3. IL "MERCATO NERO" DI CARREFOUR: UNA CAMPAGNA DI COMUNICAZIONE PUO' CAMBIARE LA LEGGE?

di Dario Consoli
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Quest’anno, il Cannes Lions Grand Prix per la Creative Effectiveness, uno dei premi più ambiti nel mondo della pubblicità, è stato assegnato all’insegna francese Carrefour, per il suo progetto “Black Supermarket” che ha costretto l’Unione europea ad un cambiamento legislativo sulla biodiversità.
Non tutti forse sono a conoscenza che in Europa, ma come accade in tutto il resto del mondo, vige un catalogo ufficiale di specie autorizzate che elenca gli unici esemplari di semi e piante che possono essere coltivati e commercializzati dagli agricoltori, con l’obiettivo dichiarato (almeno in origine) di voler tutelare la salute e la sicurezza dei consumatori. Il risultato però, oggi, è che i consumatori acquistano e consumano soltanto il 3% delle varietà di frutta, verdura e ortaggi presenti in natura, e la maggior parte di questi sono frutto di incroci di laboratorio studiati appositamente per essere più resistenti ai pesticidi e adatti alle coltivazioni di tipo intensivo. Tutto a vantaggio delle lobby dell’agro chimico, come ha dichiarato il direttore creativo dell’iniziativa di Carrefour ad AdWeek. 

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In Europa, l’Official Catalogue of Authorized Species vieta la coltivazione, e quindi la distribuzione e commercializzazione, del 97% delle varietà di frutta, verdure e altri vegetali esistenti in natura. Da qui è nata l’idea dell’agenzia Marcel, di proprietà di Publicis, di allestire dei piccoli mercati neri all’interno dei punti vendita della catena francese, dove i clienti possono familiarizzare con oltre sei mila specie di rape, carote, patate e altri innumerevoli prodotti agricoli vietati dall’Unione Europea. Tutto ciò ha permesso di riscoprire varietà di frutta e verdura dimenticate o poco conosciute e di avere una scelta diversa rispetto a quella a cui la Grande Distribuzione ci ha abituato, caratterizzata spesso e volentieri da prodotti standardizzati, senza gusto, di massa.

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Tutto ciò non si sarebbe potuto realizzare se non con la collaborazione di contadini, imprenditori agricoli e piccoli agricoltori, che hanno accettato il rischio di coltivare specie non ammesse in Europa. La catena francese ha infatti stretto con tali fornitori un accordo quinquennale che riguarda la distribuzione e la commercializzazione di tali prodotti non autorizzati. Si tratta sicuramente di un progetto abbastanza ambizioso che ha fatto rischiare Carrefour e i coltivatori direttamente coinvolti, di incappare in una pesante multa prevista proprio per chi coltiva e distribuisce in Europa specie non contemplate nel catalogo ufficiale. Nonostante ciò, l’iniziativa è stata apprezzata a tal punto che i consumatori hanno acquistato complessivamente circa settanta tonnellate di prodotti dal “mercato nero”. Per la prima volta, i clienti Carrefour sono stati in grado di poter assaggiare la cipolla rosa di Armorique, il carciofo Camus du Lèon, la zucca Angelica, il pomodoro Kanevedenn, i fagioli di cocco Trègor, lo scalogno mezzo lungo Clèder e innumerevoli altri prodotti fino ad oggi sconosciuti. 

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Il Black Supermarket rappresenta un esempio di Marketing Esperienziale di successo: allestire dei veri e propri piccoli mercati proibiti all’interno dei tradizionali punti vendita Carrefour, ha permesso ai clienti, anche quelli abituali, di muoversi in mezzo a scaffali stracolmi di specie vegetali mai viste, offrendo loro un’esperienza inedita e coinvolgente. La sfida del Black Supermarket di Carrefour è stata quella di voler promuovere un cambiamento a favore della biodiversità agro-alimentare; cambiamento legislativo prima ancora che culturale. 

