La Banca Centrale ha scritto che senza un’approfondita analisi il sistema di pagamenti di Facebook potrebbe “generare danni irreparabili” all’SPB in termini di “concorrenza, efficacia e riservatezza dei dati” e ancora che “Il mancato rispetto della determinazione della BC comporterà per le parti interessate il pagamento di un’ammenda e la verifica della responsabilità nel processo di sanzione amministrativa”.

WhatsApp, in tutta risposta, ha ammesso di non capire il motivo del repentino cambio da parte della Banca Centrale dal momento che la società era regolarmente in contatto sia con le banche locali e le società di pagamento sia con l’Istituzione in vista del lancio. Secondo la famiglia di Facebook, il vero motivo scatenante è che la Banca Centrale avrebbe temuto la competizione con Pix, il servizio di pagamenti istantanei che l’istituzione brasiliana lancerà a novembre e per il quale ha stretto partnership con quasi 1.000 attori del settore.

Una bella botta per la famiglia di Facebook ma che di certo non si arrenderà facilmente. Questa disdetta rappresenta solo un piccolo ostacolo rispetto alle previsioni dei prossimi anni dove l’incursione nel settore dei pagamenti digitali porterà ad un incremento dello shopping online e di conseguenza il valore della pubblicità su Facebook, ma dopo la mancata approvazione dalle autorità di regolamentazione in India, ora Zuckerberg deve far fronte ad un’ulteriore attesa, anche nel suo secondo mercato più grande di WhatsApp con circa 120 milioni di utenti attivi mensili.


Copertina Monica Bellucci

5. Il ritorno di Postalmarket, tra innovazione e tradizione

                                                                                                                                                di Erica Lo Verso
Tempo di lettura: 3 minuti

Proprio come succede in amore, anche nel mondo del business vi sono brand e aziende che “fanno giri immensi per poi ritrovarsi”: è questo il caso di Postalmarket, che ha alle spalle un lungo e importante percorso imprenditoriale, fatto di alti e bassi e di continui cambiamenti che ne hanno determinato la scomparsa dalla scena competitiva ma sulla quale è pronta a ritornare nei prossimi mesi, entro Natale.

La storia di Postalmarket inizia nel 1959, anno in cui l’azienda fu fondata a Milano da Anna Bonomi Bolchini, imprenditrice già prima che le donne potessero ufficialmente occuparsi di business e soprannominata “La signora della finanza”. Per tale attività, venne importato in Italia il modello statunitense della vendita per catalogo, ottenendo un enorme successo, tanto che tra gli anni Ottanta e Novanta l’azienda divenne leader nel mercato delle vendite per corrispondenza (in particolar modo nelle categorie: abbigliamento, accessori e cosmetici). Inoltre, a contribuire alla notorietà di tali cataloghi è stata la scelta di personaggi famosi, italiani e internazionali, come testimonial, tra cui Ornella Muti, Romina Power, Monica Bellucci, Cindy Crawford, Claudia Schiffer, Brooke Shields etc.

Vecchie copertine Postalmarket
Fonte: Tirreno.gelocal.it

Tuttavia, dopo il periodo di gloria iniziale, dagli anni Novanta iniziò lentamente il suo declino a causa dei problemi finanziari che si verificarono nelle successive acquisizioni dell’azienda, e che ostacolarono ogni tentativo di salvataggio, comprese soluzioni innovative, come l’introduzione dell’e-commerce da parte dal senatore Eugenio Filograna, e sviluppato concretamente attraverso la nascita di Postalmarket Revolution nel 2009 ad opera dell’imprenditore Stefano Bortolussi.

La conversione dell’azienda al mondo digitale non ha impedito il suo fallimento nel 2015 ma ha rappresentato una svolta importante per i suoi sviluppi più recenti, in quanto è in questa veste che lo scorso mese è stata rifondata col nome Postalmarket Srl, dall’imprenditore Bortolussi, che ha continuato a credere in questo progetto, e al suo partner tecnologico, Francesco D’Avella, titolare della piattaforma Storeden. L’idea è quella di rilanciare Postalmarket in versione sia analogica (con un catalogo leggero, per gli abbonati) sia digitale, per cavalcare l’onda dell’e-commerce da un lato, ponendosi l’obiettivo di diventare “l’Amazon italiano”, e soddisfare i clienti più nostalgici abituati alla versione cartacea del catalogo dall’altro.

