3. Google: carbon free entro il 2030?
di Giuseppe Samperi
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Google: carbon free entro il 2030?
Ci siamo tutti dentro. Possiamo fare finta che non sia realmente così, che il cambiamento climatico non ci riguardi o che sia soltanto un problema delle generazioni future, ma stiamo sbagliando. Siamo la generazione che più di altre sta vivendo gli effetti delle estati più calde degli ultimi decenni, degli uragani tropicali più distruttivi, delle tempeste glaciali più fredde, degli incendi più ampi e persistenti. Questo strano 2020 ci ha dimostrato tutto questo, ma è solo l’inizio. Siamo l’ultima generazione in grado di contrastare attivamente il climate change prima che i danni da esso provocati siano per il prossimo futuro irreversibili.
L’ANNUNCIO
Questa, a grandi linee, è la sintesi della prima parte dell’annuncio che Sundar Pichai, amministratore delegato di Google dall’ottobre 2015, ha pubblicato sul proprio profilo twitter. Anche i colossi di internet stanno capendo di dover dare un contributo, ed è per questo che Google ha esplicitato il proprio piano per la terza decade della sua esistenza: diventare la prima azienda completamente “carbon free” del pianeta, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, entro il 2030. Il progetto porta la definizione di “our most ambitious yet” (“finora il nostro progetto più ambizioso”), nonostante l’azienda di Mountain View non sia nuova a questo tipo di iniziative. Nei primi suoi dieci anni di vita è, infatti, diventata la prima ad essere “carbon neutral” e nei dieci anni successivi è riuscita a sostituire il 100% di energia derivante da combustibili fossili, con quella proveniente da fonti rinnovabili.
Dunque, perché questo dovrebbe essere il decennio più ambizioso? Perché Pichai punta a ridurre l’impatto che ogni fruitore di servizi e app dell’enorme ecosistema di Google, lo faccia senza inquinare. Ha deciso di alzare decisamente più in alto di tutti l’asticella. Ciò significa che entro il 2030, ogni video guardato su Youtube, ogni e-mail inviata da Gmail, ogni percorso suggerito da Maps, in ogni parte del mondo, in qualsiasi momento, non danneggerà il nostro pianeta. In che modo una ricerca sul web e l’emissione di CO2 sono collegate? Basti pensare all’enorme mole di dati che ogni secondo, in ogni parte del globo, viene raccolta, analizzata, stoccata e poi archiviata negli enormi data center di Google sparsi per il mondo, che ovviamente consumano energia.
Come pensano di raggiungere questo obiettivo?
Le peculiarità delle energie rinnovabili presentano alcuni limiti, è vero (non si può produrre energia solare di notte, ad esempio), ma il piano di Google ovviamente prevede anche questo: la tecnologia a servizio dell’ambiente. Verranno implementate combinazioni di fonti eoliche e solari, sarà aumentato l’utilizzo delle batterie di stoccaggio e anche l’AI (Artificial Intelligence) sarà protagonista. Proprio quest’ultima, grazie al machine learning, è riuscita a ridurre del 30% l’energia impiegata da BigG per i suoi data center. In cantiere c’è l’idea di utilizzare DeepMind (azienda operante nel settore dell’AI, controllata da Alphabet, che a sua volta è una holding di Google LLC) e Google Cloud (suite di servizi di cloud computing che utilizza la stessa infrastruttura di Google) per globalizzare l’ottimizzazione del consumo energetico di centri commerciali, aeroporti, data center, ospedali e altre infrastrutture decisamente energivore.
Gli obiettivi di Google non saranno però solo autoreferenziali. Diverse sono le iniziative a supporto di città e industrie per l’utilizzo di energia sostenibile. Pichai afferma che renderanno disponibili 5 gigawatt di energia totalmente pulita alle maggiori aree industriali entro il 2030. Convinti che questo possa generare investimenti in fonti rinnovabili per 5 miliardi di dollari creando 8.000 nuovi posti di lavoro. Ciò equivarrebbe a togliere dalla strada circa un milione di automobili ogni anno. Per le aree metropolitane, invece, viene rilanciato Environmental Insights Explorer, il sito (forse non abbastanza conosciuto) che supporta più di 100 città (e oggi esteso ad altre 3000 a livello globale) nell’analisi dei propri consumi di energia e nello studio di piani decisamente più green per la conversione dei consumi urbani. La loro definizione è molto esplicativa:
“build a resilient, sustainable future for your city. Empowering more than 3,000 cities with actionable data and insights to reduce global emissions”
MA NON FINISCE QUI
In Europa Google.org promuoverà una “Impact Challenge”. Quest’ultima sarà volta a premiare le startup con le migliori idee e progetti che possano aiutare a risolvere problemi legati all’impatto dell’uomo sul pianeta. Sul piatto ben 10 milioni di euro, niente male.
La promessa di Google è certamente ambiziosa, ma non impossibile per un’azienda delle sue dimensioni e del suo fatturato. Recentemente (luglio 2020) anche Apple, l’altro colosso americano dell’high tech, ha annunciato il proprio piano per eliminare la cosiddetta “carbon footprint” a ogni livello dell’azienda, della filiera e del ciclo di vita dei suoi prodotti, entro il 2030. È il segnale che qualcosa in concreto si sta realmente muovendo. Il fatto che ciò accada grazie chi ha maggiori possibilità economico finanziarie e maggiore visibilità rispetto ad altri, potrebbe spingere anche realtà più piccole a seguire la medesima scia verde. “We are in this together” diceva qualcuno, “there is no planet b” qualcun altro. Il tempo sicuramente scorre a nostro svantaggio e agire adesso è fondamentale. Noi altri, nel nostro piccolo, possiamo provare a cambiare abitudini e stile di vita per aiutare a creare un mondo più verde, nella speranza che le promesse altrui vengano davvero mantenute.
Google: carbon free entro il 2030?