La catena francese, leader in Europa, ha infatti contemporaneamente creato una petizione su change.org per modificare la legge, ottenendo più di 85.000 firme da attivisti digitali. In tal modo è riuscita a fare pressione sugli organi europei addetti che, a maggio 2019, hanno allentato i criteri e i requisiti per la compilazione della lista di alimenti permessi. Una vittoria di cui Carrefour va molto fiera, visto che da sempre si è mostrata sensibile ai temi della biodiversità e sicurezza alimentare. 

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In un mercato sempre più saturo, in cui i prodotti sono sempre più simili e il consumatore è sempre più evoluto, le insegne hanno la necessità di spostare l’attenzione del consumatore su altri elementi, come ad esempio l’esperienza di consumo. Carrefour, ancora una volta, riesce ad adattarsi brillantemente alle condizioni del mercato, assumendo il ruolo di vero e proprio “regista di esperienze”, dimostrando di meritare alla grande uno dei premi più ambiti nel mondo della comunicazione. Chapeau!

 


4. SHOELACE: LA NUOVA AVVENTURA SOCIAL DI BIG G

di Laura Marina Popa
Tempo di lettura: 2 minuti

Dopo il fallimento della piattaforma Google+, Mountain View pare già pronta per la sua nuova avventura “social”.
Shoelace, dall’inglese laccio per le scarpe. Il nuovo progetto di Google si propone però come un’esperienza di socialità autentica – lontano dallo schermo e improntata alla condivisione degli interessi con incontri dal vivo.
Nasce dalle menti del team di lavoro per prodotti sperimentali di Google, Area 120 (n incubatore interno all'azienda dedicato ai suoi dipendenti che hanno idee innovative e   l' intenzione di avviare una startup).
Il social network ora è disponibile sotto forma di applicazione, versione Android e iOS (senza controparte Web, almeno per ora) e, per il momento, è nella sola area metropolitana di New York.

repubblica.it


Consentirà ai suoi utenti di socializzare con persone geograficamente vicine e con cui condividono gli stessi interessi.

Shoelace ha lo scopo di raccogliere interessi ed hobby degli iscritti e crea una mappa di persone con passioni e gusti simili, che frequentino gli stessi luoghi oltre a creare un calendario di eventi in linea con i gusti del singolo iscritto.
Il nuovo esperimento social è accessibile soprattutto solo su invito; una caratteristica come questa sarebbe una chiara definizione della direzione dei social network, quella del private social. 
Non bisogna aspettarsi però grandi interazioni digitali con questo nuovo social network visto che l’obiettivo di Google è quello di indurre gli utenti a fare più attività offline e disconnessi dalla rete.
Gli utenti social si mostrano interessati alle persone ed è proprio la centralità delle persone (umane) a dover essere recuperata.

È questo il cuore del private social e, se le funzionalità del nuovo social network di Google lo colgono appieno, anche le tradizionali piattaforme sembrano muoversi in questa direzione. A confermare questa supposizione basti pensare ad una delle ultime novità di Instagram: uno speciale adesivo Chat sulle storie di Instagram permette, infatti, a chi le visualizza di entrare a far parte di una vera e propria conversazione di gruppo, ma privata e in DM, sull’argomento in questione.

In quest’ottica, se davvero questo è quello che gli utenti cercano dai social, anche la presenza e la strategia social più nativa dei brand rischia di apparire disturbante e fonte d’interruzione. Da qui decisioni come quelle di Lush o Unicredit che, hanno lasciato i social e deciso di strutturare diversamente la propria presenza digitale, attraverso app e chatbot dedicati, per esempio, o un lavoro di community management e customer engagement decisamente più incentrato sulla persona.
Non è difficile immaginare, del resto, che nell’era del private social l’obiettivo per un brand possa diventare quello di essere presente nelle conversazioni, nelle interazioni private degli utenti: per farlo serve trasformare ogni singolo consumatore in ambassador del brand o, ancora, puntare su micro e nano influencer in modo da creare una cerchia attiva e fedele di utenti.