Copertina Autunno-Inverno 74/75
Fonte: Leggo.it

La storia di questa azienda e il nuovo progetto, offrono non pochi spunti di riflessione. In primo luogo, porsi obiettivi ambiziosi dopo un lungo percorso instabile e con ripetuti fallimenti, è segno di determinazione e coraggio di chi, nonostante tutto, non vuole arrendersi rinunciando ai propri sogni ma investire tempo e risorse per far riemergere un’azienda che ha fatto la storia e che può continuare a farla, adattandola al nuovo contesto competitivo. In secondo luogo, la scelta di non eliminare completamente il catalogo cartaceo, oltre al fatto di poter raggiungere i vecchi (potenziali) clienti, dà un’idea di continuità tra innovazione e tradizione, tra passato e presente, arricchendo il vecchio medium di un significato emotivo che porterebbe ad instaurare un legame più profondo con il cliente, il quale rappresenterebbe il punto di partenza principale per la rinascita dell’azienda.


NEAM MAGGIO 2020

logo della rubrica "Neam" News of Economy and More, due mani sostengono un planisfero della terra

Nel mese in cui ognuno di noi ha riscoperto il cambiamento, abbiamo scelto di proporvi storie di criticità ed evoluzione, ma anche di tecnologia e condivisione.

1. Virtual influencer, il possibile futuro dei brand?
2. Fortnite incontra Travis Scott: rivoluzione videoludica?
3. Spotify abbatte le distanze: #ListeningTogether
4. Il piacere in tavola, senza chiudere i battenti
5. Nuovi trend di consumo post lockdown - il boom dell'e-commerce

Buona lettura e buona ripresa da tutto il nostro team!


Virtual Influencer per Gucci

1. Virtual influencer, il possibile futuro dei brand?

Di Laura Marina Popa
Tempo di lettura: 3 minuti

Vi sareste mai immaginati che modelle o influencer virtuali potessero mai sostituire top model reali nella comunicazione dei brand?
Tutto questo sta accadendo. L’industria della moda è certamente uno dei primi settori ad aver accettato e inserito l’utilizzo di virtual influencer nella propria comunicazione e strategia di marketing.

Partiamo da uno dei primi casi, se non una delle Virtual Influencer più conosciute.

LIL MIQUELA 

NOME: LIL MIQUELA
AKA: @lilmiquela
ETÀ: 19
FOLLOWERS: 2,3 MLN

Miquela approda su Instagram nell’aprile del 2016, creata da una startup californiana specializzata in robotica, intelligenza artificiale e nel mondo dei media. Come personaggio pubblico è anche attiva sulla questione dei diritti umani, come dimostra il suo sostegno per il movimento Black Lives Matters e per la comunità LGBTQ.

La sua celebrità è legata alla pubblicazione di contenuti personali, pieni di emozioni, per quanto possiamo definirle, legati anche a collaborazioni con brand come Prada, Samsung, Vetements, Chanel e tanti altri.

https://www.instagram.com/p/BuIjFFjHfoU/?igshid=7pwmq96s7f38

Ma la passione di Miquela è la musica, come dimostra il suo ultimo singolo “Machine” in collaborazione con Teyana Taylor (cantante in carne e ossa).

Clicca qua per ascoltarla!

Una piccola rivoluzione quella di Miquela che arriverà a definire una nuova generazione di personaggi d’intrattenimento.

COLONNELLO SANDERS

Nel campo del food, vi è il Colonnello Sanders della catena di fast food Kentucky Fried Chicken - KFC.

https://www.instagram.com/p/BwcbDEkAn2H/?igshid=muyti6xun7i

Si tratta di una versione moderna del fondatore in chiave hipster, che compare in alcuni post dedicati sui profili social della catena. Un esperimento che ha avuto un grandissimo successo dimostrato anche dall’engagement dei vari post. Attraverso la sua comunicazione simpatica rappresenta una parodia dell'influencer moderno che ha permesso al brand di divertirsi e far divertire i suoi utenti.

ERICA

Erica non esiste ma è diventata famosa grazie a Gucci che l'ha scelta per una delle sue campagne marketing in Cina.

Virtual Influencer per Gucci
Fonte: vrroom.buzz

Si tratta di un robot creato con l'ausilio dell'intelligenza artificiale da Hiroshi Ishiguro, direttore dell'Intelligent Robotics Laboratory di Osaka.

https://youtu.be/dt8ugWEHgwI

Virtual Influencer: opportunità o moda?

Il fenomeno è in grandissima crescita, così come i fan che seguono questi influencer del futuro. Non hanno solo apparenze normali, ma comunicano stili di vita piuttosto vicini alla realtà.

