DALLARA ACADEMY

L’impresa può creare felicità?

di Francesca Bisi
tempo di lettura: 5 minuti
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"L’impresa può creare felicità?"

Questo è il grande interrogativo che ha caratterizzato la giornata del 27 marzo in Dallara Academy in occasione della pubblicazione del libro “Creazione di lavoro nella stagione della quarta rivoluzione industriale. Il caso dell’Emilia-Romagna” a cura di Stefano Zamagni, docente di Economia Politica all’Università di Bologna e Adjunct Professor of International Political Economy alla Johns Hopkins University di Bologna, con la prefazione di Mons. Matteo Zuppi.

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Il libro è nato dal bisogno di interpretare l’ambiente che ci circonda: l’avvento delle nuove tecnologie ha inevitabilmente cambiato “l’idea stessa di lavoro, le relazioni interpersonali, i modelli culturali, il rapporto uomo-natura” ed è compito dell’uomo saper reagire con saggezza. In particolare, il contesto di riferimento che prende in considerazione l’autore riguarda gli ultimi vent’anni in Emilia-Romagna e l’impatto della rivoluzione digitale nel mondo del lavoro.

“Dallara Academy nasce dall’idea che l’imprenditore vuole restituire al territorio parte di quello che gli ha dato”

Stefano Zamagni, Docente di Economia Politica dell'Università di Bologna

La scelta del luogo non è stata casuale perché Dallara è un esempio tangibile di un'impresa ad impatto sociale “che si cura di togliere i viluppi che impediscono alla società di crescere grazie ad un progetto di sviluppo in sinergia con il territorio”, ha spiegato Stefano Zamagni.

Nella giornata tanti sono stati gli ospiti che hanno partecipato alla discussione del libro tra cui Sara Rainieri, Pro Rettrice alla Didattica dell’Università di Parma, Giampaolo Dallara, Presidente di Dallara, Franco Mosconi, docente di Economia industriale all’Università di Parma e co-autore del volume, e Andrea Pontremoli, Amministratore delegato e Direttore generale di Dallara.

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Da sinistra: Franco Mosconi, Andrea Pontremoli, Sara Rainieri, Stefano Zamagni, Giampaolo Dallara, Angelia Dallara

 

 

DALLARA ACADEMYIl primo intervento è stato fatto dal professore Franco Mosconi, che ha collaborato per la stesura del primo capitolo sulla manifattura, in cui ci ha parlato della vocazione dell’imprenditore come figura capace di seguire il bene comune e rendere accessibili a chiunque i beni di questo mondo.

Questa immagine di imprenditore prende vita proprio in Emilia-Romagna, grande area di manifattura avanzata che guarda ai mercati internazionali grazie alla forte struttura tecnologica costruita negli anni.

 

“È il lavoro che deve essere sempre pensato per l’uomo.”

Franco Mosconi, Docente di Economia Industriale all'Università degli Studi di Parma

 

Il lavoro si crea, lo creano le imprese e non si redistribuisce”, questa è una importante lezione che la regione Emilia-Romagna ha interpretato alla perfezione nella ricerca di un dialogo tra le reciproche competenze per trovare risposte efficaci e innovative per tutti.

DALLARA ACADEMYLa discussione poi è continuata con il Pro Rettore Sara Rainieri, in rappresentanza dell’Università degli Studi di Parma. La parola chiave per affrontare il mondo del lavoro è multidisciplinarietà per offrire agli studenti le giuste competenze per adattarsi alle sfide di questa rivoluzione che sta emergendo.

 

“È solo dialogando in maniera costante con le aziende che possiamo capire bene quali sono le competenze e i modi di formare i giovani.”

Sara Rainieri, Pro Rettore alla didattica dell'Università degli Studi di Parma

 

Sara Rainieri ha parlato del coraggio di non essere sempre tradizionalisti, ma di investire in verticale e Dallara è uno di questi esempi con la sua Academy che forma ogni giorno molti studenti.

 

DALLARA ACADEMYSul tema del lavoro si è poi soffermato l’ingegnere Giampaolo Dallara che ha raccontato l’evoluzione della società italiana in cui “le persone vivevano per sopravvivere” ad un futuro in cui prevedono “che l’uomo lavorerà l’1% del suo tempo”. Il grande problema è quello di garantire una dignità alle persone tramite il lavoro, “capire come organizzarlo in maniera diverso”.

 

Per Giampaolo Dallara sono i giovani che devono guidare questo cambiamento. È un invito a pensare in un altro modo a come potrebbe svilupparsi la società, ossia dove le persone si preoccupano degli ultimi e vivono il lavoro non solo come produzione di beni, ma anche al servizio della comunità.

 

“Il problema non è il tempo libero che avremo, il problema è il lavoro degli altri”

Giampaolo Dallara, Presidente e Fondatore Dallara

 

DALLARA ACADEMYLa parola poi è passata al CEO di Dallara, Andrea Pontremoli, che ha immediatamente constato la differente visione di obiettivi tra il manager e l’imprenditore: il primo lavora per gli obiettivi definiti dal consiglio di amministrazione, il secondo vede l’azienda come un “figlio”. L’imprenditore moderno deve poter creare un futuro dove “questo suo figlio stia sempre meglio”, pensando non solo al successo dell’azienda, ma anche al futuro del territorio dove opera.

 

“Strategia non vuol dire pensare adesso a quali decisioni dovremo prendere in futuro, ma vuol dire quali decisioni prendo adesso per cambiarlo.”

Andrea Pontremoli, CEO Dallara

Dallara con la sua Academy punta tutto sulle nuove generazioni con l’obiettivo di formarle e aiutarle a costruire le competenze necessarie a gestire e disegnare il futuro. Futuro che è il risultato delle nostre scelte, non di proiezioni matematiche, è un cambio di prospettiva in cui le persone diventano sempre più consapevoli che “il futuro più facile da predire è quello che provi a costruire”.