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Da quel che si può vedere al momento, Shoelace è un progetto molto più piccolo e molto meno ambizioso di Google+: non più un social a tutto tondo ma una semplice app per mettere in contatto le persone in base agli interessi condivisi e alla posizione geografica. 

La principale differenza tra Shoelace e Google+ è che il secondo si poneva come obiettivo di spodestare Facebook dal trono dei social universali mentre Shoelace ha come scopo finale l’incontro delle persone. 

 

 


5. RIVOLUZIONE PUBBLICITARIA: L'IMPEGNO DI P&G IN ITALIA

di Anna Lo Coco
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Al giorno d’oggi sta diventando sempre più importante ribadire quali sono i diritti dell’uomo per poterli promuovere e farli rispettare.
Un particolare riferimento va fatto ai diritti delle persone con disabilità che molte volte non riescono ad usufruire degli stessi servizi e non riesco ad integrarsi.
Molte sono le aziende che tramite varie iniziative stanno sottolineando l’importante dell’inclusione nel business di persone con diverse tipologie di disabilità. E dopo vari tentativi anche in Italia stanno arrivando degli spot televisivi fruibili da persone con disabilità uditive e visive. L’iniziativa è stata lanciata da Procter & Gamble, che crede fermamente nel valore dell’inclusione e della diversità. P&G si impegna da oltre 10 anni per rendere gli spot accessibili a tutti, infatti è già presente con i suoi spot innovativi in altri paesi (Spagna e Regno Unito).

<<Per qualcuno cieco come me, l’indipendenza e la fiducia arrivano quando il mondo attorno a te diventa accessibile>>
Sam Latif, inclusive design consultant di P&G

I cambiamenti da attuare sono diversi: per le persone con problemi uditivi sicuramente quello che aiuta di più è l’inserimento dei sottotitoli, già inseriti negli spot di P&G. Mentre per coloro non vedenti, viene inserita la descrizione audio che permettendo di cogliere il tono della voce e la vera trama degli spot. Diversi sono gli esempi riportati dall’azienda stessa, uno di questi è il video dove è presente un cane che appena inizia la canzone “Flash” dei Queen inizia a domandarsi dove sia andato a finire il fango che ha portato in casa.
In questo caso gli spettatori non vedenti non potrebbero cogliere il tono umoristico dello spot senza la descrizione sonora del video.

Youtube.com

Non tutte le attività che svolgiamo quotidianamente sono semplici per un non vedente o per una persona disabile. L’impegno di P&G non si limita a rendere gli spot accessibili, ma si estende anche a livello di singolo prodotto, soprattutto per quanto riguarda il packaging dello stesso. Sam Latif ha inserito dei segni tattili sulle diverse bottiglie dei prodotti, tramite la tecnologia laser, che aiutano la persona non vedente a differenziare il prodotto con un solo tocco.

«in bagno riuscire a distinguere uno shampoo da un balsamo può essere una sfida»
Sam Latif, inclusive design consultant di P&G

Così l’azienda si è impegnata a modificare il packaging per far riconoscere, alla persona non vedente o ipovedente, i diversi prodotti appartenenti al brand Herbal Essences. I prodotti di questo brand sono facilmente distinguibili al tatto grazie all'utilizzo di righe in rilievo per far capire che si tratta di uno shampoo e di puntini in rilievo che invece indicano un balsamo.

Youtube.com

Sicuramente non è una battaglia facile quella di rendere accessibili a tutti gli spot o i vari prodotti, ma è una lunga sfida che P&G porterà avanti e che vede come protagonisti sia le aziende con i vari brand, sia i canali televisivi che dovrebbero aggiornarsi e adottare le nuove tecnologie.

 


1. FCA E AURORA PER LA GUIDA AUTONOMA

di Dario Iudice

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Quando si chiude una porta, si apre un portone.”

