Le Porsche voleranno è accordo con Boeing

2. PORSCHE E BOEING PER LA FLYING REVOLUTION

di Antonino Ferro
Tempo di lettura: 3 minuti

Molte aziende scommettono sulla nuova frontiera del flying car per rivoluzionare i viaggi di media distanza nelle città e nelle aree suburbane. Da Boeing a Uber,  lo sviluppo dei primi veicoli a decollo verticale e in doppia configurazione stradale/aerea saranno la nuova conquista del business. La casa automobilistica tedesca Porsche annuncia ufficialmente la collaborazione con Boeing, la più grande azienda nel settore aerospaziale, per introdurre una vera rivoluzione nell’ambito della mobilità urbana. Le auto che si alzeranno in volo e in un sol colpo si lasceranno alle spalle i problemi del traffico stradale rappresentano la futura frontiera della mobilità. Dopo vari esperimenti ai diversi prototipi di start-up e aziende hi-tech che negli ultimi anni hanno effettuato vari test di volo in giro per il mondo, anche i più grandi brand del settore automobilistico iniziano a dimostrare un interesse concreto verso questo campo, che sembrerebbe destinato ad esplodere nel prossimo decennio anche se per molti sembrerebbe ancora qualcosa di futuristico. Si tratta di un accordo che ha come obiettivo quello di esplorare le possibilità di sviluppo dei veicoli terra-aria per il trasporto privato.

Le Porsche voleranno è accordo con Boeing
Fonte: motor1.com

Porsche, come spiegato da Detlev von Platen, membro del CDA del reparto vendite e marketing della Casa tedesca, scommette in maniera decisa sul fronte auto volanti: “Stiamo combinando la forza di due aziende leader internazionali per puntare ad un segmento di mercato potenzialmente importantissimo in futuro.” Porsche mira ad un miglioramento nell’ambito della produzione di automobili sportive e volanti, diventando un marchio leader della mobilità premium. Le aziende lavoreranno congiuntamente per valutare tutti gli aspetti relativi allo sviluppo di un velivolo ad alimentazione elettrica, in grado di decollare ed atterrare in verticale come un elicottero, e che quando si muove in strada possa garantire le prestazioni di una Porsche.

La casa automobilistica ha recentemente tolto i veli alla prima automobile elettrica, la Taycan, ma sembra voler guardare più lontano. La casa automobilistica tedesca  intende allargare i suoi orizzonti come costruttrice di vetture sportive, diventando un brand leader nella mobilità del flying car. A lungo termine, questo potrebbe voler dire passare alla terza dimensione del viaggio. Aurora Flight Sciences, a tal proposito, sta già sviluppando un concept che anticipa le forme di un veicolo capace di decollare verticalmente e di atterrare. Il prototipo verrà successivamente costruito e collaudato. Porsche e Boeing sono uniti sotto questo punto di vista dalla precisione dell'ingegneria, dallo stile e dall'innovazione.

Porsche volanti
Fonte: motor1.com

Per quanto visto finora l'elettrificazione delle auto ha trovato in poco tempo un grande filone di sviluppo  grazie al passaggio intermedio di soluzioni ibride e piattaforme che offrono  spazi  adeguati ai componenti elettrici in sostituzione dei classici mezzi a combustione che diventano una risorsa sempre meno disponibile. Interessante sarà capire se Boeing e Porsche lavoreranno su un concetto di "drone" o su propulsori che cambiando posizione sono in grado di dare anche spinta forte per maggiore velocità. Si ricorda che Porsche già nel passato si era lanciata nell’aviazione prestando dei suoi motori ma con scarso successo; ora la sfida è decisamente più ambiziosa. Boeing non è l'unica realtà del settore degli aeromobili a muoversi verso lo sviluppo di auto volanti.

Lo scorso anno, la rivale Airbus ha annunciato un'intesa con Audi proprio in questo settore. Secondo uno studio condotto da Porsche nel 2018, il mercato della mobilità urbana aerea dovrebbe accelerare a partire dal 2025, il trasporto privato terra-aria è la prossima frontiera di business, l'obiettivo è esplorare le possibilità di sviluppo di questi velivoli. Tuttavia, i nodi da sciogliere sono ancora  moltissimi. L’aver già annunciato un veicolo premium significa anche costi elevati e numeri limitati. Quindi calcolando che siamo nel 2020 sarà difficile che in cinque anni giri un Boeing-Porsche,  ma forse non per chi frequenta alcuni paradisi come Dubai dove non vedono l'ora di salire su questi mezzi che si muovono in aria. Il rapporto del: The future of vertical mobility, realizzato da Porsche Consulting afferma che entro entro il 2035 ci saranno 23mila veicoli elettrici a decollo verticale sulle metropoli del mondo (la sigla internazionale che identifica queste auto volanti è eVTOL).