Infine, la giornata si è conclusa con l’intervento dell’autore del libro, Stefano Zamagni, che ha risposto all’interrogativo: “L’impresa può creare felicità?”.

DALLARA ACADEMYLa sua riflessione è partita dalla constatazione che c’è sempre di più una concezione “petrolifera” del lavoro: il lavoro assimilabile ad una miniera e al quale si può attingere al bisogno. Questo è un grave errore di valutazione perché non si cerca lavoro, il lavoro si crea. In Italia questa mentalità è frutto della concezione neo-statalistica, secondo cui è lo Stato che crea il lavoro, quando invece lo Stato deve favorire la creazione di lavoro da parte dell’impresa.

Per Zamagni un buon imprenditore deve avere tre caratteristiche: la propensione al rischio, la capacità di innovare e possedere l’arte della combinazione.

La prima non significa essere temerario, ma significa agire pur non sapendo dove andrà finire; la seconda parla dell’importanza di avere il coraggio di rompere gli schemi e di cercare sempre nuove soluzioni; infine, la terza è l’idea dell’imprenditore come un “direttore d’orchestra” che conosce i propri dipendenti e li sa mettere in armonia.

Anche il rapporto tra manager e imprenditore è un nodo cruciale: sono due figure diverse che rischiano spesso di entrare in conflitto e questo è una grave pericolo, in quanto devono imparare ad “andare alla stessa velocità” e lavorare in sinergia.

Che ruolo ha la scuola in questa trasformazione? Scuola e lavoro vengono troppo spesso poste come alternative, quando invece devono convergere. Ecco perché, secondo l’autore, bisogna tornare a parlare di educazione, partendo dalla fondamentale distinzione tra istruire ed educare. Istruire vuol dire mettere dentro la testa concetti, nozioni che crea soggetti sempre più bravi a risolvere problemi di scelta in cui si è chiamati a selezionare un’opzione tra tante di cui si conoscono tutte le caratteristiche. Educare invece è l’esatto contrario, significa tirare fuori le competenze che permettono di essere inserirti nella realtà e risolvere problemi di decisione in cui non si sanno le caratteristiche delle opzioni che si hanno di fronte. L’università deve tornare ad avere compiti educativi, non solo istruttivi.

Questo è stato l’obiettivo della ricerca che ha portato alla stesura di questo libro: capire come l’impresa civile può operare al meglio nel territorio. Non basta occuparsi di far funzionare bene l’azienda, ma essa deve preoccuparsi anche che nel territorio ci sia un progetto di sviluppo umano integrato, questa dovrebbe essere la sua vera missione.

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L’impresa può quindi creare felicità? Si, può farlo se l’impresa diventa il luogo “dove si forma il carattere umano e ha di mira la felicità delle persone che ci lavorano e del contesto circostante”.

L’impresa non deve operare in un “deserto sociale": nel crescere deve considerare non solo la dimensione quantitativa, ma anche quella spirituale. Lo scopo di fare impresa è “consentire alle persone di fiorire, sbocciare”.

“Quando il sole tramonta, quando le cose si fanno difficili, non piangere. Perché le lacrime ti impedirebbero di vedere le stelle.”

Rabindranath Tagore, Premio Nobel per la letteratura nel 1913

Una di queste stelle è proprio “il network delle imprese che rappresentano il modello della via Emilia” conclude Stefano Zamagni.

 

Vuoi ripercorrere i momenti salienti della giornata? ecco qui il video "BEST OF":

https://youtu.be/bBtHYBZ6sdg

 


INSIDE DIGITAL ERA

di Manuela Fiku

Fin dall'antichità l'uomo ha avuto bisogno di sviluppare strumenti per risolvere un problema o migliorare un aspetto della propria vita quotidiana.

Da sempre quindi la tecnologia si intreccia con la storia della civiltà, determinandone tradizioni, cultura e modi di procedere.

Oggi però il progresso incalza a ritmi mai visti prima e guida le nostre vite. Se prima volevamo elimiare gli sforzi, oggi vogliamo essere potenziati. Cambiano le esigenze, cambiano gli obiettivi.

Esattamente 30 anni fa nasceva il world wide web. Da allora di cose ne sono successe.

Le nostre scelte vanno di pari passo con gli algoritmi che decidono cosa dovremmo vedere e analizzano quello che facciamo. Nel peggiore dei casi, non possiamo nemmeno abbassare i nostri dispositivi perché abbiamo perso la nostra capacità di resistere.

Tutto continua a cambiare e ad evolversi attraverso la digital transformation che richiede nuove skills per il futuro.

Sentiamo spesso parlare di User Experience, Growth Hacking, Startup, Criptovalute...
Ma cosa sono esattamente? Quali sono gli sbocchi lavorativi? Quali sono le competenze richieste?

Oikosmos è dunque lieta di presentare INSIDE DIGITAL ERA, un progetto che ci sta molto a cuore, un ciclo di seminari tutto incentrato sul digital che tocca vari ambiti del mondo economico.

Come si inserisce il digital in amministrazione aziendale? In finanza? In Marketing? A livello internazionale?
Con testimoni d'eccezione provenienti da aziende importanti abbiamo quindi deciso di portare il digitale nel Dipartimento di Economia.

Perchè?

Perchè siamo nati come webTV e quindi il digitale fa parte del nostro dna.

Perchè la tecnologia non è qualcosa che ci capita, è qualcosa che scegliamo di creare e, nel nostro piccolo, è qualcosa che cerchiamo di capire.

Perchè solo attraverso la conoscenza possiamo costruire il futuro che vogliamo.