Anche quando la porta è un colloquio per una fusione con un gruppo come la Renault. Per FCA, l’affare fallito con il colosso automobilistico francese è stato davvero un duro colpo, anche perché si poteva concretizzare un affare che avrebbe portato vantaggi importanti. Si parlava di un unione tra due potenze industriali in grado di produrre potenzialmente 15 milioni di autovetture l’anno, unendo la tecnologia (il know-how dei brevetti per le vetture elettriche in possesso della Renault), piattaforme per ogni singolo modello, gamma di veicoli commerciali in grado di sbaragliare il mercato e tanto altro.
Però tutto per ora è sfumato, perciò FCA non si è abbattuta e ha focalizzato le sue attenzioni per la creazione di una nuova partnership oltreoceano, per la precisione nuovamente negli Stati Uniti con la startup tecnologica Aurora Innovation. Quest’ultima è già conosciuta per l’affare con Amazon, da cui ha incassato un assegno da 530 milioni di dollari per sviluppare la tecnologia della guida autonoma. 

Fonte: FCA corporate website

Il piano di FCA è ben preciso, continuare il lavoro fino ad ora svolto con BMW, Intel e Mobileye per avanzare nel campo della guida autonoma.
L’accordo è stato annunciato da FCA US (la parte americana della casa automobilistica) e dalla stessa Aurora, che hanno firmato un documento d’intesa per i veicoli commerciali, come il brand RAM e FIAT PROFESSIONAL, a guida autonoma.

Fonte: corriere.it

Da note ufficiali, sulla gamma Fca, verrà inserito un sistema chiamato Aurora Driver, piattaforma di self-driving della startup americana fondata nel 2016 da Chris Urmson, ex dirigente di Google , da Sterling Anderson, ex dirigente Tesla e specializzato proprio su questo campo e Drew Bagnell, ex dirigente Uber.
Questo sistema, esattamente, è in grado di riconoscere e guidare, senza aiuto umano, nell’ambiente circostante dando la possibilità al veicolo commerciale su cui sarà montato di orientarsi.
Mike Manley, CEO di Fiat Chrysler Automobiles, ha dichiarato “Aurora porta con sé un insieme di capacità uniche che combinate con una tecnologia mirata e avanzata che migliorerà il nostro approccio alla guida autonoma”. Dello stesso avviso è il co-fondatore della startup americana Sterling Anderson, “siamo entusiasti di stringere una partnership con Fca Usa per sviluppare un modello di business significativo per offrire i vantaggi dei veicoli commerciali a guida autonoma”
E’ straordinario analizzare quanto, aziende di questo genere, possano emergere velocemente nel settore automotive. Per Aurora, in particolare, si parla di finanziamenti ricevuti da Amazon e Shell pari a 620 milioni di dollari. La valutazione della startup americana ha raggiunto i 2,5 miliardi di dollari, continuando su questa strada, quest’ultima potrebbe investire sensibilmente la tecnologia apportata per la guida autonoma, rendendola non più un miraggio, ma un vero è proprio sistema disponibile.

 

 


2. RIVOLUZIONE LIBRA: LA MONETA PLANETARIA DI ZUCKERBERG

di Dario Consoli

Tempo di lettura: 4 minuti

Probabilmente era solo una questione di tempo. Con l’annuncio di Libra, Facebook continua ininterrottamente il suo processo di espansione globale a 360 gradi. Libra è infatti il nome della criptomoneta con la quale il social network più grande al mondo realizza la più audace incursione nel mondo dei servizi finanziari e dei pagamenti. "La missione è creare una infrastruttura finanziaria globale che serva a miliardi di persone in tutto il mondo", scrive lo stesso Mark Zuckerberg. "Vogliamo rendere facile per tutti inviare e ricevere denaro, proprio come accade con le nostre app per condividere istantaneamente messaggi e foto”. Il tutto con la tecnologia della blockchain.

