NEAM SETTEMBRE 2018

E’ il momento di tornare al lavoro !
Settembre si è concluso e ha portato con sé tante novità. Ti sei perso/a le più importanti?

Niente panico, ci pensa NEAM!

Abbiamo scelto per voi:

1. La sharing economy non si ferma mai: con Sofan adesso puoi condividere un divano”

2. Da Versace e Gucci : tutti i marchi della moda venduti all’estero”

3. Il regalo di Huawei ai clienti … Apple!”

4. Coca Cola compra Costa: sfida a Starbucks”

5. In California, nel 2045, il 100% dell’energia sarà pulita”

Buona lettura!

 

  1. LA SHARING ECONOMY NON SI FERMA MAI: CON SOFAN ADESSO PUOI CONDIVIDERE UN DIVANO

     di Roberta Signorino Gelo
    Tempo lettura: 2 minuti

    Assolutamente in linea con le principali passioni nostrane, è nata dall’idea di 3 studenti fuori sede a Milano una start up molto particolare ed è pronta per essere lanciata. Si chiama Sofan e, come anticipa il nome stesso, consisterà in una piattaforma che permetterà di condividere il sofà di casa per la visione di eventi trasmessi in pay tv, primi fra tutti quelli calcistici.

    Il meccanismo è semplice: coloro che vogliono mettere a disposizione la propria abitazione e il proprio abbonamento devono candidarsi come “host” tramite app o sito web versando un piccolo importo. Essi potranno poi recuperare parte del costo della pay tv grazie alle quote che verseranno i singoli “guest” che accetteranno l’invito a condividere la visione dell’evento spendendo comunque sempre meno rispetto ad una serata in un pub.

    Non è stata ancora ufficializzata la data di uscita dell’app per Android e iOs e della piattaforma web, ma voci affermano che il lancio avverrà attorno alla metà di ottobre. È già comunque disponibile sul relativo sito la possibilità di iscrizione come host, gratuita tra l’altro per i primi 100 che decideranno di aderire. La location di lancio è (naturalmente) Milano, scelta proprio per il suo alto numero di studenti fuori sede i quali non hanno la possibilità di pagare un intero abbonamento ai servizi pay per view e che rappresentano un target ideale per la loro tendenza alla socializzazione. Ebbene sì, perché l’obiettivo principale della start up è proprio quello di incoraggiare perfetti sconosciuti che condividono una passione a trascorrere una serata o un pomeriggio insieme, facendo amicizia ed espandendo la propria rete di contatti.

    L’idea avrà successo? Non possiamo fare previsioni azzardate, ma di certo ci sono i presupposti per un riscontro positivo. Le start up di maggiore successo degli ultimi tempi infatti si basano tutte sul concetto della sharing economy, cioè un modello di business basato sulla messa in condivisione di prodotti o servizi. Esso sta prendendo piede nei settori più disparati come quello dei viaggi, della ristorazione, della logistica e soprattutto dei trasporti (si pensi ai numerosissimi car e bike sharing in giro per le grandi città). La condivisione oggi ormai è moda e consente contemporaneamente un risparmio non irrilevante.

    Su questa scia, cos’altro in futuro potrà essere condiviso?

     

    2.  DA VERSACE A GUCCI: TUTTI I MARCHI DELLA MODA VENDUTI ALL’ESTERO

    di Francesca Bisi
    Tempo lettura: 2 minuti

    Cosa accomuna Fendi, Gucci, Valentino e Versace? Sono icone del Made in Italy e sono tutti di proprietà straniera. Sono il simbolo del Made in Italy, ma sempre più spesso finiscono in mani straniere.

    Questi sono tra i nomi principali che vengono in mente quando si pensa a questa tendenza, ma sono tanti gli esempi:

    • Ferragamo, la cui vendita è stata smentita dalla famiglia proprietaria, ma che da settimane è al centro di rumor secondo cui sarebbe nel mirino di Lvmh, il colosso francese del lusso di Bernard Arnault
    • Loro Piana, storico marchio piemontese delle lane di pregio, entrato nel 2013 nell’orbita di Lvmh
    • Valentino è saldamente nelle mani del fondo del Qatar Mayhoola
    • Il marchio Krizia è stato comperato quattro anni fa dai cinesi di Marisfrolg
    • La Perla è passata nelle mani degli olandesi di Sapinda.
    • Federico Marchettiha venduto la sua piattaforma di vendite on line Yoox-net-à-porter agli svizzeri di Richemont.

    Tutti questi passaggi di proprietà non vanno però visti sempre in modo negativo: spesso si sono tradotti in investimenti e ulteriore crescita, non perdita di lavoro in Italia.

    Ma cosa si cela dietro a questo cambiamento?

