1. Camerieri a Londra ai tempi della Brexit: not so easy…
di Nunzio Salvatore Minissale
Tempo di lettura: 3 minuti
Tra chi sta leggendo queste righe ci sarà sicuramente qualcuno che sta vivendo o ha vissuto questa esperienza; tutti gli altri hanno comunque almeno un parente o un conoscente al quale, un bel giorno, hanno sentito dire: «Massì, vado a Londra qualche mese, faccio il cameriere e imparo la lingua. E magari torno con qualche soldo in tasca!».
La possibilità di poter vivere e lavorare in quella che è la City per antonomasia è un qualcosa che ha accomunato generazioni di millennials che si sono via via affacciate al mondo del lavoro, un’opportunità che, specie dopo la crisi economica, sempre più italiani hanno deciso di sfruttare.
Tutto ciò potrebbe però diventare solo un ricordo.
In queste concitate settimane after-Brexit (avvenuta ufficialmente il 31 gennaio 2020, ma con un periodo “di transizione” fino al 31 dicembre 2020) il governo inglese di Boris Johnson ha infatti divulgato quelle che, a tutti gli effetti, diverranno le nuove regole di gestione dell’immigrazione e, spoiler alert, sono molto severe per i lavoratori poco qualificati (come, per l’appunto, camerieri o baristi).
Del resto, la maggiore restrizione dei flussi migratori (rispetto alla libera circolazione attualmente in vigore con le leggi europee) era stata una tra le richieste più importanti dei sostenitori di Brexit, e sia Theresa May (in carica come primo ministro fino al 2019) sia Boris Johnson avevano promesso più volte che dopo l’uscita dall’Unione Europea il Regno Unito avrebbe «ripreso il controllo dei propri confini». Questo controllo si tradurrà, a partire dal 2021, in un sistema che prevede un meccanismo a punti, con permesso di soggiorno per motivi lavorativi garantito solo a chi otterrà almeno 70 punti su una scala predeterminata (nell’immagine).
I primi 50 punti si ottengono attraverso 3 pre-requisiti obbligatori:
1.Conoscenza della lingua inglese
2.Certificazione che attesti la capacità di svolgere quella determinata mansione
3.Convocazione da parte di un’azienda intenzionata ad assumervi
In estrema sintesi, diventerà praticamente impossibile trasferirsi in UK per cercare un lavoro saltuario, come il cameriere o il lavapiatti, a meno che non si abbia già un’offerta di lavoro in mano. Il che è però rarissimo quando si parla di impieghi del genere, che non richiedono grandi livelli di specializzazione.
Sono invece premiati i nuovi entranti che offrono lavori più “qualificati”: la segretaria dell’Interno Priti Patel ha fatto notare le nuove regole serviranno per «permettere ai migliori e ai più brillanti di trasferirsi nel Regno Unito». Dalla tabella si può infatti dedurre che più alto sarà lo stipendio che si andrà a percepire o il titolo di studio posseduto, più punti si otterranno, aumentando a dismisura le possibilità di ottenere il visto di lavoro.
In molti fanno però notare come le nuove regole potrebbero avere effetti negativi su diversi settori dell’economia, specialmente quelli che si reggono in modo sostanziale sulla manovalanza straniera. Secondo il noto quotidiano The Guardian ci saranno diversi problemi per hotel, ristoranti e catene di locali, che impiegano personale straniero in varie posizioni: già due anni fa, per esempio, la nota catena Pret A Manger aveva fatto sapere che soltanto una richiesta di lavoro su 50 proveniva da cittadini britannici. Anche settori in forte crescita, come quello della cura degli anziani, sono oggi a quasi esclusivo appannaggio di lavoratori stranieri, e molti esperti hanno cominciato a chiedersi come si evolverà la situazione quando per queste categorie di lavoratori “unskilled” sarà semplicemente impossibile entrare nella terra d’Albione, considerando che, come accade anche in Italia, queste mansioni sono considerate spesso “umili” e poco ambite dalla popolazione locale.
In attesa di capire se ai nostri giovani sarà concesso ancora il privilegio di poter cercare fortuna e realizzazione Oltremanica, così come è stato per noi grazie alla sempre fin troppo sottovalutata libertà di spostamento tra paesi dell’Unione Europea, vediamo a margine ciò che riguarda chi già si trova nel Regno Unito:
- Tutti i residenti dovranno iscriversi all’AIRE (anagrafe degli italiani residenti all’estero) proprio per dimostrare, ai futuri controlli dell’immigrazione, di essere residenti nello Stato.
- Chiunque viva in UK deve registrarsi al Settlement Scheme, in modo da poter fare domanda per poter rimanere nel paese (in base al possesso di alcuni requisiti) o a tempo indeterminato (settled status, per chi già vive e lavora in Gran Bretagna da più di 5 anni) o per 5 anni (pre-settled status, per chi non risiede o risiede da meno di 5 anni, convertibile poi in un permesso a vita).