Fonte: La Repubblica

La nuova moneta, che sarà lanciata nella prima metà del 2020, detiene ambizioni forti; si propone come moneta planetaria che punta ad entrare nel “portafoglio” non solo degli oltre due miliardi di utenti Facebook, ma anche a quel miliardo e 700 milioni di individui che non hanno ancora un conto in banca, però nella maggior parte dei casi hanno già uno smartphone. "Le persone saranno in grado di spedire, ricevere, spendere e proteggere i loro soldi, grazie ad un sistema finanziario globale più inclusivo", si legge nel sito dedicato alla moneta 

È stato David Marcus, ex presidente di PayPal e assunto da Zuckerberg nel 2014, ad aver concepito il progetto Libra, il cui nome prende ispirazione dalla libbra, unità di misura romana. Per Marcus però assume anche un altro significato: la traduzione dal latino sta per “bilancia”, il segno astrologico per la giustizia e nelle lingue neolatine rimanda alla parola libertà. “Libertà, giustizia e denaro, che è esattamente quello che stiamo cercando di fare qui” ha dichiarato Marcus. 

Ma proviamo a fare un po' di chiarezza e scoprire cosa è realmente Libra.

Seguendo la diretta Instagram di Steven Lo Presti, Founder di Marketing Ignorante, abbiamo potuto ascoltare il parere di un esperto del settore, come Gian Luca Comandini – Membro del Gruppo Esperti Blockchain del Ministero dello Sviluppo Economico e Professore di Blockchain dell’Università degli Studi “Guglielmo Marconi”.

“Libra era, se non annunciata da tempo, aspettata da parecchio. Pochi lo sanno ma Facebook da anni aveva già cercato infinite volte di ottenere la licenza bancaria, con l’obiettivo di diventare una sorta di banca del futuro”. Come ha spiegato chiaramente sempre Gianluca Comandini “Libra ha poco a che vedere con Bitcoin e le altre criptovalute. Pur utilizzando una tecnologia blockchain nata da zero, si tratta comunque di una blockchain privata e permissionless, quindi centralizzata.” 

In particolare, parliamo di una stablecoin, cioè una moneta virtuale vincolata alle monete a corso legale, evitando in tal modo la caratteristica principale della maggior parte delle cripto valute: la volatilità. Dovrebbe quindi avere un valore relativamente stabile di circa 1 dollaro, anche se il vincolo non sarà solo al dollaro ma alle principali valute mondiali, per dare all’utente un’esperienza fluida nel suo utilizzo, indipendentemente dalla nazione di riferimento. 

Può essere immaginata come una sorta di credito da poter utilizzare per acquistare servizi digitali o commerciali dalle aziende e le varie realtà del web che decideranno di aderire a questo sistema di pagamento. La Riserva Libra, dalla quale si ottiene la stabilità e la crescita dell’economia della moneta, sarà gestita attraverso un’associazione con sede a Ginevra, di cui fanno parte 28 membri, tra cui realtà̀ attive nel mondo dei pagamenti come MasterCard, Visa, PayPal; varie società̀ tecnologiche come Ebay, Spotify, Uber; player delle telecomunicazioni come Iliad e Vodafone e tante altre aziende, associazioni e istituzioni accademiche.

Fonte: Smartworld.it

Sempre Gian Luca Comandini ci spiega come “Tutte le società che sono entrate nel progetto, hanno dovuto versare 10 milioni di dollari a fondo perduto e altri 10 milioni per poter ottenere un diritto di voto in più. Questo potrebbe essere un rischio che va contro le logiche della blockchain; la cripto valuta è democratizzazione, qui invece avremo un mondo potenzialmente governato dalle 100 aziende più potenti che hanno maggiore diritto di voto, ottenuto tramite un sistema di maggioranza a pagamento e non basato su fondamenti democratici.” 

Tutto sta nel vedere come Zuckerberg intende gestire questa creatura. Nonostante ciò la visione di Gian Luca Comandini è positiva. “Sicuramente si tratta di un passo in avanti verso l’adesione di massa alle criptovalute e un abbandono all’ormai obsoleto sistema bancario”.

Il primo digital wallet sarà Calibra, utilizzabile già dal 2020. “Calibra sarà la sussidiaria di Facebook che permetterà di inviare, salvare e spendere Libra con tanto di borsellino elettronico disponibile anche per WhatsApp e Instagram” come spiega Veronica Gentiletti, Facebook Marketing Expert. Per iscriversi basterà scaricare l’app, ma non sarà necessario avere un profilo Facebook per usarla. 