La nascita del virtual influencer marketing ha portato sicuramente degli svantaggi oltre che dei vantaggi:

  • Il modello o la modella non possono incappare in gaffe da social, permettendo così ai brand di non dover affrontare spiacevoli incidenti dovuti al cattivo comportamento dell'influencer.
  • I brand di lusso sembrano essere molto attratti dai virtual influencer per via dell'immensa gestibilità dei contenuti.
  • L’essere sempre a disposizione, abbattendo i costi rispetto ad influencer reali, con una possibilità di controllo totale della comunicazione e delle interazioni, che abbattono gli alti costi di gestione (legati all’Intelligenza Artificiale), credibilità, fiducia e aspetti legali.

Ma anche qualche lieve complicazione:

  • Creazione e gestione del profilo social. Dare vita a un virtual influencer significa anche creare un team di veri e propri ingegneri esperti di computer grafica e programmazione 3D, con dei costi di progettazione e realizzazione che non tutti possono permettersi.

Ci dobbiamo aspettare un futuro in cui i virtual influencer supereranno quelli reali? Probabilmente no, ma sicuramente continueremo ad avere una crescente coesistenza tra reale e virtuale.


2. Fortnite incontra Travis Scott: rivoluzione videoludica?

Di Giuseppe Samperi
Tempo di lettura: 3 minuti

L’epoca in cui i videogiochi rappresentavano una prerogativa esclusiva di una generazione di giovani smanettoni può dirsi conclusa da un pezzo. Per coloro che ancora non riescono a comprendere cosa stia realmente accadendo, il concerto evento di Travis Scott sull’isola di Fortnite, dovrebbe aver chiarito ogni eventuale dubbio: una stravolgente rivoluzione videoludica è in atto. Mondo reale e virtuale si incontrano e si fondono dando vita ad uno spettacolo unico nel suo genere, capace di tenere incollate ad uno schermo oltre 12 milioni di persone, contemporaneamente e da tutto il mondo. Numeri comunque non precisi, se si tiene in considerazione chi ha seguito il tutto su piattaforme come Twitch o Youtube. È la magia di internet a rendere possibile tutto ciò, insieme ad una coordinazione perfetta tra marketing, comunicazione e intrattenimento: la Epic Games non ne sbaglia una. Tuttavia, per comprendere a pieno ciò di cui stiamo parlando, è necessario fare un passo indietro. Come in ogni storia di successo, infatti, ciò che da davvero valore al risultato finale, è la pianificazione estrema e l’attenzione maniacale al dettaglio.

 

Immagine promozionale dell'evento "Astronimical" di Travis Scott sull'isola di Fortnite, con un autobus accanto
Fonte: epicgames.com

L’immensa operazione mediatica messa in piedi dalla Epic Games (casa di sviluppo di videogiochi americana), non è la prima in ordine cronologico. Nel febbraio del 2019, infatti, un primo concerto live del DJ Marshmello, sempre su Fortnite, aveva visto la partecipazione di oltre 10 milioni di utenti. Rispetto al primo esperimento, però, ci sono delle sostanziali differenze: evoluzioni nella pubblicizzazione dell’evento, strategie per la creazione di hype da parte dei giocatori di più lungo corso e dei neofiti videoludici, analisi approfondite sull’intrattenimento virtuale. Il periodo storico che stiamo vivendo, poi, ha amplificato esponenzialmente il potenziale di utenti connessi. Con il mondo in pieno lockdown, infatti, le percentuali di acquisto di console e videogiochi sono cresciute, il numero di giocatori connessi ai server di tutto il mondo è aumentato e l’attuazione da parte delle maggiori compagnie videoludiche di sconti, free pass e free download, hanno senza alcun dubbio contribuito a rendere Astronomical l’evento virtuale dei record. 

 

personaggi esclusivi sbloccabili su Fortnite a seguito del concerto evento di Travis Scott sul gioco
Fonte: epicgames.com

Il concerto è stato replicato più volte nel corso del mese, come un tour virtuale mondiale per permettere ai giocatori delle diverse parti del mondo di assistere all’ora più consona rispetto al proprio fuso orario. In realtà però, l’evento in sé era già iniziato settimane prima rispetto alla data ufficiale della prima assoluta del 24 aprile. Per coloro che giocavano alla famosissima “Battle Royale” di Fortnite, infatti, era possibile assistere durante il gioco, alla costruzione passo dopo passo dell’intero palco che avrebbe ospitato Travis Scott, con tanto di countdown gigantesco a segnalare i giorni, le ore ed i minuti mancanti all’inizio della festa. Ma non è finita qui. Nei giorni precedenti è stato possibile acquistare e sbloccare l’esclusiva skin (il personaggio fisico da usare all’interno del gioco) creata ad hoc, del rapper americano, insieme ad alcune delle sue caratteristiche movenze, proprio per alimentare curiosità ed interesse. Ma perché proprio Travis Scott? I suoi numeri parlano chiaro: con 39 milioni di ascoltatori mensili soltanto su Spotify e con numerosi brani, ormai diventati iconici, che superano senza difficoltà il mezzo miliardo di ascolti, il rapper texano è un punto di riferimento di un’intera generazione in ambito internazionale.

