2. LA RIVOLUZIONE DIGITALE DI LUSH

di Manuela Fiku

tempo di lettura: 3 minuti

This isn’t the end, it’s just the start of something new.

Si concludeva così l’annuncio fatto in contemporanea su Facebook, Instagram e Twitter da Lush UK.

Fonte: GDO week

Per chi non lo sapesse, Lush è un’azienda cosmetica conosciuta soprattutto per la vendita di prodotti sfusi.

Negli ultimi giorni però, le scelte controcorrente dell’azienda non hanno riguardato né l’assenza di packaging né le caratteristiche dei prodotti, bensì la comunicazione digital, in particolare i social.

Fonte: profilo instagram Lush UK

“Siamo stanchi di combattere contro gli algoritmi e non vogliamo pagare per comparire nel newsfeed. Abbiamo deciso quindi che è ora di dire addio ad alcuni dei nostri canali social e di aprire invece la conversazione tra te e noi

Con pagine da oltre mezzo milione di followers, Lush sembrava voler dire addio ai social.

Certo la polemica contro le sponsorizzate è lecita: raggiungere il proprio target attraverso contenuti organici è sempre più un miraggio.

Ma vale davvero la pena di abbandonare tutto?

Come spiega Gianluca Diegoli, esperto di digital marketing, consulente, docente alla IULM, e co-founder di Digital Update: le risorse sono tante. La gestione di una pagina implica foto e video che continuano a essere cercati e utilizzati nel tempo, ma ricordiamoci che questa è solo una parte: messaggi, bot, storie e così via, sono tutti elementi che possono avere un loro significato.

“In un’epoca in cui Facebook sta diventando praticamente presente in tutte le parti del funnel, dalla parte di awareness, alla parte di consideration, fino alla parte di remarketing, non lo so, uscirne mi sembra un po’ un atto eroico che però sacrifica nel lungo periodo una potenzialità”

Dello stesso parere sembra essere Steven Lo Presti, esperto e consulente di marketing, Founder di Marketing Ignorante, il quale spiega come rinunciare a questi canali significhi perdere un’opportunità. Non solo. Il fatto che l’azienda abbia dichiarato di raggiungere solo il 6% dei suoi followers fa riflettere sui contenuti pubblicati.

“È come ammettere di avere difficoltà nel creare contenuti coinvolgenti senza l’utilizzo di sponsorizzate”

Digitale ovviamente non significa solo social media. Il sito ad esempio è un altro importante canale che l’azienda sfrutta al meglio. Come emerge su Gartner, il sito di Lush è tra i migliori della categoria, ma risulta tuttora ricco di rimandi social (a partire dagli hashtag personalizzati).

Ci sono dunque dubbi sul reale abbandono dei social media.

Rileggendo il post di annuncio, l’enfasi ricade più volte sul concetto di community poiché saranno gli amanti del brand a creare contenuti. A confermarlo arriva il nuovo hashtag lanciato alla fine: #LushCommunity

Più lavoro per gli influencer dunque? Forse, ma per ora Customer Care e Community Management sembrano essere il centro di questa nuova strategia basata su canali owned.

Sito e negozio sono dunque i canali principali in quest’era di integrazione tra online e offline su cui l’azienda vuole concentrare le sue forze.

Nel Regno Unito il tutto è arrivato inaspettatamente e, mentre Lush Nord America ha tweettato che sarebbe rimasto in funzione, in Italia i social rimangono attivi come prima, ma emerge comunque un cambiamento in quella direzione.

“Il canale principale per fare brand awareness è il nostro sito web che è anche la nostra piattaforma di e-commerce; poi utilizziamo parte dei canali social. Ma quello che dobbiamo proprio raccontare di LUSH è la capacità di coinvolgere la community non solo attraverso dei canali istituzionali (sito web e social) ma anche attraverso i profili dei fondatori, delle persone che creano i nostri prodotti in giro per il mondo.”

Ha raccontato qualche giorno fa Rossella Campisi, Digital Manager di LUSH.

Perché la community parte proprio dall’interno, dai dipendenti stessi, che sui loro profili manifestano l’entusiasmo e l’orgoglio di essere parte di questa azienda e parte della Lush Commuity.

Un marketing relazionale che si integra al personal branding dello staff.

Un negozio che viene valorizzato attraverso eventi ed esperienze instore.

Un sito che diventa il canale principale, utilizzato per mostrare, vendere, dialogare e creare innovazione (vedi LushLab: prodotti che nascono dall’interazione tra la community e l’azienda).

Meno social, più socialità.

Meno pubblicazioni, più ascolto.

Meno intermediari, più canali di proprietà.

Le scelte di Lush, benchè incomprese inizialmente, si sono rivelate essere in passato scelte vincenti. Potremo dire lo stesso di questo cambio di rotta digitale?

Non resta che attendere: This isn’t the end, it’s just the start of something new.