    Sicuramente al Made in Italy va imputato un problema di dimensioni e il confronto con alcuni gruppi esteri concorrenti è spesso impari. Questo comporta che spesso le aziende italiane diventino prede di acquisitori esteri: lo stesso presidente di Confindustria Moda, Claudio Marenzi, spiegò in passato che forse dietro alla mancanza di grandi poli aggregatori italiani del lusso ci potrebbe essere un maggiore legame degli italiani con il prodotto, ma aggiunse, «non c’è stata nemmeno la finanza ad aiutarci».

    A conferma di questa tendenza, basti pensare all’accordo che ha portato la maison, fondata da Gianni Versace nel 1978, oltreoceano. La Micheal Kors Holding – che verrà presto rinominata Capri Holding – ha acquistato l’impero della medusa per 2.12 miliardi di dollari, il doppio del loro fatturato attuale e ha già annunciato grandi progetti, tra cui l’apertura di 100 nuovi punti vendita e l’espansione dell’e-commerce. Per Versace questo non è un passo indietro, anzi, questo consentirà di raggiungere il suo pieno potenziale a detta di Donatella Versace, che rimarrà direttrice creativa del marchio.

    Infatti, anche le collezioni di Fendi, Gucci e Valentino continuano a essere disegnate da stilisti italiani.

    Ma nel Made in Italy c’è anche chi resiste. Giorgio Armani, re delle passerelle da quattro decadi ha più volte ribadito di non essere interessato a cedere il controllo della sua azienda, così come Prada che resta saldamente in mano alla sua fondatrice Miuccia. Insieme a loro Moncler, Ferragamo, Etro e Missoni rimangono italiani di nome e di fatto. Della stessa opinione anche il duo composto da Domenico Dolce e Stefano Gabbana che solo qualche mese fa aveva dichiarato che il loro brand morirà con loro. “Abbiamo rifiutato tutte le offerte di acquisto. Puoi avere tanti soldi, ma se non sei più libero che te ne fai?”

     

    3.  IL REGALO DI HUAWEI AI CLIENTI… APPLE!

    di Dario Consoli
    Tempo lettura : 2 minuti

    21 settembre 2018; anche se le prenotazioni online con consegna a domicilio non le rendono più necessarie, le lunghe code di fronte agli Apple Store nel Day One sono ormai una tradizione per gli amanti della Mela, che anche quest’anno si sono ritrovati davanti agli store, già alle prime luci dell’alba, pronti ad accaparrarsi i nuovi IPhone XS e iPhone XS Max.

    A Singapore, Paese che grazie al fuso orario è stato uno dei primi a poter mettere in vendita i nuovi smartphone dell’azienda di Cupertino, erano più di 400 le persone che si sono riunite in questa sorta di rito collettivo che ogni anno coinvolge migliaia di fan del Melafonino.

    Huawei, che negli ultimi anni è riuscita a diventare una minaccia reale sia per Apple che per Samsung nel mercato degli smartphone, non è rimasta a guardare ed ha colto subito l’occasione per continuare la sua “battaglia” contro il colosso statunitense. La società cinese, che già si era resa protagonista di una frecciatina sui social subito dopo la presentazione dei nuovi iPhone, il 12 settembre, “ringraziandoli di cuore per aver lasciato tutto invariato e non essersi resi protagonisti di nessuna evoluzione”, ha deciso di sfruttare il giorno del lancio dei nuovi device a marchio Apple per mettere in atto un’interessante campagna di guerrilla marketing.

    La trovata pubblicitaria messa in atto da Huawei si è svolta proprio di fronte all’Apple Store di Orchard Road, a Singapore. Il produttore cinese ha inviato sul posto alcuni dipendenti con l’obiettivo specifico di distribuire gratuitamente dei Power Bank nuovi di zecca a tutte le persone che quel giorno si erano messe in coda in attesa di acquistare un iPhone XS. La confezione regalo di Huawei destinata ai più fedeli clienti Apple, conteneva un biglietto con la scritta: 

    “HERE’S A POWER BANK. YOU’LL NEED IT. COURTESY OF HUAWEI.”

    (QUESTO È UN POWERBANK. NE AVRAI BISOGNO. PER GENTILE CONCESSIONE DI HUAWEI)

    La provocazione è un chiaro riferimento alla ridotta durata della batteria degli iPhone in confronto ad altri smartphone Android. Il gruppo di Cupertino infatti utilizza batterie meno capienti, 2.658 mAh (iPhone XS) contro i 4.000 mAh del Huawei P20 Pro, per questioni legate a garantire un design ultra sottile che però ne riducono l’autonomia.

    Nella nota si sottolinea anche la “gentile concessione di Huawei”, volendosi dimostrare attento alle esigenze dei clienti; il prezioso accessorio offerto in dono infatti, non è un prodotto di seconda fascia o una rimanenza di magazzino. Stiamo parlando di un Power Bank da 1.000 mAh con supporto alla tecnologia di ricarica rapida proprietaria SuperCharge che normalmente viene venduto al pubblico ad un prezzo non inferiore ai 50 euro.