Si può dire che è in atto una rivoluzione, o almeno questo è il pensiero di Fabio Pezzotti – Founder and CEO di Iconium – che in una recente intervista rilasciata a StartupItalia ha dichiarato: “La blockchain aveva già cambiato il mercato ma non c’era stata la rivoluzione, perché non era arrivata alle masse: ora Facebook ci sta riuscendo”. 

Guardando la questione da un punto di vista marketing, la mossa di Zuckerberg è stata sicuramente, ancora una volta, geniale. La “fretta” nell’annunciare Libra si può ricondurre alla necessità di dover rivoltare il proprio business dopo gli scandali di Cambridge Analytica. Tentare di riposizionarsi in un settore dove gli elementi sicurezza, trasparenza e privacy sono fondamentali, risulta essere un modo per riguadagnare la fiducia degli utenti. Ci riuscirà? La questione è tutta da vedere. 

 

 

 


3. ESSELUNGA SI AFFIDA ALL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE PER SELEZIONARE I DIPENDENTI

di Manuela Fiku

Tempo di lettura: 3 minuti

Riconoscimento facciale? Intelligenza artificiale.
Alexa? Intelligenza artificiale.
E-mail di risposta automatica? Intelligenza artificiale.
Suggerimenti Spotify? Intelligenza artificiale.
Colloqui di lavoro? Ebbene sì. Intelligenza artificiale.

L’introduzione dell’AI (artificial intelligence) in ambito HR non è in realtà una novità.
Soprattutto oltreoceano, l’AI è sempre più parte dei processi di recruiting, analizza il lavoro dei dipendenti e, grazie all’implementazione di chatbot, contribuisce a offrire un percorso di crescita personalizzato interno all’azienda.
Ultimamente però, per via del convegno “Agile Transformation: così si allenano le organizzazioni per il futuro” organizzato al Politecnico di Milano, se ne parla sempre di più anche in Italia.

Quest’anno infatti, il premio “HR Innovation Awards 2019” è stato consegnato ad Esselunga per via di un progetto che prevede la digitalizzazione della selezione dei candidati. 

Fonte: ilcittadinomb.it

Ma di cosa si tratta?
Per comprenderlo vediamo nel concreto come cambia il processo di selezione.
Fino a poco fa alla candidatura seguiva una convocazione telefonica, un colloquio di gruppo (circa 60 persone), micro-assessment di 1 ora in gruppi di 12 persone e, in caso di esito positivo, il colloquio individuale.
Con la digitalizzazione del processo, alla candidatura seguono un sms e un’e-mail per invitare i candidati a un video colloquio in differita di 10 minuti.
Operazione apparentemente banale, ma che permette al retailer di effettuare un primo screening passando da 50mila telefonate all’anno a 20mila contatti circa.
La novità non consiste nel passaggio dalla call all’sms, bensì nella video intervista che vede l’applicazione di algoritmi di intelligenza artificiale. Ad ogni candidato dunque, durante la videochiamata, sono riconosciute delle skill che gli permettono di rientrare in un ranking: solo quelli che si collocano in un determinato ranking vengono analizzati dal recruiter e invitati a un video colloquio fisico. Una volta superato questo secondo video colloquio si passa al colloquio finale nella sede aziendale. 

La digitalizzazione di Esselunga però non si ferma qui. L’azienda ha infatti annunciato che il prossimo step sarà l’implementazione di un chatbot – un’interfaccia conversazionale automatizzata - che indirizzerà i candidati verso la posizione che più si addice alle loro competenze e alle loro aspettative.
Il chatbot è uno strumento che si sta diffondendo sempre di più, sia sul lato del customer service sia per quel riguarda i processi di back office.
Sul sito di Esselunga è già possibile interagire con Luisa, un chatbot dedicato ai clienti che, per via delle risposte troppo prolisse che tendono per lo più a rimandare al sito, mostra ampi margini di miglioramento. 