Auto volanti. Porsche fa un accordo con Boeing
Fonte: motor1.com

Molto attivo in questo settore è anche Uber Air, il ramo aziendale di Uber che sta progettando un servizio di taxi volanti, pronto per la fase di sperimentazione negli Stati Uniti, già dal 2020. Per la commercializzazione, le stime fanno ipotizzare una decina di anni, in tempo per le Olimpiadi di Los Angeles del 2028. Dunque entro il 2030, secondo Dara Khosrowshahi, CEO di Uber, potrebbe iniziare il servizio di aerotaxi, prenotabile con un'App e dai costi non proprio accessibili. Il colosso che costruisce aerei di linea, Airbus, a fine gennaio ha testato il primo taxi volante senza pilota: si chiama Vahana e ha volato per meno di un minuto ad un'altezza di cinque metri dal suolo. Ovviamente è un prototipo che rende evidente il livello di investimento tecnologico ed economico dietro a questi taxi del futuro. Nessuno vuole arrivare ultimo. Infatti della partita fanno parte oltre Boeing anche la startup di Larry Page, fondatore di Google.
Restano però, tanti problemi a cui dare soluzione. Prima di tutto la sicurezza dei mezzi e l'incolumità dell'utente, poi la durata delle batterie trattandosi di velivoli ad alimentazione elettrica e infine il grande muro da abbattere sarà soprattutto la logistica degli hub urbani per consentire decollo ed atterraggio da una parte all'altra della città. Chissà cosa potrebbe accadere in città come Milano e Roma, dove al traffico terrestre si aggiungerebbe quello aereo.


Nuova funzionalità di linkedin: gli eventi

3. LINKEDIN EVENT: OFFLINE BUSINESS NETWORKING

di Federica Montalbano
Tempo di lettura: 3 minuti

Nel 2002 Reid Hoffman con la collaborazione di Allen Blue, Konstantin Guericke, Eric Ly e Jean-Luc Vaillant danno vita alla piattaforma di business più famosa degli ultimi tempi: LinkedIn. Questa piattaforma, dedicata solo ai professionisti, permette di incontrarsi e discutere di lavoro e business in rete, pubblicare il curriculum vitae, progetti lavorativi e offerte di lavoro attraverso cui trovare nuovi collaboratori. Il social network si pone come obiettivo quello di creare una rete di professionisti e aziende per produrre uno scambio di contatti e informazioni

Oggi è il leader indiscusso dei social network per cercare lavoro ed intrecciare relazioni professionali, scambiando idee e nozioni con la propria rete. Viviamo nell’era in cui i social scandiscono la nostra vita, li usiamo per raccogliere informazioni sui prodotti, sugli eventi, sulle news e molto altro ancora. Ci fidiamo della nostra rete perché fanno parte della nostra vita, perché al di fuori del social abbiamo delle relazioni sociali con loro. Proprio per questo LinkedIn lancia la funzione “Eventi” per connettere nella vita offline la rete di contatti che abbiamo online. 

AJay Datta, Head of Product, India di LinkedIn, afferma che “Su LinkedIn, il nostro obiettivo principale è aiutare i nostri membri a connettersi e costruire relazioni professionali e durature. Le interazioni faccia a faccia sono la chiave per realizzare questa visione e dare vita alle comunità online. Con questo lancio, i nostri membri hanno ora una strada sicura e affidabile per interagire con la loro rete online e offline. Li vediamo usare questo prodotto per ospitare incontri di rete, workshop, incontri di ex studenti, lancio di prodotti e altri incontri faccia a faccia”. 

Questa nuova funzione al momento è disponibile solo in alcuni paesi ma nel giro di un mese anche chi ancora non riesce ad usufruirne potrà organizzare eventi con la propria rete. Gli utenti potranno interagire con un evento come organizzatori, creandolo e definendone ogni dettaglio, oppure come partecipante dopo aver ricevuto l’invito. Tutti coloro che hanno aderito ad un evento, possono estendere l’invito alla propria rete di contatti, così da coinvolgere l’intero network ed ampliare le proprie conoscenze.

Schermata di Linkedin Events per creare una propria community
Fonte: ninjamarketing.it

Il mondo degli eventi offline per LinkedIn non è una novità, già nel 2014 aveva creato la connected app, oggi nota come la funzione “nelle vicinanze”. Per esempio, durante una conferenza lo speaker può chiedere alla platea di attivare tale funzione per potersi connettere con tutti coloro presenti in sala. In questo modo si attiva una specie di radar che elenca tutti gli account LinkedIn nelle vicinanze che hanno deciso di attivare la funzione “nelle vicinanze” nello stesso momento. In questo modo tutti possono vedere con chi stanno condividendo la platea e aggiungerlo alla propria rete. 

Coloro che adesso popolano il mondo del business online, sono i cosiddetti Millennials e la Generazione X, che quando andavano al liceo e conoscevano qualcuno lo aggiungevano su Facebook oggi invece, quando al lavoro o in qualche evento di business conosciamo qualcuno la prima cosa che facciamo è cercarlo su LinkedIn e chiedergli il collegamento. Condividere i propri percorsi professionali e chiedere il parere della propria rete amplifica il concetto di community e attraverso questa nuova funzione, che il leader dei social per il business ha lanciato, non si vuole far altro che amplificare e rafforzare il concetto di community disposta ad incontrarsi e a confrontarsi non stando davanti uno schermo ma faccia a faccia. 

 


Mostra due ragazzi che indossano le giacche Levis

4. LEVI'S E GOOGLE

di Marta Candito
Tempo di lettura: 2 minuti

QUANDO LA MODA INCONTRA LA TECNOLOGIA

A tre anni dal lancio della prima giacca smart, Levi’s e Google decidono di provarci ancora una volta.
Il 04 ottobre 2019,  la Trucker Jacket ha fatto il suo debutto in Italia. Si tratta di un capo di abbigliamento del tutto fuori dagli schemi frutto dell’unione tra l’iconica giacca di jeans Levi’s e la tecnologia Jacquard di Google. 