 

Ciò che sicuramente rende incredibile l’intera operazione è stata, però, la sua attuazione. Pochi secondi prima dell’arrivo dello zero sul countdown, nessuno si sarebbe mai aspettato ciò che di lì a poco sarebbe successo. È stata la segretezza unita ad un nome così celebre a creare un’immensa aspettativa sull’evento. Aspettativa che è stata completamente ripagata e per qualcuno anche superata da “un'esperienza fuori dal mondo” utilizzando le parole della stessa Epic Games. Un Travis Scott formato gigante è apparso in volo sopra una luna, circondato da una combinazione di musica, laser e luci psichedeliche. 

Gigantografia di Travis Scott durante il suo concerto evento sull'isola di Fortnite
Fonte:essentiallysport.com

Gli abbondanti 10 minuti di show proseguivano incalzanti, alternando tracce e location non convenzionali in cui il giocatore poteva muoversi ed interagire in totale libertà. Un’organizzazione perfetta in cui era impossibile annoiarsi e non essere coinvolti a pieno. L’apoteosi di luci e colori è stata sul finale, sulla presentazione in anteprima assoluta del nuovo brano “The Scotts” in featuring con Kid Cudi che ha poi raggiunto in meno di 24 ore 7,45 milioni di stream su Spotify.

Il dibattito dunque è iniziato, il vaso di Pandora aperto. Cosa diventerà Fortnite in futuro? Quali sono attualmente, e quali saranno nei prossimi anni, le conseguenze per l’industria musicale? I concerti in live streaming e gli artisti virtuali diventeranno la nuova frontiera della musica e quindi parte integrante delle nostre vite? Proviamo a dare qualche risposta, analizzando come sempre, il contesto che ci circonda. 

Fortnite rappresenta sempre più un universo digitale a sé stante, un metaverso dove tutto è già accaduto (come l’enorme buco nero che ha risucchiato l’intero primo capitolo della serie) e dove ancora tutto può accadere. Siamo ben lontani dal classico concetto di piattaforma online che permette a giocatori di tutto il mondo di combattere tra loro. Sta continuando a formarsi ed evolversi per dare ai propri player esattamente ciò che vogliono, senza neanche saperlo, inserendo in prospettiva, campagne di marketing.

https://twitter.com/FortniteGame/status/1254206055405383681?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1254206055405383681&ref_url=https%3A%2F%2Fwww.esquire.com%2Fit%2Flifestyle%2Ftecnologia%2Fa32277024%2Ftravis-scott-fortnite%2F

L’industria musicale guarda con attenzione a questo nuovo fenomeno e nonostante qualcuno storca ancora il naso per gli eventi e gli artisti virtuali, i risvolti economici di questo tipo di iniziative non possono essere ignorati. Quel che è certo è che dopo Marshmello e Travis Scott, alcune delle case discografiche più importanti al mondo hanno già iniziato a proporre collaborazioni tra i propri artisti e la Epic Games. E proprio la Epic, nel gennaio del 2019 ha acquistato un’azienda serba, la 3Lateral, leader nello sviluppo di tecnologie per creare “umani digitali”. Si può dunque stare certi: non sarà l’ultimo evento al quale assisteremo e nell’attesa del prossimo progetto, non ci resta che giocare.

 


Il nuovo progetto di Spotify: Listening Together

3. Spotify abbatte le distanze: #ListeningTogether

di Samuela Maggio
Tempo di lettura: 3 minuti

Quante volte ci siamo sentiti piccoli, un puntino nel mondo? Siamo 7 miliardi, e forse non riusciremo a conoscere neanche lo 0,00001% di questi. Culture, lingue e tradizioni ci fanno spesso sentire lontani anni luce da alcuni popoli, ma quanto siamo davvero lontani? Chi non si è mai chiesto se, con qualcuno, in qualche parte del mondo, condividesse una passione, un posto preferito nel mondo, una canzone del cuore? Chi, invece, si è spinto a pensare di essere addirittura coordinati, magari a distanza di migliaia di chilometri, nello svolgere un’attività?