    Fedeltà ad Apple o meno, di sicuro anche gli italiani sarebbero stati molto contenti di ricevere un regalo del genere recandosi presso uno store in attesa di acquistare i nuovi modelli di iPhone. Ma l’azione di marketing promossa da Huawei sembra sia stata destinata soltanto ad alcuni mercati cruciali per il brand e di certo la Cina, in questo momento, lo è più di qualsiasi altra nazione del vecchio continente.

    Da parte di Apple non è giunta nessuna contro risposta, in linea con la politica di Tim Cook che tende ad astenersi da diatribe con i competitor.

     

    4.  COCA COLA COMPRA COSTA: SFIDA A STARBUCKS

    di Leonardo Greco
    Tempo durata: 2 minuti

    La compagnia Usa acquisisce la catena del caffè di proprietà di Whitbread: la seconda più grande del mondo dopo Starbucks.

    Costa Coffee è stata fondata a Londra nel 1971 dai fratelli Sergio e Bruno Costa come azienda di commercio all’ingrosso che riforniva di caffè tostato i ristoratori e le caffetterie italiane specializzate.

    Whitbread (azienda multinazionale britannica, quotata alla borsa di Londra, fondata nel 1742  che ha come origine la produzione della birra) acquista Costa Coffee nel 1995 per 19 milioni e con solo 39 punti vendita, è cresciuta fino ad arrivare a 3.800 sedi in 32 paesi e oltre 8.000 distributori automatici. Alla fine del 2010, la società aveva sorpassato Starbucks nel Regno Unito, raggiungendo una quota di mercato del 37,6% misurata dai ricavi.

    In aprile la Whitbread, che ha la sua divisione più grande nella Premier Inn, ovvero il più grande marchio alberghiero nel Regno Unito, dichiarò la vendita di Costa Coffee visto la pressione degli investitori sulla separazione del business del caffè con quella dell’ attività alberghiera nonostante una chiusura di bilancio (avvenuta il 31 marzo) di 1,292 miliardi di sterline.

    Ad aggiudicarsi l’ acquisto, ad un valore di 3,9 miliardi di sterline, ovvero 4,4 miliardi di euro è stata la compagnia statunitense Coca Cola la quale vede le bevande calde uno dei pochi segmenti restanti del panorama complessivo del beverage in cui essa non ha un marchio globale. James Quincey, CEO di Coca Cola ha dichiarato: “Costa ci dà accesso a questo mercato attraverso una forte piattaforma del caffè”.

    Riuscirà la multinazionale statunitense ad abbattere la concorrenza di un colosso del settore come Starbucks?

     

    5. IN CALIFORNIA, NEL 2045, IL 100% DELL’ENERGIA SARA’ PULITA                                        

    di Dario Iudice
    Tempo lettura: 2 minuti

    Con 43 voti favorevoli contro 32, l’assemblea di Stato della California ha approvato che entro il 2045, tutta l’energia prodotta e utilizzata dovrà essere carbon – free, dovrà quindi provenire da energie rinnovabili, dal solare all’eolico.

    Già ora, in California, la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili è pari al 44 per cento, grazie al calo del costo dei pannelli e alla maggiore efficienza delle pale e dei rotori negli impianti eolici.

    Alcuni addetti ai lavori, i più ottimisti, affermano che il passaggio alle energie rinnovabili potrà essere anticipato, grazie allo sviluppo delle tecnologie e dall’ampliamento delle batterie e dei sistemi di accumulo.

    Attualmente, società come Tesla e alcune aziende cinesi, attraverso le Gigafactories (ndr, enorme fabbrica di batterie alimentate a energia solare), sono al lavoro su piattaforme di sviluppo per aumentare la capacità di accumulo energetico delle batterie, proveniente dalla luce solare.

    Attraverso la logica della curva di esperienza, maggiore sarà l’apprendimento delle nuove tecnologie e di conseguenza all’aumentare del volume di produzione cumulata  il costo medio del bene prodotto diminuisce. Tutto ciò è correlato al livello di efficienza della produzione.

    L’energia rinnovabile è sicuramente meno costosa, ma il problema principale è dovuto alla sua reperibilità. Il sole non splende di notte e alcune volte non c’è vento, tutto dipenderà dalla capacità delle batterie, il cui costo di produzione dovrà diminuire secondo il principio citato prima della curva di esperienza.

    Il miglioramento dell’intero processo dipenderà comunque dall’effettiva domanda di veicoli elettrici e impianti domestici, e quindi dall’effettivo utilizzo.

    Nel frattempo la California vuole portarsi in avanti, inseguendo l’obiettivo di installare pannelli solari nelle nuove case costruite dopo il 2020: non solo per abbassare il costo dei pannelli solari, ma anche per promuovere ed educare i cittadini all’uso delle energie rinnovabili.