Perchè siamo INSIDE DIGITAL ERA

#StayTuned #StayIDE #IDE2019

 

 

 


ON/OFF FOR ENTREPRENEURS | LUIGI GALIMBERTI E MASSIMO AMBANELLI

di Anna Lo Coco
tempo di lettura: 3 minuti

Martedì 5 maggio si è svolto il primo incontro di “On/Off for Entrepreneurs”, un ciclo di eventi che ci vede come partner, in cui si è discusso di imprenditorialità nel settore food e agroalimentare. Protagonisti? Luigi Galimberti CEO di SferaMassimo Ambanelli CEO di HiFOOD e Marco D'angelo Fouder di Project Mii.

Le Officine On/Off possiamo intenderle come una community collaborativa che promuovono l’autoimprenditorialità, mettendo a disposizione dei veri e propri spazi di co-working e un laboratorio di fabbricazione digitale.

L’evento inizia con dei brevi saluti da parte di alcuni collaboratori:

"Digital Innovation Hub ha una missione semplice: l'innovazione attraverso la trasformazione digitale”.

Roberto Buratti – Unione Parmense Industriali

"L'idea imprenditoriale è anche una zona di fallimento del mercato. Su 100 idee, magari al mercato ne arrivano due, ed è per questo che l'attore pubblico deve dare il giusto supporto".

Alain Marenghi – Aster-AreaS3

Continuano i saluti con Vittorio Cavani (Giovani Imprenditori) e Davide Bezzecchi (Project manager di UPIDEA) che aiutano le imprese a crescere e fungono da ponte tra le nuove start up e le aziende di confindustria.

Ma entriamo nel vivo dell’evento, prende la parola Luigi Galimberti, fondatore della start up “SFERA”, che esordisce raccontando la sua storia personale.

Un racconto particolare quello di Galimberti, che dopo un fallimento, una crisi profonda, decide di partire da se stesso, cercando di capire chi è e cosa sapesse fare.

Quasi per caso partecipa ad un convegno che lo rende consapevole dei problemi dell’agricoltura. Decide, così, di ripescare un’idea e in poco tempo, precisamente nel 2015, nasce SFERA.

Le startup non nascono da buone idee... Nascono da bisogni reali”.

Galimberti – Fondatore di SFERA

SFERA AGRICOLA” è azienda Toscana composta da una serra attiva, che permette la crescita di ortaggi in condizioni ottimali, indipendentemente dalle condizioni metereologiche.

L’idea nasce dalla sofisticazione dei bisogni del consumatore che sono sempre più attenti alla provenienza degli ortaggi.

Nasce con “SFERA” il primo pomodoro al mondo Nichel Free, privo di metalli pesanti che soddisfa una buona parte della clientela femminile allergica.

"Una volta si moriva di fame, oggi si muore per quello che si mangia. Il cibo oggi ha troppe sostanze chimiche, ed è diventato pericoloso".

Luigi Galimberti – Fondatore di SFERA

Tre sono le parole chiave di SFERA: servizio, velocità e trasparenza.

Galimberti si sofferma anche sulla Digital Trasformation affermando che l’innovazione di Sfera è un’innovazione di processo e che, in realtà, tutto sta nel mindset e nel saperlo trasmettere.

Successivamente prende la parola Massimo Ambanelli, co-fondatore di “HI-FOOD”.

Anche Ambanelli esordisce con la propria storia personale, viaggia molto, frequenta un Master negli USA. È lì che inizia a parlare delle mancanze del settore alimentare, ma soprattutto è lì che cambia il suo pensiero.

“In Italia ci insegnano che c’è sempre qualcuno più bravo di te”.

Massimo Ambanelli - Co fondatore di HI-FOOD”

Durante il suo racconto Ambanelli si sofferma sul concetto di “TEAM”, specificando che è semplice sbagliare, ma che da soli è difficile riprendersi, mentre in team è facile cambiare rotta. Bisogna, inoltre, crederci tanto per riuscire ad assumersi dei rischi e durare.

Sottolinea ancora una volta l’importanza di creare rete:

"Se un’idea è valida sta in piedi da sola; bisogna condividerla quanto più possibile per creare le condizioni tali da farla rendere al massimo”.

Massimo Ambanelli- Co fondatore di HI-FOOD

HI-FOOD è un motore di innovazione che utilizza l'innovazione per creare ingredienti naturali potenziandoli con funzionalità tecnologiche. Assurdo? Non per HiFOOD.

Guidata dalla ricerca e dallo sviluppo, l’azienda, nata nel 2012, si focalizza sul free from diventando un supporto fondamentale per prodotti con un alto contenuto di innovazione e conoscenza.

Tanti i casi in cui HI-FOOD interviene, tra quisti l'utilizzo di un’economia circolare utilizzando le crusche per estrarre delle proteine dagli scarti.

A guidare il confronto Marco D'Angelo, marketer e startupper appassionato di tecnologia, founder di PROJECT MII, startup che opera in ambito Blockchain e filiera agroalimentare.

A concludere questo incontro di digital e food ma soprattutto imprenditoria intervengono i founder di due startup: Alessandro Candiani, fondatore di DNA-PHONE, piattaforma per la ricerca chimica, e Angela Montanari, fondatrice di TOMAPAINT , startup che dagli scarti del pomodoro estrae la bioresina da applicare nei contenitori creando così vernici.

“Mi piace unire il concetto di bellezza a quello della passione. Quando si fa qualcosa con la giusta passione deve per forza uscire qualcosa di bello”.

Alessandro Candiani – fondatore di DNAPhone


#FOODMATCH19 RECAP: NOI C'ERAVAMO!

di Roberta Signorino Gelo

Tempo lettura: 2 minuti

#maps4business è stato l’hashtag ufficiale di quest’anno e rappresenta una allusione a tutte le vie di crescita per avere successo nel settore del Food&Beverage. Stiamo parlando dell’evento Food Match 2019, convegno organizzato da Gruppo Food e da Facebook e svoltosi lo scorso 28 Febbraio presso la sede de Il Sole 24 Ore di Milano.