Spotify ha trovato, in un particolare modo tutto suo, la risposta a questi affascinanti e curiosi quesiti esistenziali. Saprete sicuramente di cosa stiamo parlando: Spotify è ormai uno dei più grandi servizi di riproduzione digitale in streaming di musica, podcast e video. Grazie ai suoi contenuti di alta qualità e alla sua piattaforma semplice e allo stesso tempo sofisticata, è entrato nei must have di ogni dispositivo.

Spotify: uno dei più grandi servizi di riproduzione musicale
Fonte: edmtunes.com

In un periodo difficile come questo, dove le distanze sembrano triplicarsi, anche i più famosi brand si sono avvicinati alla musica e, in particolare, a Spotify con la creazione di playlist personalizzate. A tal proposito, anche Oikosmos si è lasciata trasportare dall’entusiasmo musicale, creando delle playlist su misura dei Team Member, all’interno delle quali ognuno di essi ha potuto esprimersi con le canzoni che più stanno a cuore. Il messaggio è davvero chiaro: niente è più confortante della musica.

Qual è stata, quindi, la risposta di Spotify durante questo periodo di distanze e incertezze?
Affermando che, ogni secondo, più di 30 mila ascoltatori iniziano a riprodurre un brano in contemporanea con una persona che non conoscono. È così che cominciamo a sentirci connessi, insieme, meno soli.

Il nuovo progetto di Spotify: Listening Together
Fonte: billboard.com

Da lì, il lancio del progetto #ListeningTogether (#inascoltoinsieme), nato nel 2014 da Kyle McDonald.
Accedendo su questa pagina online, Spotify ci permette di visualizzare su una mappa geografica, nel totale rispetto della privacy, le zone nelle quali qualcuno sta ascoltando lo stesso brano contemporaneamente. È affascinante e, talvolta, sorprendente vedere come un brano possa tagliare le distanze e renderci così vicini.

Il progetto, tiene a specificare la nota azienda, è in continuo miglioramento, al fine di approfondire le scene musicali dei vari Paesi ed inserire brani in altre lingue (attualmente sono presenti principalmente brani in lingua inglese).

Listening Together mostra i brani in ascolto contemporaneamente in tutto il mondo
Fonte: tech.everyeye.it

La musica si configura ancora una volta come un linguaggio che tutti conosciamo, come vibrazioni che tutti sentiamo e, in fondo, sa renderci incredibilmente simili.
Quali altre curiose iniziative ci riserverà il futuro? Nell’attesa, dai play alle tue idee e scatena le tue vibes!


I cibi tipici italiani regione per regione

4. Il piacere in tavola, senza chiudere i battenti

di Maria Ottone
Tempo di lettura: 3 minuti

Il 2020 non è iniziato sicuramente come molti degli Italiani si aspettavano, e sta proseguendo verso una direzione che sicuramente cambierà i connotati del nostro Paese. L’Italia è sempre stata la patria del buon cibo, ogni regione ha le sue peculiarità e i suoi piatti tipici. Ma a seguito di questo lockdown cosa accadrà alle migliaia e migliaia di ristoranti, di bar, trattorie e chi più ne ha ne metta?

Potremmo partire da un’analisi condotta da Confcommercio dalla quale emerge che ci sono circa 270 mila imprese che rischiano la chiusura definitiva a seguito dell’emergenza Covid. Se la situazione non dovesse prendere una piega diversa attraverso delle riaperture piene ad ottobre, numerose persone perderanno il lavoro e numerosi esercizi commerciali chiuderanno i battenti. Il rischio di una crisi economica oltre ad essere stato annunciato si sta già verificando, ma il rischio di conseguenza senza precedenti è la paura di molti, per non dire moltissimi. La stima di Confcommercio risulta essere “prudenziale”, oltre agli effetti economici derivanti dalla sospensione delle attività, bisogna considerare anche il rischio "dell’azzeramento dei ricavi a causa della mancanza di domanda e dell’incidenza dei costi fissi sui costi di esercizio totali". Un rischio di chiusura “incombe anche sulle imprese dei settori non sottoposti a lockdown“, quindi non soltanto bar, ristoranti, palestre, etc., ma anche attività che hanno già riaperto.

