1. La rivoluzionaria estate di Twitter
di Nunzio Minissale
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Non sarà di certo il social più utilizzato al mondo (sicuramente non lo è in Italia, dove gli utenti attivi, stando alle statistiche di Digital 2019, non arrivano a 3 milioni) ma ultimamente Twitter sta facendo parlare molto di sè. Chi segue gli aggiornamenti della politica a stelle e strisce ricorderà di certo la polemica innescatasi tra il social di Jack Dorsey e il presidente Trump a seguito delle “segnalazioni” effettuate dalla piattaforma su due tweet del tycoon, “potenzialmente fuorvianti” e contrassegnati con l’avviso “verificare i fatti” e un link in cui si spiega che le dichiarazioni sono prive di fondamento.
Ciò che è accaduto è figlio delle rinnovate politiche anti fake news ed anti hate-speech di Twitter, che pur rifiutandosi di cancellare i post controversi scritti da rilevanti figure politiche (in quanto potrebbero comunque contenere un contenuto importante) ha deciso di porre un “disclaimer” che aiuti i lettori a riconoscere le notizie manipolate o false. Stesso discorso per i post che potrebbero essere visti come violenti ed offensivi: mentre per un utente “normale” la conseguenza è la censura, i tweet dei politici non verranno eliminati, ma “contrassegnati” dalla piattaforma con un “alert”.
La serie di novità volte ad aumentare la consapevolezza e l’uso appropriato del social non si ferma qui: una nuova funzionalità, al momento in fase di test sui dispositivi Android, inoltrerà un avviso all’utente che volesse retwittare (cioè ricondividere) un articolo, chiedendogli se prima di farlo lo avesse davvero letto. Ovviamente Twitter non sarà in grado di sapere se voi abbiate o meno letto ciò che volete condividere: l’intento è piuttosto quello di portare ad una riflessione sull’importanza di diffondere solo le notizie che davvero riteniamo degne di essere condivise.
Un altro esperimento portato avanti nelle ultime settimane prevede un “controllo” da parte dell’utente su chi possa o meno rispondere ai propri contenuti: chi è abilitato a usare questa funzionalità, può decidere di consentire la risposta solo a coloro che segue o di taggare le persone da cui desidera ricevere risposte.
Esperimenti e funzionalità che sembrano indirizzare la piattaforma verso un maggior controllo dell’operato dei propri utenti, verso un uso più responsabile ma anche meno “libero” di quello che sicuramente è uno dei principali mezzi di comunicazione odierni, specie per le figure politiche ed istituzionali di rilievo. Un passo molto coraggioso, se si considera che, nello stesso momento, l’altro colosso dei social media Facebook ribadisce di voler rimanere un luogo “neutrale” e di non volersi occupare di decidere quali contenuti censurare o meno, nell’ottica di preservare la totale libertà di espressione degli utenti.
Facebook rimane com’è mentre Twitter si accinge a cambiare profondamente: sembra quasi in controtendenza con lo spirito di maggior controllo di cui si è parlato sopra l’esperimento di inserire la possibilità di inserire messaggi vocali: si disintermedia ancora di più il social, togliendo la “barriera” della scrittura per rendere ancora più diretto il proprio messaggio. La funzionalità è per ora in fase di test su alcuni dispositivi iOS ed i primi messaggi vocali sono stati lanciati da celebrità come Nicki Minaj. Gli audio dureranno 140 secondi (come i caratteri all’origine), ma se si continua a parlare (premendo un bottone che appare nel menu del tweet) la registrazione procederà in un thread continuo su Twitter, presumibilmente senza grande interruzione tra un audio e l’altro. Ascoltando da mobile, il file audio può essere riprodotto anche dopo aver lasciato l’app, come in un podcast. Da notare che la registrazione può essere allegata ad un tweet scritto: il contenuto testuale serve da titolo al file.
Nell’epoca della rinascita della cultura del formato audio, nella nuova primavera dei podcast, la scelta di consentire agli utenti di veicolare i propri messaggi (o quelli altrui) attraverso il solo utilizzo della voce si potrebbe rivelare vincente per un social che prova a reinventarsi per poter insidiare il gruppo Facebook (non a caso qualche tempo fa aveva lanciato i “fleet”, in tutto e per tutto simili alle stories di Instagram). C’è da affidarsi, come in ogni cambiamento, alla capacità dell’utenza di utilizzare in modo consapevole la piattaforma, per veicolare contenuti di valore e non invadere i feed di “chiacchiericcio”. Ma forse è il prezzo che Twitter, visto da molti come un social “elitario”, deve pagare per poter davvero conquistare il mercato mainstream.