Giunto ormai alla sua quinta edizione il Food Match, che vede ogni anno il confronto tra l’industria agroalimentare italiana e il retail sugli ultimi trend del settore, quest’anno si è focalizzato sull’innovazione e sulla rivoluzione digitale e ha visto la partecipazione di numerosi personaggi di spicco aventi differenti background.

Ad aprire le danze è stato lo scrittore Alessandro Baricco, autore di “The Game – Le mappe per leggere la rivoluzione digitale”. Egli, definendo il mondo digitale “un sistema con cui siamo in grado di tradurre ogni pezzo di mondo in un numero”, ha fornito una visione semplice e completa di ciò che è e cosa rappresenta la digitalizzazione, descrivendone dapprima tutti i vantaggi (come quello di esprimere liberamente il proprio pensiero) ma esaltando contemporaneamente il bisogno costante di ritrovare un senso di umanità e naturalità.

Christian Centonze, Food Industry Director di Nielsen, assumendo una prospettiva più economica ha successivamente sottolineato come non è mai stato così importante come in questo periodo costruire attivamente relazioni con i clienti. La loro conoscenza e la capacità di catturare l’attenzione saranno infatti i nuovi vantaggi competitivi delle aziende: occorre condivisione di informazioni per creare valore, in poche parole quello che occorre è l’agilità. Da qui nasce la nuova accezione del punto vendita, il quale diventa un “media” che deve essere in grado di dare un’esperienza sempre più coinvolgente al cliente. Il futuro? Ruoterà principalmente su 3 tematiche: la frammentazione, l’impazienza e l’attenzione.

Cosa vuol dire dunque essere agili? Vuol dire saper coinvolgere in maniera molto rapida i consumatori, capire come essi entrano in contatto con il modo in cui le aziende comunicano con loro. Jenny Bullis, EMEA Head of Marketing Science Facebook ha spiegato tale concetto illustrando come un messaggio pubblicitario ottimizzato per mobile crea molto più engagement dello stesso fruito in un formato standard per tutti i canali utilizzati dal consumatore.

Ponendo il focus sempre più sul Food&Beverage, il Market Research Director di Blog Meter Alberto Stracuzzi ha fornito dei dati molto interessanti riguardo ciò di cui i consumatori parlano e quello che condividono sui social network: dolci e dessert seguiti dalla categoria pizza sono stati i protagonisti di più di 9 milioni di post nell'ultimo anno. Tali dati fanno intuire come i canali social rappresentino per le aziende del settore una grande opportunità per avere visibilità.

Prima di concludere la mattinata con la premiazione della quinta edizione di Prodotto Food, concorso annuale che premia i prodotti più innovativi di diverse categorie merceologiche, la mattinata è proseguita con una tavola rotonda che ha fornito ricchi spunti sulla tematica del dialogo tra consumatore e brand. Moderata dalla direttrice Food Maria Cristina Alfieri, il dibattito si è svolto tra Luca Colombo (Country manager Facebook Italia), Renato Roca (Direttore Marketing Findus Italia), Vitaliy Novikov (Country General Manager e CEO per l’Italia di Coca-Cola Hellenic Bottling Company) e Giorgio Santambrogio (Presidente di ADM).
Tra gli spunti più importanti, l’esigenza di raccontare il prodotto e la storia del prodotto; l’innovazione è importante ma va unita all’aspetto umano e relazionale e tale connubio rappresenta il futuro del retail. Infine si ricorda l’utilizzo della tecnologia in-store per educare il consumatore quale ottima opportunità per sfruttare i trend in crescita dei prodotti “Free From” e “Rich in”.

Qual è dunque il trend emergente? La normalità. Come ha affermato nel suo intervento la food blogger Chiara Maci “La gente vuole l’imperfezione. Le persone cercano il difetto perché cercano la realtà. Un consiglio alle aziende? Non nascondere i propri limiti: avvicinano alle persone.


DIGITAL TRASFORMATION E 5G: IL FUTURO DEL BUSINESS AD ALTA VELOCITÀ

di Omar Ciaccio
tempo di lettura: 3 minuti

Quarta rivoluzione industriale, Digital Trasformation, 5G: non sono solo semplici parole, ma flussi che viaggiano in una sola direzione, quella del futuro e che ad oggi si insediano nell’idea di Governance dei più grandi modelli di business.

Per spiegare meglio il termine di Industria 4.0, Roland Berger nel citatissimo studio «INDUSTRY 4.0 The new industrial revolution. How Europe will succeed» afferma

"The Internet is combining with intelligent machines, system production and processes to form a sophisticated network."

indicando così l'unione di mondo fisico e mondo virtuale che si concretizza in macchine intelligenti, sistemi di produzione e processi per creare un mercato sofisticato basato su tecnologie abilitanti.

Ci troviamo ai fasti della grande era del consumismo e agli arbori dell’era della personalizzazione, degli innumerevoli servizi e di un’economia ciclica, dove la velocita di comunicazione ha la priorità per garantire uno sviluppo esponenziale.