Ristoratori italiani alle prese con le nuove misure
Fonte: quotidiano.net

A causa della chiusura forzata delle attività per circa tre mesi, le perdite di fatturato registrate, secondo una stima, si aggirano intorno ai 14 miliardi di euro. Ma soprattutto il numero di dipendenti che hanno perso il lavoro a causa di queste chiusure è pari a circa 230 mila lavoratori. Uno dei dati più sconcertanti è che circa il 30% di bar e ristoranti italiani rischiano di non rivedere più le loro serrande alzate. Il settore ristorativo in Italia rappresenta il 4% circa del PIL totale, e il 5% del tasso di occupazione.

Oltre alle restrizioni in termini di chiusure e riaperture, bisogna considerare anche le nuove modalità con cui si potrà lavorare. Per garantire la sicurezza dei clienti, le strutture ristorative dovranno investire in sanificazioni costanti, in dispositivi per tutelare loro stessi ma anche chi vuole fare un passo verso la normalità. A proposito di questo passo verso la normalità, una storia, ma penso una delle molte storie che verranno raccontate nei prossimi mesi, ci tengo a raccontarla. Riguarda un signore di Marsala che, dopo mesi di chiusura, è tornato a bere il caffè nel suo bar di fiducia e ha deciso di pagare il suo caffè 50 euro, perché? Perché erano 50 giorni che non poteva bere il caffè e gli è sembrato giusto porgere una mano a chi in questo mento si trova in difficoltà. Questo non per dire che da domani dovremmo pagare tutti un caffè 50 euro, ma semplicemente perché in un momento come questo le storie di solidarietà fanno bene al cuore, oltre che all’economia!

Misure di distanziamento nei bar
Fonte: ilmessaggero.it

Uno studio condotto da Bain & Company ha permesso di analizzare la situazione, e Sergio Iardella, partner di Bain & Company”dice: “In questo contesto ci troviamo di fronte alla scelta difficilissima di coniugare la prevenzione e la salute con la sopravvivenza di un pilastro strategico dell’economia italiana e del Made in Italy”.

Fra le molteplici criticità, vi sono le misure di distanziamento sociale all’interno dei locali ristorativi, questo perché, se ci si pensa bene, il fatturato di un ristorante dipende strettamente dal numero di coperti che può servire giornalmente. Permettere il corretto distanziamento sociale porterà ad un dimezzamento, se non oltre, dei posti disponibili.  Ed è in questo contesto che si ritiene necessario un approccio congiunto di tutta la filiera per non penalizzare troppo i ristoratori e i clienti che, si sa già, saranno loro a pagarne il prezzo con un aumento o, peggio ancora, con una voce specifica a scontrino di una tassa COVID, come è già successo in alcuni locali sul territorio Italiano.

Scontini e probabili tasse
Fonte: termolionline.it

La collaborazione è fondamentale e sarà proprio grazie a questa che l’economia Italiana, in maniera ottimistica, si risolleverà, e potremo tornare a gustare le meraviglie culinarie del nostro territorio senza dover penalizzare operatori del settore ristorativo o clienti. La normalità non è vicina, ma non è neanche troppo lontana, nel frattempo possiamo pensare già a cosa vorremmo mangiare nel nostro luogo preferito.


5. Nuovi trend di consumo post lockdown – il boom dell’e-commerce

di Anastasia Tozzi Bordei
Tempo di lettura: 3 minuti

Ancora una volta si parla di pandemia, ma questa volta per parlare dei nuovi trend di consumo che ha portato con essa. Secondo alcune ricerche odierne, i comportamenti di acquisto e consumo dei consumatori, italiani e non, sono cambiati durante il lockdown. Alcuni di questi cambiamenti certamente svaniranno, quando si avrà un definitivo ritorno alla normalità e quando il virus sarà scomparso, ma altri certamente resteranno.

Nelle settimane di isolamento e quarantena, con i negozi chiusi, il campionato calcistico fermo e tanto tempo libero da trascorrere in casa, gli italiani hanno riscoperto alcune attività da fare dentro le mura domestiche. C’è chi ha imparato a cucinare, in particolare la pizza e il pane fatto con le proprie mani, tutti noi abbiamo postato almeno una foto di queste sui nostri social; c’è chi ha guardato molti più film e serie tv in streaming, letto libri, seguito corsi online per migliorare le proprie skills, ma soprattutto tutti noi abbiamo trascorso tanto tempo su internet e i social network. Tutto questo ovviamente accompagnato da una maggiore attenzione alla cura personale e alla salute.