Quindi, nell’attesa che questo processo di digitalizzazione nelle risorse umane si concluda, non resta altro che aspettare per vedere se altre aziende italiane intraprenderanno questa strada e se il nuovo chatbot di Esselunga risulterà essere utile in ambito HR (o per lo meno più utile di Luisa). 

 


4. PLASTIC MACHINE: UNA CORONA IN CAMBIO DI UNA BOTTIGLIA DI PLASTICA

di Roberto Faraci

Tempo di lettura: 3 minuti

Mercoledì 5 Giugno a Milano, a Ripa di Porta Ticinese, Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, inaugura la plastic machine: un macchinario che offre un buono per una birra in cambio di una bottiglia di plastica vuota. Diversi locali hanno aderito all’iniziativa, tra cui l’Elita Bar, Mag Cafe e Ugo, nei quali è stato infatti possibile ritirare le birre. La marca autrice di questa geniale idea è Corona, in collaborazione con Parley for the Oceans. Non sarà stato difficile trovare un macchinario situato sotto una grande onda, un’installazione ottenuta con oltre 12000 bottiglie e bicchieri provenienti da attività di riciclo. La macchina ha stazionato a Milano fino a Domenica 9 Giugno, ma è previsto un tour estivo per tutto lo stivale.

Fonte: telecolor.net

Inquinamento: dati che preoccupano

Il problema di fondo che stiamo trattando è gravissimo. Come ha affermato il WWF, ogni anno più di 570mila tonnellate di plastica finiscono nelle acque del Mediterraneo: come se ogni 60 secondi più di 33mila bottigliette venissero gettate in mare. Se non vengono attuate delle strategie, la situazione peggiorerà nell’arco di pochi anni e già “entro il 2050 l’inquinamento nell’area mediterranea si quadruplicherà” – WWF.

Le direttive dell’Ue

Per cercare di contrastare questo grave problema di inquinamento, Consiglio e Parlamento Europeo hanno emanato una direttiva che vieta, a partire dal 2021, l’utilizzo di oggetti di plastica monouso, dai piatti alle posate, dai contenitori per alimenti ai cotton fioc. Gli stati membri dell’UE avranno due anni di tempo per far propria questa direttiva e diverse altre norme che, secondo la Commissione UE, porteranno ad un risparmio complessivo di 6,5 miliardidi euro entro il 2030. L’obiettivo di fondo è sempre lo stesso: ridurre la quantità di rifiuti di plastica creata.

World Oceans Day 2019

La partnership menzionata pocanzi, tra Corona e Parley for the Oceans, ha visto il lancio dell’iniziativa “Help us protect paradise”, cioè “Aiutaci a proteggere il paradiso”.

Fonte: brand-news.it

Un modo sicuramente innovativo e “green” di festeggiare la Giornata mondiale degli oceani, tenutasi lo scorso 8 Giugno. Ha commentato così il brand messicano: “Corona per la settimana del World Oceans Day accetta bottiglie di plastica come forma di pagamento per le nostre birre. Rinunciamo ai nostri guadagni pur di proteggere il paradiso marino dall’inquinamento della plastica.

Jova Beach Party: un tour di sostenibilità!

Come anticipato prima, questo straordinario piccolo gesto non è stato un caso isolato. L’iniziativa “Help us protect paradise” toccherà ben 15 località italiane, nelle quali avrà luogo il Jova Beach Party. Corona è infatti main partner del progetto che, a partire dal 6 Luglio, accompagnerà la musica del noto cantante Jovanotti in tour per tutto lo stivale.

Fonte: Repubblica Milano

L’obiettivo del noto marchio messicano è quello di lasciare le località che ospiteranno il tour meglio di come sono state trovate, nella convinzione che siano un paradiso in cui la plastica non deve trovare posto. Per proteggerle bisogna partire innanzitutto dai piccoli gesti.