Mostra due ragazzi che indossano le giacche Levis
Fonte: wired.it

Un giusto connubio tra storia ed innovazione, la Trucker Jacket permette a chiunque la indossi di comunicare rapidamente con il proprio smartphone. Grazie infatti ad un mini device ricaricabile, il Tag Jacquard, che si collega via bluetooth all’app, è possibile comandare lo smartphone attraverso semplici tocchi al polsino sinistro. Quest’ultimo, rappresenta il pezzo più interessante dell’intero capo. I fili Jacquard realizzati in leghe metalliche conduttive con cui è intessuto lo rendono, infatti, particolarmente sensibile al tatto. 

Ciascun utente potrà controllare la musica, geolocalizzare cose interessanti, scattare foto, catalogare informazioni, avere indicazioni stradali o ricevere l’aiuto di Google Assistant. 

La comunicazione tra giacca e smartphone può essere personalizzata associando ad ogni funzione un particolare gesto: sfioramento verso l’alto, verso il basso, doppio tocco, quattro dita ferme. Attraverso questi semplici movimenti, ciascun utente potrà controllare la musica, geolocalizzare cose interessanti, scattare foto, catalogare informazioni, avere indicazioni stradali o ricevere l’aiuto di Google Assistant.

Collegata direttamente al cellulare tramite un app
Fonte: wired.it

Interessante è sottolineare come l’utente che indossa la giacca non solo invia comandi ma può anche ricevere degli avvisi. Il Tag Jacquard è infatti dotato di un sistema di alert che permette al dispositivo di vibrare o al led presente sullo stesso di illuminarsi con tre differenti colorazioni: blu, verde e rosa. Si tratta di un sistema pensato e sviluppato principalmente per tutti i momenti in cui non si indossano le cuffie. 

La giacca è disponibile in due diversi modelli: un modello più leggero Classic Trucker ed un modello più pesante, adatto per le stagioni più fredde che prende il nome di Sherpa Jacket. Entrambi i modelli sono disponibili ad un prezzo notevolmente inferiore rispetto al primo modello lanciato nel 2017.

Sebbene molte persone siano piuttosto scettiche sull’utilità del capo, le due aziende vedono nella Trucker Jacket un’opportunità di restare sempre connessi senza distrazioni. Un modo di conciliare ed incastrare alla perfezione due mondi apparentemente lontani: moda e tecnologia. 

 


tazzina da caffè commestibile

5. PACK INNOVATION

di Laura Marina Popa
Tempo di lettura: 3 minuti

L'esigenza di ridurre l'uso della plastica è ormai sempre più urgente all'interno delle aziende di tutto il mondo. Lo chiedono i consumatori, lo chiede il nostro ambiente. Siamo sommersi dalla plastica, 10 milioni di tonnellate vengono riversate nei nostri oceani ogni anno.

Situazione dell'inquinamento marino
Fonte: blog.zonageografica.deascuola.it

Il problema del packaging è un fenomeno enorme e globale. La ricerca per trovare soluzioni sostenibili continua e sta trovando soluzioni sperimentali come imballi alimentari edibili e compostabili.

Secondo un nuovo rapporto il mercato globale del packaging sostenibile raggiungerà un valore di circa 440 miliardi di dollari entro il 2025.
I consumatori si sono resi conto del grande potere che possiedono, il potere d’acquisto, con le loro scelte sono in grado di influenzare le strategie commerciali delle imprese tramite il consumo critico, che valuta effetti sociali ed ambientali dell’intero ciclo di vita del prodotto che si estende anche al packaging che a primo impatto è la prima cosa che scorgono e che influenza il processo decisionale d’acquisto.

Il packaging è considerato dalle aziende di qualsiasi tipologia merceologica un elemento molto importante per la percezione del marchio da parte dei consumatori con un impatto positivo sul suo valore e sulla sua riconoscibilità. La sua funzione va al di là dell’aspetto pratico di proteggere e trasportare il prodotto, ma ha anche una funzione estetica.

In tendenza i tra i produttori è la progressiva e generale uso di materiali rinnovabili da fonti sostenibili, di materie plastiche biologiche e biodegradabili e di cartone proveniente da foreste certificate. 

Qui sotto alcune delle soluzioni più innovative trovate dalle aziende:

Packaging idrosolubile

Dissolve è un imballaggio per lo spazzolino da denti realizzato dal designer canadese Simon Laliberté in PVA, un composto polivinilico non tossico e biodegradabile al 100%, mescolato a pasta cellulosica.
L’imballo, stampato con inchiostro a base di soia, vuole ridurre gli scarti a zero, è infatti completamente idrosolubile in acqua in appena 10 secondi, senza lasciare alcuna traccia. 

Imballaggio per ridurre gli sprechi
Fonte: packaging designarchive.org

Aaron Mickelson, per la sua tesi di laurea ha messo a punto The disappearing package, un progetto volto a ridurre al minimo la produzione di rifiuti attraverso cinque idee di packaging alternativi e sostenibili per altrettanti prodotti di uso comune. Fra queste, la scatola della saponetta che si scioglie completamente, senza lasciare residui, sotto l’acqua della doccia. Anche in questo caso il materiale utilizzato è totalmente naturale e non tossico.

Eliminazione packaging sotto la doccia
Fonte: inhabitat.com

Packaging riutilizzabile e multifunzione. 

Steve Halsip, designer newyorkese, ancora studente ideò Hangerpack, un imballaggio da spedizione che si trasforma in stampella per gli abiti, cambiando funzione per ridurre gli sprechi ed evitare la produzione di rifiuti. Hangerpack non è in commercio, ma ha vinto il premio D&AD Student Award nel 2007.