Ragazza al computer che fa shopping online da casa
Fonte: fastweb.it

La paura di uscire e di contrarre il virus ha spinto molti italiani a rivolgersi all’e-commerce per lo shopping, sia alimentare che non. Tale fenomeno ha visto un vero e proprio boom nel nostro Paese. Tra i paesi analizzati da Ipsos – società leader nel settore dell’analisi e ricerche di mercato – la penisola italiana è quella che ha delineato l’incremento maggiore degli acquisti online, subito dopo la Cina. L’incremento registrato da Nielsen, nella settimana tra il 24 febbraio e il 1° marzo, è stato del +81% delle vendite. A crescere soprattutto sono stati i prodotti che rientrano tra quelli di “scorta” e a lunga conservazione, come la pasta e i prodotti surgelati, e i prodotti per l’igiene personale (+93%) e della casa (+126%).

La cosa più interessante che emerge dalle ricerche è che non solo le generazioni più giovani si sono avvalse di quello servizio, ma anche alcuni Baby Boomers, ovvero coloro nati tra il 1946 e il 1964, chi magari alle prime armi e chi magari aiutato da altri. Una rivelazione sui cui le imprese dovrebbero riflettere.

Anziana e ragazzo davanti al pc
Fonte: corsigenova.com

Un altro dato molto interessante che è emerso, grazie a Nielsen, è la grande crescita di servizi come click&collect, con un +205,4% rispetto al 2019, con un’incidenza che sale dal 6% al 14% delle vendite totali. Oltre al click&collect sono cresciuti anche i servizi click&drive e i locker.

La crescita o meglio l’esplosione dell’e-commerce ha portato però anche alla consapevolezza del fatto che i retailer italiani non fossero pronti in quest’ottica. Si sono registrati infatti consegne in ritardo, servizi non attivi e soprattutto non in tutti i comuni italiani il servizio di consegna a domicilio della spesa era disponibile. In città le opzioni sono molte e accessibili, anche se non sempre, nelle periferie invece le catene non hanno una presenza capillare, tanto meno e-commerce.

Servizio consegna a domicilio Esselunga
Fonte: esselunga.it

Alla luce di quanto sopra descritto, le aziende e in particolare i retailer italiani dovrebbero rendersi conto delle grandi opportunità offerte dall’e-commerce, anziché vederlo sempre come un nemico da combattere. Il negozio fisico è, senza ombra di dubbio, il luogo dove si può interagire con il consumatore e ottenere un vantaggio competitivo, se gli si offre un’esperienza d’acquisto e/o consumo memorabile, ma oggigiorno per essere competitivi ciò non basta più. L’avere una piattaforma funzionante per la vendita online non è più un nice to have, ma un must to have. Per tale motivo, non solo i grandi retailer, ma anche i più piccoli negozianti dovrebbero sempre più integrare tale servizio non solo per essere più competitivi, ma soprattutto per venire incontro alle esigenze di chi compra, perché in fin dei conti, è il consumatore a decidere il successo o insuccesso di un retailer.


NEAM APRILE 2020

Torna Neam!

Questo mese abbiamo selezionato alcune notizie con in comune il tema dell'innovazione.
Storie di consapevolezza, coraggio e un gran desidero di rivoluzione!

1. Ufirst e le altre: fare la fila in “digitale” diventerà la normalità?
2. Il mondo fashion non si ferma
3. Ciao, sono “IO”
4. Turismo virtuale: le Isole Faroe come in un videogame
5. Barilla: ecco le confetture“Incontri”

 

Buona lettura!


Le quotidiane code davanti i supermarket

1. Ufirst e le altre: fare la fila “in digitale” diventerà la normalità?

di Nunzio Salvatore Minissale
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«Ufirst consente, tramite un'app gratuita, di prendere il posto in fila prima di arrivare in una struttura e sapere, in tempo reale, quante persone si hanno davanti. Di fatto, fa la fila per noi.»

Con queste parole, rilasciate ai nostri microfoni durante l’evento di Talents In Motion tenutosi alla Unicredit Tower Hall di Milano lo scorso 14 Novembre, Roberto Macina, CEO e Co-founder dell’azienda, spiegava un concept che potrebbe cambiare radicalmente il nostro quotidiano. Immaginate infatti un mondo senza più file dal medico, alle poste, al Comune, oppure, per calarci nella più immediata realtà di questi giorni di quarantena, un mondo senza più interminabili file davanti ai supermarket. Colonne di carrelli immobili sotto il sole, al vento, o bagnati dalla pioggia sostituite da sms che avvisano l’utente che è il momento di recarsi al supermercato, senza più tempi morti. Un sogno? Per qualcuno è già realtà.