Per fortuna il futuro ci offre una soluzione, un mezzo che garantirà di certo l’evoluzione tecnologica con grande velocità e precisione, questo mezzo è il 5G. Prima di tutto bisogna chiedersi cos’è e come questo favorirà tutto ciò. Il suo standard è ancora in via di definizione, ma già si sa che cambierà come mai prima d’ora il mondo delle telecomunicazioni. Come afferma Economy Up:

"il 5G, con una banda teorica da 100 Mbps a 10 Gbps, un consumo di energia ridotto, un tempo di latenza diminuito enormemente e un’affidabilità senza precedenti, sarà la rete che connetterà il mondo di domani. Il 5G garantisce una velocità di trasmissione dati elevatissima"

In questo modo sarà possibile lo sviluppo di nuove tecnologie che necessitano di altissima velocità nella trasmissione di Big Data: si tratta di tecnologie che si basano proprio sull’immediatezza di risposta per evitare collisioni. Semplicemente un Internet sempre più veloce per consentire di trasferire, in modo rapido, enormi quantità di dati. Il potenziale di questa tecnologia ambisce ad abbracciare qualsiasi aspetto della comunicazione odierna, tra gli uomini e le macchine, ma soprattutto tra macchine e macchine. Molte aziende ad oggi hanno già iniziato a progredire nell’utilizzo della tecnologia automatizzata nella produzione, nella comunicazione e nella continua offerta di nuovi servizi. Come spiega Economy up

"Banda e velocità di connessione maggiori porteranno grandi vantaggi alle industrie, che vedranno la piena realizzazione delle smart factories, cioè delle fabbriche intelligenti, in cui gli impianti di produzione saranno pienamente automatizzati, con l’ingresso del 5G nelle fabbriche, si prospetta la trasformazione dell’intera sfera produttiva attraverso la convergenza delle tecnologie digitali e di internet con l’industria tradizionale, fondendo l’Operational Technology (OT) e la Information Technology (IT) in un sistema comune che consenta la completa digitalizzazione dei processi aziendali e di produzione"

Tale cambiamento coinvolgerà la progettazione, la produzione, la conduzione degli impianti e i processi di manutenzione degli stessi, aumentando l’efficienza della produzione, favorendo la semplificazione del lavoro dei dipendenti con nuova strumentazione avanzata.

Insomma, si potrebbero consumare innumerevoli righe per descrivere questa nuova rivoluzione, ma l’obbiettivo di questa analisi non deve semplicemente essere soltanto la comprensione, bensì uno spunto per porsi nuove domande.
Immaginate un mondo dove le auto si muovano in completa autonomia e comunicano tra di esse, immaginate città che come delle onde nel mare si muovono in piena sinergia calcolando al millesimo di secondo lo spostamento di mezzi o la semplice illuminazione urbana, immaginate di poter esplorare le più lontane parti del modo virtualmente, in compagnia di altre persone, grazie a mappe che interagiscono con voi in realtà aumentata. Voi lo state immaginando? “Beh se lo state immaginando allora è probabile che siate già rimasti indietro


INDUSTRIA 4.0

L'APPROCCIO TEDESCO ALLA QUARTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE E L'ESPERIENZA LUNGO LA VIA EMILIA

di Francesca Bisi

Mercoledì 13 febbraio nell’Aula K16 del Polo didattico Kennedy-D’Azeglio dell’Ateneo si è svolto il seminario di studi Industria 4.0: l’approccio tedesco alla quarta rivoluzione industriale e l’esperienza lungo la Via Emilia, organizzato dalla Cattedra Jean Monnet dell’Università di Parma e dalla Rappresentanza della Fondazione-Konrad-Adenauer in Italia.

La giornata si è aperta con gli indirizzi di saluto di Paolo Andrei, Rettore dell’Università di Parma, di Laura Pineschi, Presidente Centro Studi in Affari Europei e Internazionali dell’Università di Parma e Caroline Kanter, Direttrice Konrad-Adenaeur-Stiftung Italia.

Dopo che la Dottoressa Laura Pineschi ha parlato dell’importanza di ritrovare un’Europa che sappia dialogare, in un periodo in cui sembrano emergerne solo gli aspetti negativi, per avanzare verso nuovi modelli fondamentali per la crescita economica, la Direttrice Caroline Kanter si è soffermata sulla ricerca e l’importanza della formazione delle nuove generazioni. Il processo di digitalizzazione non deve essere percepito con timore, ma come opportunità: Germania e Italia si stanno sempre di più riavvicinando con un impegno comune per le sfide finanziarie e commerciali per la crescita economica poiché “L’Europa è la chiave che ci rende competitivi”.

“La nostra fondazione crede nella ricerca e nella formazione del nuove generazioni”

La giornata si è composta di tre sessioni.

La prima sessione è iniziata con l’introduzione a cura di Franco Mosconi, titolare della Cattedra Jean Monnet in Economia Industriale Europea e responsabile scientifico del Seminario. Il professor Mosconi ha spiegato come è nata l’idea di questo seminario congiunto italo-tedesco: “La robusta base manifatturiera e la spiccata propensione all’export rendono l’Emilia-Romagna assai simile, nella sua struttura economica di fondo, ai grandi Länder manifatturieri tedeschi, a cominciare dal Baden-Württemberg. In particolare, Emilia-Romagna e Veneto si contendono la palma della regione più manifatturiera. Tuttavia, la base tecnologica emiliana è maggiore rispetto a quella veneta."

“C’è sempre qualcosa da fare e migliorare: investimenti in R&S. Un paese che investe una fetta di torta importante in R&S pensa al domani e al dopodomani”

Infatti, l’Emilia-Romagna detiene il record italiano delle esportazioni pro-capite, ma deve investire di più in R&S. Laboratori, aziende e Università sono un elemento chiave per questo sviluppo.

La parola poi è passata a Giovanni Notarnicola, Associate Partner di Porsche Consulting, che è entrato nel cuore del seminario trattando “La ricetta per una trasformazione di successo nell’era digitale” secondo il paradigma dell’Industria 4.0. Il suo intervento è iniziato con la storia della Porsche, nata con la volontà di costruire l’auto dei sogni nel Dopoguerra, seguita da una forte crisi negli anni ’90 che ne ha messo in discussione le basi. La rinascita è avvenuta con la fondazione di una società di consulenza il cui obiettivo è di migliorare la capacità di anticipare i cambiamenti, qualità ormai indispensabile per i manager di oggi.

