2. L’importanza delle parole nella comunicazione
di Samuela Maggio
Tempo di lettura: 3 minuti
L’importanza delle parole nella comunicazione
Mai come oggi si assiste a fenomeni di indignazione e rivolta a seguito di manifestazioni di pensiero. Perché è importante esprimere il proprio pensiero, ma soprattutto, farlo nel modo giusto?
Analizziamo alcuni dei gesti che più hanno fatto discutere e che provenivano, in particolare, da noti brand.
Cominciamo da quello più recente!
La Molisana e il riferimento al colonialismo degli anni ‘30
Il noto pastificio di Campobasso si è recentemente visto al centro del ciclone a causa di una scelta criticata da molti: lasciare, ad alcuni formati di pasta, il nome originario degli anni Trenta. Omaggio alle conquiste in Africa di Mussolini o semplice riferimento storico? A far storcere il naso, tuttavia, è stata anche la scheda descrittiva, definita uno «storytelling fascista».
«Negli anni Trenta l’Italia celebra la stagione del colonialismo con nuovi formati di pasta: Tripoline, Bengasine, Assabesi e Abissine. La pasta di semola diventa elemento aggregante? Perché no!»
In particolare, per le Abissine, si fa riferimento a un sapore definito «il sicuro sapore littorio», mentre alle Tripoline ci si rivolge con «il gusto coloniale».
In seguito alle scuse arrivate prontamente dall’azienda, che definiscono l’accaduto come un errore di comunicazione e sottolineano l’assenza di intenti celebrativi, le Abissine sono state adesso sostituite dalle «Conchiglie».
Il caso di EasyJet
Lo scorso giugno 2020 la compagnia aerea low cost ha fatto infuriare non pochi. Nell’intento di rilanciare il turismo nel Sud Italia, avrebbe speso parole poco piacevoli verso il territorio della Calabria.
Numerose le indignazioni che, come immediata conseguenza, hanno visto le scuse immediate da parte della compagnia e la modifica della descrizione della regione.
Dolce & Gabbana e la Cina
Dopo la diffusione in Cina di tre video all’interno dei quali una donna cinese mangiava cibo italiano con le bacchette, il noto marchio di moda provocò parecchie lamentele. Questo gesto, infatti, venne considerato come un’offesa alla cultura cinese e gli costò la sfilata a Shanghai. A tutto ciò si aggiunsero dei messaggi offensivi su Instagram provenienti dal profilo di Stefano Gabbana, il quale però affermò subito di non averli scritti.
D&G si scusò infine pubblicamente con un video.
Uliveto e il presunto gesto razzista
Dopo la sconfitta nella finale dei mondiali di pallavolo femminile, Uliveto decise di celebrare il percorso delle azzurre. Tuttavia, la posizione assunta dalla bottiglia d’acqua sembrerebbe coprire il volto di due atlete di colore.
L’azienda, prontamente, si difese dalle accuse che, grazie ad ulteriori chiarimenti, risultarono pressoché infondate.
H&M: razzismo o pregiudizio?
Il brand fu accusato di razzismo a seguito di una felpa che riportava la dicitura “Coolest monkey in the jungle”, letteralmente “La scimmia più cool della giungla”.
L’immagine fu immediatamente ritirata e arrivarono le scuse.
Pandora e il cartellone natalizio
Nella metropolitana di Milano, durante il Natale del 2017, un cartellone pubblicitario del marchio Pandora non passò del tutto inosservato.
Quest’ultimo “suggeriva” cosa regalare a una donna.
Barilla e la famiglia tradizionale
Nel lontano 2013, a Radio 24, in risposta ad una domanda sulle famiglie mostrate negli spot, Guido Barilla affermò di rivolgersi alla cosiddetta famiglia tradizionale e ciò non avrebbe riguardato gli omosessuali.
“Se i gay non sono d’accordo, possono sempre mangiare la pasta di un’altra marca.”
Questo intervento scatenò un vero e proprio putiferio. Presto arrivarono le scuse dell’azienda e, dopo qualche anno, anche un gesto a contraddire quelle famose parole. In un cortometraggio in collaborazione con GCDS, infatti, venne esaltato il rispetto della diversità e dell’inclusione.
Patrizia Pepe e i commenti del social media manager
Nel 2011 gli utenti si infuriarono nella sezione commenti della foto di una modella ritenuta eccessivamente magra. Per tutta risposta, chi si occupava della gestione del profilo del marchio rispose con toni inaspettati e, a detta di alcuni, addirittura aggressivi. Anche qui, non tardarono ad arrivare le scuse del brand.
Come parlare al pubblico? Quali parole usare?
Sicuramente fare comunicazione non è semplice. Il mondo si trova in una continua evoluzione e, con esso, anche la sensibilità popolare. Molti criticano questa sorta di “politically correct”, che sembrerebbe addirittura ostacolare la comunicazione, rendendola estremamente complessa e insidiosa. Alla base, a prescindere, è bene che la comunicazione rispetti e si adatti al continuo divenire della società e, se questo comporta un cambiamento di registro, perché evitarlo?!
Le parole sono estremamente importanti, hanno un valore che non va sottovalutato o dimenticato e, proprio per questo, sarebbe bene sceglierle con molta cura e dedizione.
L’importanza delle parole nella comunicazione