Le quotidiane code davanti i supermarket
Fonte: larepubblica.it

Da circa un mese infatti, la piattaforma ha cominciato una proficua collaborazione con Esselunga. L’intento, come spiegato dal Chief Marketing & Customer Officer della catena Roberto Selva, è quello di «digitalizzare gli accessi per tutelare la salute delle persone attraverso il rispetto delle distanze di sicurezza» e di «migliorare l’esperienza di acquisto dei nostri clienti.»

Il sistema, attualmente in fase di test presso alcuni punti vendita sparsi tra Lombardia, Veneto, Toscana e Piemonte (ma che già prevede un piano di espansione nelle città dove il retailer è presente), può essere fruito dai clienti in due modi:

  • Tutti coloro (circa 800.000 persone) già in possesso dell'applicazione ufirst per smartphone potranno, grazie al sistema di geolocalizzazione, visualizzare direttamente dal telefono lo store di Esselunga più vicino, prendere virtualmente dall'app il numero per l'accesso e monitorare l'avanzamento della fila da remoto, ricevendo notifiche in prossimità del proprio turno e recandosi sul posto solo al momento opportuno.
  • Chi non avesse ancora scaricato ufirst, ma fosse in prossimità di uno dei negozi Esselunga dove l'app è attiva, potrà riservare il proprio posto semplicemente comunicando al personale il numero di cellulare. Il sistema ufirst invierà un sms con lo stato di avanzamento della propria posizione in fila fino al proprio turno.
ufirst è a disposizione di tutte le realtà aperte al pubblico
Fonte: ufirst on Facebook

Ufirst è una delle tante app ad aver aderito all’iniziativa di Solidarietà Digitale del Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione, mettendo a disposizione gratuitamente - fino al 30 giugno 2020 - la propria piattaforma Ufirst business a tutte le strutture aperte al pubblico, da quelle della Pubblica Amministrazione ai privati (GDO, farmacie, ambulatori ecc..): «Doveroso» racconta Matteo Lentini, Managing Director di ufirst «mettere a disposizione di tutti coloro che prestano un servizio di pubblica utilità a favore di ciascuno di noi la nostra soluzione che permette di evitare attese, in questo momento ancora più stressanti, e di rispettare le distanze di sicurezza evitando possibili assembramenti di persone.»

Come si suol dire, di necessità virtù. E così, per far fronte al problema delle file davanti i negozi, sono state sviluppate diverse app, le quali spesso si basano su informazioni condivise dagli utenti stessi: è il caso di FilaIndiana, ideata dagli informatici Fulvio Bambusi e Andrea Torrone: un’app semplicissima, che consente di geolocalizzarsi e inviare il proprio contributo per perfezionare le stime d’attesa davanti ai punti vendita. Grazie alla geolocalizzazione e alle segnalazioni degli utenti, l’applicazione riesce a mappare i supermercati più vicini, indicando il tempo di attesa e il numero di persone in fila. Inizialmente disponibile solo in Lombardia, l’app è oggi utilizzabile in tutta la penisola.

L'interfaccia dell'app FilaIndiana
Fonte: fanpage.it

Un servizio simile, per ora limitato alla sola città di Roma, è offerto dall’app DoveFila. Disponibile anche in versione desktop, è l’evoluzione della piattaforma DoveConviene, che condivide offerte promosse dai negozi su tutto il territorio nazionale. Anche qui, stesso principio: il servizio, gratuito, dipende dal contributo degli utenti, che con le loro segnalazioni “live” permettono di perfezionare le stime di attesa. Basta geolocalizzarsi, mappare la situazione in tempo reale e decidere di conseguenza a che ora uscire per andare a fare la spesa. Una volta arrivati, durante la permanenza in coda, cliccando sul logo del negozio interessato l’utente può confermare la veridicità dell’attesa stimata e inviare la propria segnalazione, attraverso la funzione “Sei in coda? Segnala qui”.

In conclusione, è chiaro che la situazione emergenziale che stiamo affrontando ha accelerato un processo, quello della “digitalizzazione” delle attese, che sicuramente avrebbe preso il sopravvento, prima o poi. La necessità di affrontare la pandemia sta riuscendo nell’impresa di educare le masse (anche le meno “smart”, se aiutate) a sistemi “non fisici”, dai pagamenti digitali, ai contatti via telematica, fino, appunto, alla fila “virtuale” davanti ai supermercati (o per qualsiasi altro servizio). Sarà interessante apprezzare quanto e come questo processo diverrà definitivo, una volta conclusa la fase più emergenziale, quando la nuova “normalità” porterà magari i nostri anziani a diminuire i rischi per la propria salute, consentendogli di evitare il rituale, quasi poetico ma ormai da evitare, della “fila alle poste”.