“Porsche non è più solo un prodotto. Da automobile si sta estendendo a numerosi altri servizi”

Porsche è diventata un’azienda di mobilità in cui bisogna vedere tutto ciò che sta intorno all’automobile, comprese le possibili minacce, la cui trasformazione deve puntare sull’aumento del valore, della crescita e della digitalizzazione.

“Una crisi che ti mette in ginocchio ti dà in futuro la capacità di anticipare i cambiamenti, qualità che magari le nuove aziende di oggi non hanno”

Sfida ardua, ma riuscire a fare cose nuove mentre si continuano a fare quelle tradizionali è la base di questa sfida”.

La seconda sessione è proseguita con le testimonianze di tre eccellenze produttive emiliano-romagnole - Barilla, Automobili Lamborghini, System Ceramics - rappresentate, rispettivamente, da Antonio Copercini (Chief Supply Chain Officer), Ranieri Niccoli (Chief Manufacturing Officer) e Franco Stefani (Chairman).

Ognuno di loro ci ha raccontato la sua interpretazione di Industry 4.0.

Antonio Copercini, partendo dell’origine dell’innovazione che ritrova negli scrittori di fantascienza, capaci di immaginare macchine intelligenti e robot in grado di interagire tra loro.

"Uno dei pensieri forti che abbiamo in azienda è che il futuro non deve essere qualcosa che accadrà; il futuro è oggi"

Cosa c’entra tutto questo con Barilla? C’entra moltissimo” Per Barilla è fondamentale che avvenga il passaggio dalle tecnologie dei film fantascientifici a quelle reali, che possono essere utili e abilitanti.

Ranieri Niccoli ha raccontato della crescita di Lamborghini grazie all’acquisizione da parte del gruppo Audi-Volskwagen che ha permesso la nascita del progetto Urus nello stabilimento di Sant’Agata a Bologna.

“Il Dna della sfida e dell’innovazione è rimasto dentro il marchio fin dalla sua nascita”

Da allora è partito un processo di trasformazione che nel tempo ha fatto di Lamborghini un esempio di industria 4.0, o di “manifattura 4.0” come ha affermato Niccoli, in cui applichiamo paradigmi di digitalizzazione all’artigianalità, fondendo manualità e innovazione attraverso la sostenibilità, la flessibilità e la modularità dei processi produttivi”.

Franco Stefani parla di “Modula” come iniziativa innovativa di intra logistica, un chiaro esempio di integrazione verso i nuovi sistemi digitali.

“Ho sempre voluto esplorare nuovi mondi, nuovi mercati. Esplorare cose nuove è bellissimo, quando si riesce a creare qualcosa di nuovo è ancora più bello.”

Modula è un esempio di Industria 4.0 grazie all’applicazione di “Internet of Things” che permette di collegare in modo rapido tra loro macchine e uomini attraverso una rete virtuale con l’obiettivo di scambiarsi informazioni rilevanti sui prodotti e sul mercato.

La terza sessione ha avuto come oggetto il confronto fra il “modello di capitalismo tedesco”, conosciuto in tutto il mondo, e quello che anche nella letteratura economica internazionale è noto come “modello emiliano”. Il tema è stato affrontato grazie all’intervento di Patrizio Bianchi, Assessore della Regione Emilia-Romagna al Coordinamento delle politiche europee allo sviluppo, università, ricerca e lavoro, Peter Kurth, Presidente BDE, Federation of the German Waste, Water and Raw Materials Management Industry ed Erwin Rauhe, Presidente della Camera di Commercio Italo-Germanica.

Patrizio Bianchi ha spiegato il forte interesse della Germania verso le aziende italiane perché “ci sono competenze che non ci sono da altre parti”, nonostante l’interscambio tra Emilia-Romagna e Germania sia ancora troppo basso.

“Mai nella storia dell’umanità abbiamo avuto tanta potenzialità scientifica come in questo momento. Ma mai abbiamo avuto tanti problemi come quelli che abbiamo oggi.”

Ci sono però tanti casi di successo come ad esempio Chiesi che rappresenta la dimostrazione fondamentale del passaggio 4.0 dalla medicina alla terapia.

I tre temi cruciali della vita della nostra società sono educazione, crescita ed eguaglianza. Il 4.0 è passare dal volume al valore. L’asse Italia-Germania-Spagna-Francia deve mettere al centro le Università.

Per Peter Kurth comprendere l’industria 4.0 vuol dire sfruttare le risorse, non consumarle.

“Per creare un’economia circolare ci serve uno stato forte che formuli leggi chiare e obiettivi ambiziosi”

È necessario lo sviluppo di un’economia ambientale che sappia raggiungere risultati nel lungo termine, non solo per la Germania, ma con una prospettiva europea e mondiale.

“Industria 4.0 vuol dire creare un’economia da lasciare in eredità ai nostri figli”

Erwin Rahue ha seguito l’onda di Kurth affermando la necessità di andare sempre di più verso processi di economia circolare in cui la manifattura deve essere la forza trainante per trovare modelli compatibili con l’industria e con l’ambiente all’insegna della Green Economy.

“Sono fiducioso sugli investimenti delle aziende. Non c’è un grande rallentamento economico, ma un grande interesse delle aziende italiane”

La conclusione del seminario è stata tenuta da Romano Prodi, Presidente della Fondazione per la Collaborazione tra i popoli e già Professore ordinario di Economia e Politica Industriale presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna.

Il professor Prodi ha raccontato come lo sviluppo italiano si sia ispirato a quello tedesco per cui anche nel modello emiliano troviamo molte imprese ben collegate anche se di modesta importanza.