5. IKEA X ADIDAS: UNA PICCOLA RIVOLUZIONE

di Antonino Ferro 

Tempo di lettura: 2 minuti

Poco più di una settimana fa, due dei brand più famosi e innovativi al mondo, hanno annunciato una collaborazione. L’arredamento low cost di Ikea sposa il fitness made in Adidas. L’azienda svedese ha dichiarato di apprezzare il modo in cui Adidas gestisce le sue collaborazioni e di essere fortemente motivata alla creazione di questa linea di prodotti.

Fonte: pintarest.com

Cosa aspettarsi quindi, e soprattutto, perché questa scelta? La Collaborazione è stata annunciata assieme a quella con Lego, ai Democratic Design Days. Non sono state annunciate ancora date o prodotti ma l'obiettivo è quello di diffondere il benessere e spingere più persone ad allenarsi, creando una linea di prodotti per fare esercizio a casa. I due colossi dell’home design e dell’activewear hanno promosso una nuova collaborazione che si preannuncia già attesissima: i due brand lavoreranno infatti in tandem per realizzare una collezione di attrezzatura sportiva per la casa. Insieme hanno deciso di creare la linea per “l’home fitness”. Le aziende prevedono di rivoluzionare le abitudini di chi si allena tra salotto e fornelli, attraverso una gamma di prodotti innovativi. I team di entrambi le imprese, tuttavia, si sono già messi avanti e hanno svolto per mesi ricerche osservando le modalità di workout tra le mura domestiche di nuclei familiari di New York, Chicago, Londra e Shanghai, rilevandone abitudini, problematiche ed esigenze. I focus group( tecnica qualitativa utilizzata nelle ricerche delle scienze umane e sociali)  hanno interessato in particolare le madri con i figli piccoli e i teenager.

“Le donne, per Adidas, sono molto importanti" ha spiegato Michael Bui, Sportswear Design Director di Adidas, analizzando le diverse modalità di utilizzo della casa come luogo di allenamento a seconda del target di riferimento. Ikea è esperta di vita da casa e crea prodotti di arredamento in grado di andare incontro alle esigenze quotidiane delle persone. Non è, tuttavia, specializzata nel fitness e nello sport, motivo per cui Adidas rappresenta il partner ideale.

Insieme, vogliamo rendere la casa un luogo più attivo”, ha commentato James Futcher, creative leader di “Ikea”, una frase simbolica per indicare l’importanza del programma.

Fonte: fashionn.com

Una gamma di prodotti pensata per chi fa sport tra le mura domestiche, la linea Adidas x Ikea, che comprenderà prodotti per l’home fitness dovrebbe essere lanciata ufficialmente, stando a quanto riporta il giornale online Altavia Watch, entro il 2021. La casa è dove si creano abitudini che durano per tutta la vita e questo Ikea lo sa bene, collaborando con Adidas, vogliono far capire a fondo che cosa significhi benessere per persone diverse e quale ruolo abbiano in questo senso gli spazi abitativi. L’obiettivo è creare delle case che siano pensate e progettate per dare a tutti la possibilità di avere una vita più sana e più attiva. Rendere lo sport accessibile a tutti è possibile grazie alla partnership con Ikea attraverso la quale si possono studiare perché alcune persone siano più attive di altre, soprattutto tra le giovani donne e si esploreranno il ruolo della casa in queste dinamiche in modo tale da rimuovere gli ostacoli al fitness.

Fonte: pintarest.com

Questo progetto è pensato per chi lavora tutto il giorno e non ha tempo di andare in palestra, e parte da uno studio su come e quanto le persone, in particolare le donne, si allenino a casa. Non sappiamo ancora nulla di specifico, ma sicuramente Ikea e Adidas porteranno delle novità economiche e funzionali nel mondo del Fitness. Per ora i dettagli sulla nuova collezione non sono molti anche perché la realizzazione dei prodotti dovrà essere preceduta da una lunga fase di studio e sperimentazione, ma quel che è certo è che si tratta di una piccola rivoluzione: i fan stanno già aspettando.

 

 


NEAM MAGGIO 2019

 

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Buona lettura!