Imballaggio che si trasforma in stampella per abiti
Fonte: designerblog.it

Packaging organico. 

Naturally Clicquot 3  è un packaging organico e sostenibile per il noto marchio beverage, composto di un materiale derivato dagli scarti di lavorazione dell’uva.
Oltre all’impiego di questo materiale ecologico, le vernici utilizzate per la grafica sono prive di solventi ed è stato usato un composto a base di canna da zucchero per incollare l’etichetta.

Packaging sostenibile derivante dagli scarti dell'uva
Fonte: veuveclicquoto.com

Packaging usa-e-pianta. 

‘Eat your food, grow a plant, save a planet’: è questo lo slogan che campeggia sul contenitore per alimenti ideato dal designer slovacco Michal Marka, che dopo l’uso si trasforma in una ciotola adatta a coltivare piante.
I materiali utilizzati sono tutti biodegradabili e sotto l’etichetta adesiva si trovano i semini da piantare.

Packaging in cui troviamo i semi da piantare sotto l'etichetta adesiva
Fonte: pinterest.it

Packaging commestibile: E se oltre al contenuto si potesse mangiare anche il suo contenitore? 

Scoff-ee Cup è una tazzina da caffè commestibile pensata dal team del Robin Collective per la catena americana KFC.
Scoff-ee Cup è composta da un biscotto avvolto in un rivestimento di zucchero e uno strato di cioccolato bianco resistente al calore, che si scioglie in bocca ma non in mano. Le tazzine hanno diverse essenze come olio di cocco, erbe e fiori.

tazzina da caffè commestibile
Fonte: telegraph.co.uk

Nati da un’idea di due designer, Loliware Edible Cups sono bicchieri commestibili prodotti a partire da un materiale a base di alga agar-agar ed essenze naturali a base di frutta.
I bicchieri si presentano in diversi gusti: 

  • Yuzu Citrus, 
  • Tart Cherry, 
  • Matcha Green Tea, 
  • Vanilla Bean 
  • naturale senza aromi.

Possono contenere liquidi ma anche cibo, sia a temperatura ambiente sia freddi o caldi. Una volta gustato l’interno, Loliware si può mangiare o compostare nell’umido, essendo naturale al 100% e totalmente biodegradabile.

Tazza commestibile
Fonte: designindaba.com

Un packaging sperimentale, udibile e compostabile 

La designer polacca Roza Janusz per il suo progetto di laurea presso l’istituto di design School of form di Poznań, in Polonia, ha creato un imballaggio per alimenti sperimentale e alternativo alla plastica realizzato con materiale organico che può essere consumato dopo l’uso o compostato

Una volta compostati, i batteri formano uno strato sottile e malleabile che funge da barriera contro l’ossigeno, il componente principale della decomposizione degli alimenti. 

Ed ora non ci resta che aspettare nuove innovazioni dal mondo packaging!

 


NEAM SETTEMBRE 2019

Il rientro dalle vacanze estive, l'inizio della dieta, la ripresa della solita routine, si sa Settembre non è un mese molto facile, ma per fortuna c'è NEAM!

Come ogni mese abbiamo selezionato per voi 5 notizie molto interessanti:

1.Facebook insieme a Luxottica per realizzare nuovi smart glasses
2.Spotify lancia "Your Daily Drive": un nuovo modo di vivere la radio
3.Capi verdi e trasparenti, le nuove frontiere dell'eco-fashion
4.Diesel: soltanto l'ennesima provocazione?
5."Escape the clown": Burger King sfrutta il film "IT" e sbeffeggia McDonald's

Buona lettura!


1. FACEBOOK INSIEME A LUXOTTICA PER REALIZZARE NUOVI SMART GLASSES

Di Lyubomir Lazarov
Tempo di lettura: 3 minuti

Facebook starebbe lavorando ormai da due anni, nei suoi stabilimenti di Redmond (Washington), alla realizzazione degli occhiali con realtà aumentata, però la difficoltà nel progetto ha spinto la società di Menlo Park a chiedere aiuto.
Ecco cosa ci faceva il CEO Mark Zuckerberg, nel Bellunese lo scorso maggio, alla corte di Leonardo del Vecchio, presidente di Luxottica.
Come riporta la CNBC, Facebook e la casa madre dei Ray-Ban avrebbero stretto una partnership per la realizzazione degli smart glasses con la realtà aumentata che dovrebbero essere pronti per il commercio tra il 2023 e il 2025, secondo fonti interne.
Facebook si è rifiutata di commentare mentre da parte di Luxottica, per ora, non giungono dichiarazioni ufficiali. Però le fonti sono molto affidabili quindi aspettiamo solo una conferma da parte delle due aziende che sicuramente vorranno tenere il progetto al più lungo possibile segreto, in modo da evitare fughe di informazioni. 

Smart Glasses innovativi con realtà aumentata
Fonte: Getty images

Il progetto, secondo fonti interne, è denominato “Orion” ma non sappiamo se verrà commercializzato con questo nome o se verrà trovato qualcosa di più accattivante.
Nel prossimo futuro, questi occhiali sostituiranno gli smartphone, consentendo di ricevere chiamate, mostrare informazioni agli utenti in un piccolo display montato direttamente sulla lente che sarà controllato e gestito da un assistente vocale di intelligenza artificiale. Infatti, all’inizio di quest’anno, è stato riferito che Facebook stava già lavorando a un proprio assistente vocale per competere con Alexa di Amazon, Siri di Apple e con l’Assistente di Google.
La società di Mark Zuckerberg è al lavoro da almeno due anni per sviluppare questo progetto nei suoi Reality Labs a Redmond. Lo sviluppo però non è di facile realizzazione proprio per questo  l’azienda si è affidata un partner molto più esperto nel settore.L’idea è che il prodotto non deve essere solo funzionale e innovativo, ma anche leggero, compatto e alla moda. Ed è qui che entra in campo Luxottica che vanta un’esperienza unica nel settore degli occhiali da sole/vista. 