“Il modello Emiliano è un esempio di forza economica dove piccoli pezzi collegati efficacemente creano una grande struttura"

Sia Italia che Germania hanno però un punto debole: vi è scarsa manodopera specializzata e se “ottimizziamo le nostre diversità e massimizziamo le nostre capacità possiamo fare molto progressi in avanti”.

 

Guarda tutte le foto dell'evento in questo link

 

 


FINO A CHE PUNTO SI PARLERA' DI SHARING ECONOMY?

5. FINO A CHE PUNTO SI PARLERA' DI SHARING ECONOMY?                                                         tempo di lettura: 2 minuti

   di Francesca Cisternino

La parola del 2018 è condivisione, e non mi riferisco alle foto dei cenoni pubblicate nelle storie di instagram, ma all’ evoluzione del mondo dei servizi attraverso la sharing economy.

Grazie all’ ubiquità degli smartphone e alla diffusione di apposite applicazioni, è improvvisamente diventato possibile trasformare le città in una grande comunità. In poco tempo abbiamo iniziato a condividere: l’auto mediante app che utilizzano sistemi di car sharing, il nostro tempo libero, offrendo aiuto al vicinato dietro un piccolo pagamento, un posto letto per i turisti.

Tuttavia a giudicare dalle ultime news che riguardano i principali portavoce dello sharing, la risposta sarebbe negativa.

Perché? Semplicemente si è perso l’obiettivo iniziale e se n’è creato un altro secondo cui gli unici vincitori sono le tanto amate startup (con valutazioni da decine di miliardi di dollari), i cui guadagni finiscono nelle tasche di pochi venture capitalist.

Facciamo alcuni esempi: con Uber si è passati dalla condivisione di un’auto, a driver professionisti che svolgono un lavoro di fatto dipendente (ma senza godere di tutele lavorative), inoltre il colosso continua a lavorare alla sua flotta di auto autonome e nel giro di pochi anni potrà anche fare a meno dei driver. In questo modo Uber diventerà una normalissima compagnia di taxi.

Allo stesso modo anche le persone che ci portano la pizza a casa sono rider di Deliveroo o Glovo, privi di assicurazione e sottoposti ad un ranking feroce, in cui un punteggio basso può causare l’estromissione dalla piattaforma

Non ci dimentichiamo di Airbnb che nasce con l’idea di offrire un divano a qualche turista, per poi trasformarsi in un vero business per chi possiede diversi appartamenti e preferisce affittare per brevi periodi (causando l’espulsione di chi già abitava in quelle case e provocando un aumento dei prezzi dell’affitto). Oggi Airbnb è pronta a costruire le proprie case in collaborazione con Brookfield Property Partners, una delle più grandi agenzie immobiliari al mondo. Non si starà mica trasformando in un servizio alberghiero? Cosa condivideranno i turisti?

Insomma l’ideologia californiana che ha dato vita all’economia condivisa si è trasformata in una fortemente centralizzata, questo perché le piattaforme non sono state ben distribuite e indirizzate a comunità mirate (come si pensava all’inizio) ma sono diventati dei monopoli verticali in cui c’è spazio per una sola app nel settore.

Senza fare di tutta l’erba un fascio, continuano ad esistere ancora realtà che conservano l’idea originaria di condivisione: BlaBlaCar consente di trovare un passaggio dovendo solo dividere le spese, Enjoy, Car2Go o le biciclette di Mobike sono effettivamente dei mezzi condivisi.

 


Novità da Google Maps: arrivano le chat

di Veronica Amato

Tempo di lettura: 2 minuti

"See your messages with local businesses in Google Maps". Con un post su un blog aziendale, Google annuncia così la nuova funzione per Maps. Ma di cosa si tratta esattamente?

Fra non molto sarà reso disponibile dalle mappe di Google il servizio di chat che consentirà a tutti gli utenti di entrare direttamente in contatto con ristoranti, pasticcerie, negozi d’abbigliamento, cinema e altre attività aderenti.

L'implementazione pensata da Google è completa: partendo dall'app My Business, i gestori di attività commerciali potranno inviare e ricevere messaggi, ma non sarà solo questa l’unica novità apportata. Sarà infatti inserita una sezione recensioni riservata a tutti i clienti. Le aziende potranno così rispondere alle recensioni, vedere i clienti che seguono l'attivita e sviluppare quindi un'interazione a 360°.

Non è tutto: con il nuovo tasto Pubblica si potranno caricare foto, condividere le informazioni delle imprese commerciali, creare delle offerte e ricevere le notifiche ogni volta che il cliente interagisce con la scheda di Google. Il tutto grazie a My Business.

L’idea chiave secondo cui si basa Google nell’apportare innovazione tecnologica è che i singoli individui abbiano la necessità di autogestirsi, ed è proprio in quest'ottica che interviene la società nella ricerca di soluzioni alle esigenze dei propri clienti.

Una strategia customer oriented che vede il colosso tecnologico in continua crescita. Da Chrome a Maps, da Calendar a Drive e Fit, ecco dunque come Google continua ad ampliare l'assortimento di servizi offerti cercando di rendere le proprie piattaforme pratiche e facilmente utilizzabili da qualsiasi tipologia di utente, consumer o business che siano.

 


INSTAGRAM E SHOPPING: ARRIVANO 3 NUOVE FUNZIONI

di Federica Montalbano
tempo di lettura: 2 minuti

Nella settimana più frenetica dell’anno per quanto riguarda gli acquisti, Instagram lancia tre nuove funzioni per lo shopping che renderanno più visibili i prodotti che i profili Business vogliono promuovere.

Il Black Friday è il giorno più atteso per tutte le attività commerciali, online e offline, è una giornata di shopping sfrenato a caccia dell’acquisto perfetto prima dei grandi saldi invernali.

Instagram non poteva perdere l’occasione per ricordare ai suoi utenti che oltre ad essere una piattaforma di condivisione di esperienze ed immagini è anche una piattaforma di business.

