coppetta di gelato Grom

Il futuro di Grom

di Ketty Ilacqua
Tempo di lettura: 2 minuti

Grom nasce a Torino nel 2003 dall’idea dei due trentenni Federico Grom e Guido Martinetti, dalla chiara e semplice idea di produrre il “gelato come una volta”. Il sogno italiano era presto diventato internazionale, con un’espansione iniziata negli Stati Uniti e che aveva portato 3 nuovi grandi soci, continuata poi con l’apertura delle gelaterie a Dubai, Malibù, Parigi, arrivando a contare 17 gelaterie all'estero e 67 in Italia.

coppetta di gelato Grom
Fonte: www.horecanews.it

Nel 2015 la multinazionale Unilever acquisisce l’azienda e con essa il marchio sbarca nei supermercati, andando così a perdere proprio l’artigianalità che contraddistingueva i gelati Grom.

In questi anni il numero di gelaterie presenti sul territorio italiano è sceso a 46, ma il cambio di rotta risulta molto chiaro adesso che Unilever ha confermato quattro chiusure nel 2019 alle quali se ne sommano altre tre per il primo trimestre 2020, compresa quella della sede storica di Torino. Questo cambio, spiegano da Grom, sarebbe a supporto del piano di crescita del brand per assecondare l’evoluzione del modello di business degli ultimi anni che «tiene conto di nuove opportunità, di nuovi canali e di nuovi modelli di acquisto e consumo».

Guido e Federico Martinetti
Fonte: www.repubblica.it

Quindi Grom non sparirà dall’Italia, bensì le gelaterie faranno parte di un ecosistema in cui i diversi canali opereranno in sinergia con gli altri, tra cui degli smart format come chioschi e biciclette gelato su strada per il canale on the go, la GDO, i bar e il canale direct to consumer.

Possiamo dunque dire che il pericolo è scampato, la rete di vendita è chiaramente oggetto di revisione ma non verrà del tutto eliminata, rimarrà anzi al centro dell’esperienza e del DNA di Grom.


retaiLAB 2018

RetaiLAB 4.0. L’innovazione continua discussa in un workshop tra manager, imprenditori e docenti universitari

di Giulia Andreani

Il 13 Giugno 2018 si apre al Centro Congressi dell’Università di Parma “RetaiLAB 4.0”, il primo workshop che affronta la tematica dell’innovazione nel settore retail in una discussione che punta ad unire ricerche e conoscenze del mondo universitario e del mondo delle imprese.

Ore 10:00: apre il workshop Luigi Rubinelli, direttore di RetailWatch.it, proponendo una riflessione sul concetto di innovazione. Ultimamente, dice il direttore, si cerca di innovare a tutti i costi, ma in realtà c’è bisogno di fermarsi un attimo e vedere di cosa il cliente ha bisogno, piuttosto che sviluppare innovazioni super tecnologiche ma di cui il cliente non sente la necessità. Il suo intervento è sostenuto poi dal Pro Rettore Vicario dell’università di Parma Paolo Martelli, che incoraggia università e imprese ad aprirsi e condividere i propri dati a vicenda per essere in grado di creare la vera innovazione.

Inizia il primo intervento il professore Guido Cristini con il Vice President Marketing del gruppo Barilla Matteo Pauri. Il suo intervento si concentra sul ruolo della marca, sulla sua identità e sull’importanza che hanno acquisito i valori intangibili nella brand equity. L’importante è riuscire a creare una relazione con il proprio cliente distintiva ed efficace, così dice il professore, e il commento di Pauri conferma questa idea mostrando le strategie di comunicazione dei brand Gocciole e Ringo, che fanno proprio della relazione con il consumatore il loro obiettivo principale, ottenuta rinnovando continuamente il loro modo di raccontarsi.

Segue la professoressa Beatrice Luceri accompagnata del neuroscienziato Vittorio Gallese. Si discute delle nuove tecniche del neuromarketing che permettono alle imprese di misurare l’attività cerebrale delle persone mentre compiono delle azioni o vedono degli stimoli. Il risultato è che spesso c’è inconsistenza tra ciò che le persone affermano e ciò che poi fanno, perché esse agiscono in base alle emozioni e poi razionalizzano a posteriori la scelta fatta. Gallese parla quindi di estetica e di come bisogna porre attenzione al contesto sociale in cui le persone fruiscono di uno stimolo, perché le risposte cambiano se le emozioni sono vissute in gruppo.

L’ultimo intervento della mattinata prevede la professoressa Maria Grazia Cardinali con il presidente e AD Unes/U2 supermercati Mario Gasbarrino. Si parla del tema del nutrition shopper marketing e viene esposta una ricerca dove è stata valutata l’efficacia di nuovi metodi per comunicare la “bontà” dei prodotti per i consumatori, in linea con la tendenza di volere un’alimentazione più sana e naturale. A riguardo Gasbarrino mostra l’evoluzione delle etichette del prezzo nei supermercati U2 e la volontà di rendere la scelta dello shopper il più facile e immediata possibile, mettendo in vista proprio l’informazione di cui il consumatore ha bisogno.

Alle 14:00 riprende il workshop con il professore Davide Pellegrini e Luigi Mansani di Hogan Lovells dove il tema della privacy viene esposto soprattutto considerando l’avvento del digitale, che ha creato uno spazio in cui tutto sembra possibile. Inoltre, con l’esplosione di influencer e blogger emerge sempre di più l’importanza di comunicare al consumatore qualsiasi rapporto pubblicitario, per renderlo consapevole di tutte le azioni fatte a supporto di un brand dietro compenso in denaro.

Prosegue il professore Edoardo Sabbadin con il presidente di SelecTTrade Edoardo Bulgheroni. Il professore spiega un nuovo concetto di innovazione basato sull’idea che non bisogna partire dal cliente e dall’uso attuale che fa del prodotto, ma bisogna immaginare la persona, con tutte le sue caratteristiche e la sua personalità, nel contesto di vita futuro. In altre parole, non si tratta più di osservarlo e dargli ciò che vuole, ma di immaginare nuovi modi di vivere e farli avverare.  L’importante è dare ai prodotti un significato, come dimostra anche Bulgheroni che spiega la nascita dei nuovi format della nota marca Lindt e dell’esperienza sensoriale che essi devono dare al consumatore.

Infine, chiudono i lavori la professoressa Cristina Ziliani e il Direttore Marketing Finiper Massimo Baggi con una discussione sul tema dell’omnicanalità. L’insegna distributiva deve essere in grado di capire su quali touchpoint i consumatori interagiscono maggiormente e su quali hanno una customer experience migliore per provare a gestire al meglio il customer journey. Per lavorare in questo senso si può partire dal programma fedeltà, che è uno strumento che molte aziende già possiedono, che raccoglie dati sui consumatori e che può essere reso multicanale. Baggi conclude con una riflessione e una provocazione sulla fine dell’ipermercato nel prossimo decennio, attaccato da un lato dalla ricerca di una spesa veloce e selettiva e dall’altro lato dal maggior consumo di pasti fuori casa e dalla maggiore richiesta di piatti pronti a domicilio.

Finisce la giornata con i saluti del professor Cristini e un ringraziamento alla platea, con l’esortazione di raccontare il workshop e di rendere noti i temi ritenuti interessanti su cui basare i laboratori di ricerca futuri, perché la condivisione è la base dell’innovazione.