Ragazza con occhiali smart
Fonte: psbprivacyesicurezza.it

Il mercato di questi weareble (dispositivo indossabile) però finora non è mai “esploso”, anzi si è mostrato molto schivo e diffidente. Tuttavia, Mark Zuckerberg ha un forte interesse a portare a termine il progetto tanto da chiedere al capo dell’hardware Andrew Bosworth di dare la priorità ad “Orion”.
Come andrà a finire? Per conoscere la risposta non ci resta che aspettare!

 

 


2. SPOTIFY LANCIA " YOUR DAILY DRIVE": UN NUOVO MODO DI VIVERE LA RADIO

Di Roberto Faraci
Tempo di lettura: 3 minuti

Quante volte ti sarà capitato di essere alla guida prima di recarti a lavoro, all’Università o magari al cinema, e trovare casualmente uno dei tuoi pezzi musicali preferiti proprio quando sei giunto a destinazione? E in quante occasioni non hai aperto lo sportello dell’auto fino alla fine della canzone? Se la tua risposta è stata “Sempre”, non ne siamo sorpresi, e neanche Spotify.

Fonte: bigbizstudio.com

Un problema, una soluzione!
La piattaforma per lo streaming musicale più famosa al mondo, Spotify, ha analizzato un problema che probabilmente accomuna tutti noi: il bisogno fisiologico di ascoltare i nostri brani musicali o podcast preferiti durante i nostri viaggi quotidiani in auto, men che meno se la nostra destinazione è l’ufficio o l’azienda dove lavoriamo. Ognuno di noi ha quel bagaglio di brani o podcast che rappresenta un motivo di svago, relax o adrenalina prima di affrontare una lunga giornata lavorativa. "L'idea è arrivata da una semplice intuizione di cui non parliamo mai, ma che accomuna tutti noi: proprio la voglia che la canzone finisca prima di iniziare qualunque altra cosa. Per questo, con il solito umorismo di Spotify, abbiamo voluto ricordare alla gente che anche guidare può essere una bella esperienza con la colonna sonora perfetta" – ha affermato Alex Bodman, direttore creativo di Spotify.

Fonte: adage.com

 

Tradizione e innovazione
Lo si sente dire spesso, il modo più immediato per avere successo è “un occhio al passato e uno al futuro”. Spotify ha ragionato proprio così. Quando ascoltiamo la radio, un ruolo chiave è giocato dalla fortuna: beccare il nostro brano preferito o una notizia che può interessare non è facile, e il più delle volte si rischia di trascorrere il viaggio in macchina con la speranza che quel momento arrivi, ma l’unica cosa a cui si giunge è la destinazione. Spotify, è noto, conosce esattamente i nostri gusti e le nostre preferenze: Daily Mix e Discover Weekly sono solo due degli esempi più conosciuti. Ma se fino ad ora abbiamo sempre pensato di non poter mai avere un mix creato appositamente per i nostri viaggi in auto, ci sbagliavamo di grosso: “Your Daily Drive” è come una radio creata apposta per noi.

Your Daily Drive
Uno dei punti di forza del colosso di streaming musicale è sicuramente la capacità di innovare e differenziarsi continuamente dalla concorrenza. Spotify non si accontenta mai, nemmeno dopo il primo trimestre di questo 2019, che ha registrato oltre 100 milioni di abbonamenti su un totale di più di 215 milioni di utenti in tutto il mondo. Ed ecco che la società continua a sperimentare, e lo fa creando continuamente playlist innovative e sempre più personalizzate: Your Daily Drive è l’ultima creazione di Spotify, attualmente disponibile solo negli Usa

Fonte: idownloadblog.com

 

Questo nuovo mix personalizzato di brani musicali e podcast, oltre a rendere unico, come già detto, un quotidiano viaggio in automobile, permette alla piattaforma di puntare in maniera dirompente proprio sui podcast, obiettivo dichiarato già da diversi anni. A livello economico, è previsto nel 2019 una spesa di ben 500 milioni di dollari.
Il nuovo esperimento sta riscuotendo un buon successo in America, e la nostra speranza è chiaramente la possibilità di sfruttare i suoi benefici anche in Italia, in quanto, come ha affermato il responsabile di Marketing di Spotify, June Sauvaget, “guidare e ascoltare musica o notizie è una routine universale per un grandissimo numero di persone".