Fra le nuove funzioni di Instagram vi è la lista acquisti. Con questa nuova feature gli utenti avranno un’opzione simile a quella dei siti degli acquisiti online, potendo salvare i prodotti che gli interessano.

Ma come funziona? Semplicemente, basta toccare il tag di un prodotto in una storia o in post del proprio feed. Attraverso l’icona di salvataggio nell’angolo in basso a destra dell’immagine vi sarà l’opzione “Salva in acquisti”. In questo modo l’user potrà accedere alla raccolta acquisti dal proprio profilo sfogliando gli elementi salvati.

Un’altra funzione è acquista tramite video. In questo modo sarà possibile acquistare i prodotti direttamente dai video, grazie al pulsante shopping posto nell’angolo in basso a sinistra del video stesso. Premendo il pulsante si potranno visualizzare i prodotti sponsorizzati, il loro prezzo e accedere alla scheda prodotti che fornirà una descrizione più accurata.

Inoltre, i profili Business avranno una sezione Shopping in cui mostrare i prodotti, totalmente rinnovata. Con ciò si punta a facilitare la visione di tutti i prodotti presenti all’interno di un post, di un video o di una storia. Attraverso questa funzione gli utenti potranno sfogliare l’intero catalogo dell’azienda che ha chiesto la sponsorizzazione. La sezione del negozio includerà un feed di immagini dei prodotti sulle quali è possibile fare clic per visualizzare le informazioni.

In questo modo Instagram da vetrina fotografica diventa una vetrina per i rivenditori i quali possono liberamente mostrare i loro prodotti senza effettuare molti sforzi. Tutte queste funzioni così intuitive per l’utente alla fine non sono altro che soluzioni pratiche per apportare benefici ai marchi rendendo ancor più visibile il loro portafoglio prodotti.

 


strategy funnel marketing

ALLA BASE DEL FUNNEL MARKETING

di Mario Francese
tempo di lettura: 3 minuti

Il mondo, oggigiorno, si evolve molto velocemente, e con lui anche tutti noi.

Siamo quotidianamente bombardati da advertising, pubblicità varie, sistemi di vendita più o meno efficaci, e questo ci porta passivamente ad “abituarci”, nel corso del tempo, alle strategie del mercato, seppur senza conoscerle.

Il Marketing è, nel business, l’elemento che si evolve più velocemente di tutti, proprio per rispondere in maniera efficace al nostro adattamento.

Uno dei sistemi di Marketing più efficaci attualmente è sicuramente il Funnel Marketing. Ma che cos’è esattamente?

Il Funnel Marketing è un approccio di marketing finalizzato alla generazione di contatti, alla loro conversione e alla loro fidelizzazione con il fine di aumentarne il Life Time Value.

Ciò significa, per i “non addetti ai lavori”, creare contatti e trasformarli in clienti che spendano ripetutamente presso la nostra azienda.

Ma l’elemento fondamentale che distingue il funnel marketing dalle altre strategie è uno: è un sistema. La maggior parte delle aziende ha un’attività di marketing online finalizzata solo alla sponsorizzazione: pagano per farsi vedere sui social o sui motori di ricerca. Ma questo senza generare contatti, senza vendere, senza coinvolgere l’utente. La differenza tra un’azienda “normale” e un’azienda che applica il funnel marketing è che la prima gode solo di presenza online, la seconda ha attivo un sistema.

Il Posizionamento 

Prima di sviluppare un funnel, l’azienda deve avere chiaro il proprio Posizionamento. Questo significa conoscere il proprio cliente ideale, le sue abitudini, i suoi bisogni, dove vive, per cosa pagherebbe. Senza conoscere il proprio cliente, un’azienda “spara nel mucchio”. È fondamentale invece essere dei cecchini, per ottimizzare ogni singolo euro investito nel marketing.

Successivamente, bisogna conoscere i propri concorrenti: cosa offrono? A chi si rivolgono? Che bisogni soddisfano?

Infine, l’impresa deve sapersi distinguere. Deve quindi chiedersi “Cosa succede acquistando il mio servizio? Cosa faccio di diverso rispetto alla concorrenza? Cosa si perde il cliente che non acquista presso di me?”

Questi sono processi fondamentali per iniziare a sviluppare un proprio sistema.

La Strategia

Il secondo aspetto da considerare è la Strategia: qual è il mio core product? Come posso accompagnare il mio cliente verso l’acquisto del mio prodotto? Come posso fare up-selling e cross-selling? Come posso monetizzare da ogni singolo cliente? 

La strategia prevede la costruzione di una “mappa” che rappresenti l’intero ecosistema di prodotti che posso offrire al mio cliente ideale, con il fine di massimizzare le mie entrate.

La Big Idea

Il terzo passo consiste nel definire la Big Idea: la promessa che offro al mio cliente, la trasformazione che gli garantisco tramite il mio meccanismo. Deve essere veicolata attraverso un messaggio originale che incuriosisca il mio cliente.

Marketing Storyboard

Per veicolare il mio messaggio in maniera efficace, entra in gioco il quarto elemento: Marketing Storyboard. Questo consiste nella “storia” che accompagna il mio utente ad acquisire consapevolezza e che lo converta da contatto a cliente pagante.

L'offerta

La consapevolezza crescente del mio utente trascina quest’ultimo a desiderare il mio prodotto o servizio, lasciando spazio al quinto aspetto chiave: l’Offerta. La mia offerta è ciò che mi garantisce la conversione del contatto in cliente.

Questi aspetti sono chiaramente da modellare in base all’azienda che adotta il sistema. Va da sé che il Funnel Marketing può essere applicato praticamente in ogni business, il che è l’elemento più interessante e che dimostra la sua efficacia.