 

 

 


3. CAPI VERDI E TRASPARENTI, LE NUOVE FRONTIERE DELL'ECO-FASHION

Di Laura Marina Popa
Tempo di lettura: 5 minuti

In una società in cui l’atteggiamento eco-friendly ha preso piede in ogni ambito, è giusto dedicare attenzione anche ad ambito che riguarda tutta la popolazione: la moda.
Avete mai pensato che anche i nostri abiti inquinano? Soprattutto quelli di fast-fashion.
Come la maggior parte dei prodotti che quotidianamente utilizziamo, anche i nostri abiti sono ormai fabbricati con microplastiche.
Il lavaggio di tessuti sintetici rappresenta una delle principali sorgenti di microplastiche che arrivano ai mari. Questo perché alcune microfibre rilasciate dai vestiti nelle acque di scarico riescono passano attraverso i filtri e gli impianti di depurazione e raggiungono l’ambiente.
Una buona fetta (dal 15 al 30%) delle microplastiche negli oceani sono quelle cosiddette primarie, cioè quelle che arrivano già frammentate in strutture di dimensioni microscopiche. La fonte principale delle microplastiche primarie è proprio il lavaggio di capi sintetici, un dato riconosciuto da vari studi (Consiglio nazionale delle ricerche - CNR).  Il processo di lavaggio con lavatrici di uso domestico, infatti, contribuisce per il 35% del rilascio di queste sostanze.

A tal proposito si è appena concluso il G7 che ha visto nascere anche il Fashion Pact, che vede impegnate 32 aziende che si dedicheranno a rivedere i processi produttivi e diminuire l’impatto di una delle industrie più inquinanti al mondo

Fonte: insidemarketing.it

I tre obiettivi che caratterizzano l’accordo riguardano il clima, la biodiversità e gli oceani. I marchi che hanno sottoscritto il patto si impegneranno per:

  • l’approvvigionamento di materie prime sostenibili;
  • l’adozione di energie rinnovabili nei vari processi produttivi e lungo tutta la filiera;
  • l’introduzione di materiali innovativi la cui produzione non comprometta le specie vegetali e animali; 
  • la promozione di un modello di consumo più sostenibile.

QUINDI, COS’È L’ECO-FASHION?
Moda realizzata con materiali ecologici e con metodi di lavorazione ecocompatibili.
Nello specifico, la definizione “eco-fashion” non indica solamente come avviene la filiera produttiva di abiti e accessori, ma opera nel completo e totale rispetto delle persone e dei lavoratori, ma anche dell’ambiente e degli animali. L‘ecosostenibilità della moda si basa su principi chiari e ben definiti:

  • Condizioni di lavoro dei dipendenti e delle persone
  • Produzione etica
  • Diritti degli animali

COME SI DISTINGUONO LE AZIENDE GREEN, L’USO DELLA BLOCKCHAIN

Le aziende che decidono di mostrarsi eco-friendly possono affidarsi alla tecnologia della Blockchain, che permette la la tracciabilità di tutta la filiera produttiva raccontando la storia del prodotto, delle piccole imprese coinvolte e dell’azienda stessa.
La Blockchain si fonda sul valore della trasparenza in ogni nodo che lega i singoli processi produttivi, attraverso la garanzia di certificazioni di provenienza e di lavorazione, fino al prodotto finito.
In questo ambito, vengono promosse la tracciabilità dei capi, la sostenibilità ambientale e sociale, l’affidabilità a sfavore della contraffazione di un capo.
Tutta la storia del prodotto, diventa leggibile attraverso un microchip o un QR Code posto sull’etichetta del capo.
Tra i vantaggi rilevati di tale tecnologia, oltre a supportare le aziende nella creazione di sistemi di tracciabilità della filiera trasparenti e non modificabili, consente un controllo dei partner responsabili della distribuzione e un monitoraggio del mercato grigio, migliorando la fidelizzazione dei clienti e stabilendo una connessione diretta con i clienti. L’impossibilità di modificare il database può garantire, quasi nel 100 per cento dei casi, la provenienza dei beni.
Durante la Fashion Week di Milano, appena conclusa, è sbancata “A new awareness” una nuova piattaforma per la divulgazione e la promozione della sostenibilità ideata da  Marina Spadafora.
https://www.youtube.com/watch?v=-bscm3e_4kM

Il progetto oltre ad aver selezionato stilisti che si sono distinti per la loro creatività e carattere green.
Inoltre sono stati indotti consigli pratici su come riciclare i propri abiti e su come costruire un guardaroba sostenibile

Fonte: lifegate.it

 

Fonte: lifegate.it

 

L’Italia si sta muovendo nella direzione giusta per quanto riguarda la manifattura di filati e tessuti che vengono realizzati seguendo i protocolli della campagna Detox di Greenpeace e ZDHC (ovvero, “zero discharge hazardous chemicals”).
Abbiamo molte startup di successo che hanno inventato materiali sostenibili per la moda derivati da scarti riciclati tra le più note Orange Fiber.
ORANGE FIBER, IL PROCESSO SOSTENIBILE
Convertire i sottoprodotti dell’industria di trasformazione degli agrumi in tessuti sostenibili e innovativi è possibile. È quello che fa dal 2014 Orange Fiber, un’azienda siciliana fondata da Adriana Santanocito ed Enrica Arena.
Il processo innovativo ideato da Orange Fiber permette di trasformare gli scarti delle arance in tessuti di alta qualità.

ORANGE FIBER X H&M CONSCIOUS EXCLUSIVE COLLECTION
Tutta la qualità, l’innovazione e l’attenzione all’ambiente dei loro tessuti da agrumi per la Conscious Exclusive 2019, la collezione premium di H&M realizzata solo con materiali riciclati e sostenibili.
In linea con il proprio impegno per una moda più green e sempre attento alle innovazioni di settore, il brand svedese ha scelto Orange Fiber per creare un sofisticato top in stile boho, omaggio alla bellezza.

Fonte: orangefiber.it

ORANGE FIBER X FERRAGAMO
Dall’amore per l’innovazione, il design e la creatività italiana, nasce nel 2017 la Ferragamo Orange Fiber Collection.
Coerente al proprio motto, Responsible Passion, Salvatore Ferragamo ha colto per primo l’essenza e le potenzialità espressive del loro tessuto da agrumi ed insieme arricchito dalle preziose stampe del designer italiano Mario Trimarchi e interpretato dall’inconfondibile impronta stilistica di Salvatore Ferragamo per un’esclusiva collezione che celebra la creatività mediterranea.
L’obiettivo futuro delle fondatrici è di fare di Orange Fiber, il first mover italiano nel segmento dei tessuti sostenibili attraverso una produzione green da fonti rinnovabili capace di dare nuova vita al comparto manifatturiero italiano e creare un marchio altamente riconoscibile e differenziato dagli altri, per l’impegno nella tutela dell’ambiente e la trasparenza dell’intera catena di produzione.

Fonte: orangefiber.it

YATAY
Il marchio italiano attento all’ambiente e all’impatto delle lavorazioni sulle foreste,  ha realizzato le sue scarpe da ginnastica green.
Il brand utilizza materiali composti da fibre riciclate e resine a base biologica, poliuretano biodegradabile e cotone urbano, canapa italiana e zero solventi. Hanno inoltre un valore in più: un albero piantato ad ogni paio acquistato.

Fonte: charitystars.com

 

CUBITTS
Il brand di occhiali da sole londinese ha raccolto la sfida di trasformare alcuni materiali di scarto per realizzare montature di occhiali. CD, patate, scatole di plastica e alluminio hanno preso forma in bellissimi oggetti fatti a mano.
Cubitts sta indirizzando i suoi sforzi per diventare più sostenibile in ogni fase della sua attività, dal riutilizzo degli scarti di produzione alla riduzione degli imballaggi.

Fonte: thejackalmagazine.com

PATAGONIA – DON’T BUY THIS JACKET
La comunicazione di Patagonia, in ogni canale online e offline, persegue questo obiettivo e comunica, in modo anticonvenzionale, la sua identità eco-friendly.
Un esempio è stata campagna stampa contro il consumismo di massa del Black Friday nel 2011 "Don't Buy this Jacket". Patagonia invitava i lettori a non comprare una giacca nuova solo per lo sconto, ma a riflettere se ne avessero davvero bisogno. La produzione di abiti in eccesso grava infatti sulla sostenibilità ambientale e va quindi contro i principi di Patagonia.

Fonte: businessinsider.com

Non ci resta che prestare più attenzione a ciò che compriamo ed indossiamo.
Per concludere eccovi alcune le certificazioni che attestano un processo sostenibile dei capi:

  • GOTS (Global Organic Textile Standard), attesta la totale assenza di sostanze chimiche in ogni singolo passaggio della filiera produttiva, dalla produzione e lavorazione delle fibre tessili, sino all’etichettatura del prodotto finito. 
  • OCS (Organic Textile Standard) promossa dalla Textile Exchane garantisce la provenienza da agricoltura biologica delle fibre tessili impiegate e la loro tracciabilitá durante l’intero ciclo produttivo. 
  • GRS (Global Recycle Standard) certifica che le aziende produttrici fanno uso di materiale riciclati. 
  • ICEA (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale) garantisce che i materiali dichiarati 100% riciclati siano effettivamente il prodotto di una lavorazione degli scarti basata su processi ecologici.
  • FSC (Forest Stewardship Council) fornisce garanzie sulla provenienza delle materie prime impiegate nel settore dell’abbigliamento da foreste gestite responsabilmente ed eticamente nel pieno rispetto dell’ambiente, dei lavoratori e delle popolazioni dei territori da cui vengono ricavate.

 

 

 


4. DIESEL: SOLTANTO L'ENNESIMA PROVOCAZIONE?

Di Giuseppe Samperi
Tempo di lettura: 3 minuti

Se non puoi batterli, unisciti a loro. Oppure puoi affrontare l’argomento prendendolo di petto con disinvolta ironia. È proprio quello che ha fatto Diesel.
Lo storico marchio del gruppo Otb si presenta al lancio della collezione autunno/inverno 2019 con la campagna “Enjoy before returning” ovvero “Godetevelo prima di restituirlo”.

Fonte: globestykes.com

Il brand di Renzo Rosso tratta una delle tematiche del momento nel mondo della moda: il wardrobing, ossia l’atto di acquisto di un capo d’abbigliamento, l’uso e il successivo reso con tanto di etichetta intatta. Il fenomeno, che spopola prevalentemente negli Stati Uniti e rappresenta un serio danno anche per i numerosi retailer europei, viene combattuto da Diesel in chiave provocatoria e anticonformista.
È di
Publicis Italia e del fotografo Angelo Pennetta la firma sull’irriverente spot, pubblicato dalla celebre casa di moda, in cui si vedono numerosi wardrobers intenti a stirare, ripiegare e non macchiare giubbotti, pantaloni e occhiali da sole, rigorosamente indossati con l’etichetta; il tutto immerso in un sound incalzante in linea con il tema trattato.
Curiosa è anche la scelta di inserire sopra la riproduzione del brano musicale una voce fuori campo che spiega la policy dei resi dell’azienda:

I prodotti devono essere presentati nelle stesse condizioni in cui sono stati ricevuti e i vestiti non devono presentare segni di usura che mostrino che sono stati indossati, lavati o danneggiati in qualche modo”.

La scelta di protagonisti giovani per lo spot pubblicitario non è inoltre casuale: da un lato rappresentano il target di riferimento per il brand, dall’altro sottolineano in modo discreto che la pratica è molto diffusa nella fascia di età che va dai 25 ai 34 anni. La geniale intuizione di Diesel sta ovviamente nel non giustificare chi mette in pratica dei resi fraudolenti, bensì nell’invitare chi lo fa a godersi fino in fondo il capo acquistato temporaneamente. Lo si legge sul loro stesso sito:

“Uscire indossando l’outfit perfetto e restituirlo in negozio il mattino dopo? Lo sappiamo, ormai lo fanno in tanti. Se ci stai pensando anche tu, almeno mostra con orgoglio il cartellino! Forse domani tornerai per restituire i tuoi capi, o forse no (non ci stupiremmo però se te li tenessi)”.

Una possibile soluzione al problema del wardrobing è, tuttavia, già stata trovata da Checkpoint Systems, società attiva nel campo della fornitura di servizi “from source to shopper" per il mondo retail. Il punto focale è riuscire a non allontanare i potenziali clienti creando un deterrente per quelli scorretti. Per questo motivo è stato ideato “R-Turn Tag”, rimedio semplice ed economico che consiste in un’etichetta personalizzabile dai brand che intendono applicarla ai propri capi di abbigliamento. 

Fonte: business.techprincess.it

La campagna controintuitiva lanciata da Diesel è perfettamente in linea con il tone of voice del brand, che da sempre si contraddistingue per prendere posizioni solide nei confronti di temi sociali sensibili, in armonia con l’identità di marca. Tra le più iconiche, si ricorda “Be a follower”, che celebrava i follower piuttosto che gli influencer, prendendo di mira gli stereotipi dei social media e sottolineando che in realtà il vero potere sta negli smartphone dei follower. In vari video venivano messe a confronto tipiche situazioni di vita quotidiana di influencer e follower, mostrando come i secondi riescano a godersi meglio la vita rispetto ai primi. Un’altra campagna memorabile è stata “Go with the fake”, contro la contraffazione, che ha visto l’allestimento, durante la Fashion Week di New York, di una bancarella di vestiti apparentemente falsi a marchio DEISEL (con una lettera di troppo).

Fonte: denimology.com

Soltanto il giorno seguente fu rivelato dallo stesso brand che in realtà quei capi erano realmente autentici e differivano dagli originali soltanto per il nome, ironizzando sul grande pericolo dei prodotti contraffatti. Da ricordare infine “Make love not walls”, incentrata sul concetto di diversità, che invitava le persone a riflettere in modo consapevole sui cambiamenti culturali in un mondo sempre più globalizzato. Alcune tra le campagne più disruptive sono state inoltre selezionate per una mostra al museo della fotografia di Stoccolma, dal titolo “Finally It All Makes Sense: Diesel Adverts 1991-2001”.

Tra le grandi case di moda, Diesel è certamente tra quelle che più caratterizza la propria brand image con posizioni nette e decise su temi sensibili all’opinione pubblica. Non possiamo far altro che aspettare la prossima collezione stagionale, riuscirà il brand di Renzo Rosso a stupirci ancora una volta?

 

 


5. "ESCAPE THE CLOWN": BURGER KING SFRUTTA IL FILM "IT" SBEFFEGGIA MC DONALD'S

Di Simona Spoto
Tempo di lettura: 2 minuti

Tutti siamo a conoscenza dell’uscita del lancio del nuovo film “IT” di Stephen King che ha gettato le basi per la costruzione della nuova campagna pubblicitaria di Burger King.
Ancora una volta quest’ultimo non ha esitato a cogliere l’occasione per stuzzicare il suo diretto compettor Mc Donald’s attraverso la sua associazione ai clowns.
E’ così che nasce la campagna pubblicitaria #EscapeTheClown con lo scopo di attirare i clienti della catena rivale nei propri punti vendita. 

Fonte:insidemarketing.it

Chi non avrebbe colto l’occasione di avere un Whopper a solo 1 centesimo?
L’unica condizione? Fuggire dal clown in pochissimo tempo.
Oltre a richiamare il personaggio mostruoso del film, chiaro era il riferimento alla nota mascotte del rivale, Ronald Mc Donald.
Burger King ha quindi inserito di nascosto un annuncio in una rivista a tema cinematografico che McDonald's pubblica ed è disponibile nei suoi ristoranti.
I visitatori di McDonald's ricevevano delle pubblicità geotargetizzate, tramite Facebook o Instagram, che li invitavano ad usare l’app MyBK per scansionare l’annuncio sulla rivista.
Dopodiché venivano portati in una realtà aumentata: sullo schermo appariva un pulsante con la scritta “Escape the Clown”, il quale una volta premuto avrebbe fatto scattare il countdown che li avrebbe fatti correre da Burger King a ritirare il Whopper prima della scadenza del tempo. Inoltre l’applicazione della catena mostrava all’utente i possibili percorsi più veloci per raggiungere il punto vendita Burger King più vicino così da arrivare in tempo davanti la cassa ed usufruire dell’offerta.

Ma già una volta Burger King ha usato il film per trollare il suo più famigerato concorrente, attraverso una strategia di publicity stunt messa in atto nel 2017 in occasione dell’anteprima di “IT”.
Alla fine del film, immediatamente prima dei titoli di coda, è apparso un messaggio sullo schermo: “La morale della favola è… non fidarti mai di un pagliaccio”, seguito dal logo di Burger King. 

Fonte: brand-news.it